Finché Var non ci separi

Massimo Ciccognani

Voluto e inseguito da anni, adesso è nell’occhio del ciclone della critica. Il Var non va, falsa le partite e di conseguenza i campionati. Ma ne siamo sicuri? Noi personalmente no. Il Var è il miglior strumento per rendere più pulito, per eliminare qualsiasi dubbio. Ci fosse ancora Aldo Biscardi, le polemiche continuerebbero ad esistere, ma non certo nei confronti della tecnologia, quanto nei confronti dell’uomo, dei direttori di gara, dei tanti occhi chiamati a valutare l’entità delle azioni.  Dopo anni di lotta, di battaglie aspre, sempre con il dito puntato contro gli errori arbitrali, finalmente è arrivato Gianni Infantino, presidente della Fifa, che per primo ha adottato la moviola in campo. Esperimento al Mondiale per Club in Giappone poi, l’esordio ufficiale al Mondiale di Russia 2018. E’ stato un successo, di numeri e di… reclami, pari allo 0,3%, e guarda caso quella piccola percentuale riscontrata di errore, è stata determinata da “soli” tre errori dei direttori di gara, il tedesco Brych, del polacco Marciniack e del colombiano Roldan, che non a caso sono stati punti e rispediti a casa prima del tempo. In Russia si sono giocate 48 partite con 23 casi da moviola, di cui 20 risolti grazie alla tecnologia. E allora? Semplicemente il Var funziona: quello che bisogna cambiare è la testa dei direttori di gara.

Gli ultimi episodi lasciano sgomenti. Clamoroso l’errore di Abisso che ha concesso il rigore del 3-3 alla Fiorentina. Le immagini, viste e riviste da Abisso, hanno dimostrato che non c’era calcio di rigore. Come in Spagna dove nell’ultimo Levante-Real Madrid, il fischietto Villanueva ha concesso a dieci dalla fine il rigore partita per il Madrid, ed anche in questo caso le immagini hanno dato torto alla decisione del direttore di gara. Abisso resterà fermo per tre turni, stessa sorte per il collega spagnolo, ma il punto è un altro. Il danno è stato fatto, e non è l’unico in una stagione controversa, ricca di errori da parte dell’uomo, non certo della tecnologia che mette a disposizione immagini chiare. DSe poi queste vengono interpretate ad immagine e somiglianza del direttore di gara, allora buonanotte ai suonatori. Perché era tanto clamoroso l’errore dell’arbitro di non andare a rivedere l’azione, ancora più clamoroso l’errore di rivederla e perseverare. 

All’inizio della stagione furono le incomprensioni a non far decollare il Var. Ci sono voluti mesi ed errori per cambiare, fino a che Rizzoli non ha disposto un uso più omogeneo della tecnologia. Eppure gli errori continuano ad esserci. Primo, per la mancanza di chiarezza sui ruoli. Sembra quasi che l’essere ripresi dal Var, significhi finire sul patibolo. Sul patibolo gli arbitri ci finiscono, come nel caso di Abisso, ma anche dell’esordiente Massimi, che dopo la visione dei vari replay, hanno tenuto il punto per non essere ulteriormente smentiti dal collega al Var, nonostante l’evidenza delle immagini suggerissero il contrario. L’arbitro richiamato dal Var, si sente ostaggio della chiamata Var, l’ultima parola spetta sempre a chi opera sul campo, ma è altrettanto innegabile che qualcosa nel protocollo va cambiata. Perché il lecito dubbio rimarrà sempre, ma in presenza di immagini chiare, come domenica, è delittuoso sbagliare. Prendersela col var è da folli. Funziona e pure bene. E’ una rivoluzione epocale destinata a cambiare il mondo del calcio e che anche la Uefa ha iniziato ad adottare dagli ottavi di Champions. Un rigore e un gol annullati all’Atletico Madrid a beneficio della Jiuventus, perché le immagini hanno dimostrato che la decisione iniziale del direttore di gara era sbagliata. Tornare sui propri passi, cambiare parere, non è sinonimo di debolezza, ma mentalmente è un passo in avanti affinché il Var diventi universalmente perfetto, al di là di ogni ragionevole dubbio. Cambiamo invece la testa degli arbitri, perché tornare indietro non si può. Bisogna continuare invece a guardare avanti, a crescere, migliorando il protocollo in questa fase sperimentale, correggere eventuali sbavature. Cominciamo a correggere gli arbitri, la loro testa… finché Var non ci separi.

 

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