Ancelotti guarda avanti: “Il Bayern è il passato, ora aspetto nuove occasioni”

 

Quell’esonero ancora non lo ha mandato giù “ma acqua passata non macina più, per me è giusto guardare avanti e prendermi tempo per guardare il calcio da spettatore, con interesse e cercare un’altra opportunità in futuro, non adesso”. Carlo Ancelotti, ospite di “Radio Anch’io Sport” su RadioUno, non ha fretta di rimettersi al lavoro ma di sicuro ha ancora voglia di sedersi in panchina, anche per cancellare l’ultima esperienza al Bayern Monaco dove un mese fa gli è stato dato il benservito. “Forse la società non credeva più nel lavoro che facevo e hanno deciso di cambiare – racconta il tecnico di Reggiolo – Ma sono 20 anni che faccio questo mestiere e sono entrato nell’ordine delle idee che fa parte del gioco, le grandi società sono legate ai risultati e quando i risultati tentennano un po’… A dire il vero, però, nel mio caso i risultati c’erano nonostante qualche difficoltà, forse c’era mancanza di fiducia nella conduzione della squadra. Ma sono state dette tante cose in questo mese”. E allora meglio non pensarci più, godersi un po’ di riposo e ripartire dalla prossima stagione. “Vorrei avere un’opportunità per creare un progetto e lavorare con serenità anche se il nostro è un mestiere che non ti dà serenità e tranquillità ma è normale, basta un risultato sbagliato che la pressione aumenta. Ma con serenità aspetto, non ho fretta”. Ancelotti non esprime preferenze. “La Premier sotto certi aspetti è interessante, c’è una bella atmosfera negli stadi ma anche in Germania siamo avanti sotto questo punto di vista. Non ho idea di quale possa essere la soluzione migliore. Io mi vedo bene su ogni panchina. A me piace il calcio, mi piace allenare e finchè ho questa passione, qualsiasi panchina va bene”. Si è parlato della Croazia “ma ogni giorno ne salta fuori una, prima si parla del Chelsea e il mio amico Antonio (Conte, ndr), con cui parlo spesso, si arrabbia, poi la Cina, l’Everton. Aspetto il 30 giugno e vediamo che opportunità ci sono”. L’ipotesi americana non sembra affascinarlo (“un conto è la nazionale, un altro conto la Lega che non prevede retrocessioni per cui le motivazioni dei giocatori non sono di altissimo livello e se non c’è motivazione non c’è grande interesse”), di sicuro, dove andrà, non imporrà rivoluzioni. “Quando arrivi in una società la squadra è fatta, ci sono dei giocatori, si cercano degli aggiustamenti e poi l’allenatore ci mette del suo, è quello che ho sempre fatto e continuerò a fare”. Chissà che Ancelotti magari non torni in Italia anche se per il momento si limita a fare lo spettatore. “La Juve è tornata? Ma quando è andata via? La Juve è sempre lì, sul pezzo, anche se il Napoli ha trovato più continuità e Sarri è molto bravo. Ha trovato anche una struttura societaria che gli ha dato la possibilità di lavorare per 2-3 anni per costruire qualcosa di livello. Il Napoli gioca bene a calcio e c’è la bravura di Sarri combinata a un appoggio costante della società e del suo presidente”. Ma Ancelotti trova tutto “il campionato italiano molto competitivo e molto interessante. C’è anche l’Inter che ha il vantaggio di non giocare le coppe per cui Spalletti ha la possibilità di lavorare tutta la settimana per trasmettere le sue idee. La Lazio sta facendo un campionato straordinario, c’è la Roma, il Milan purtroppo è un po’ dietro ma è legato al fatto che ha cambiato molto. Nel calcio non ci sono maghi con la bacchetta magica, ci vuole pazienza, trovare giocatori idonei al progetto”. Per Ancelotti “il Milan ha fatto una campagna acquisti che tutti hanno definito straordinaria, ma non bastano sei mesi o una campagna acquisti per fare una squadra, occorre tempo, perseverare negli investimenti e nel lavoro. Il quarto posto è molto importante ma è ancora più importante non abbattersi quando le cose non vanno bene”. E anche se “il calcio riserva sempre sorprese, non c’è una partita scontata, vedi il Real a Girona”, per il tecnico di Reggiolo una serie A a 18 squadre “o anche a 16 è la strada da percorrere. Si gioca sempre di più per avere sempre più introiti ma questo limita la qualità del gioco e se scade la qualità, scade anche l’interesse. Si deve arrivare a giocare meno partite ma con più qualità”. Per fortuna c’è la Var (“è arrivata troppo tardi, doveva arrivare prima, solo un folle può pensare che non serve”), che Infantino vuole anche ai Mondiali dove però l’Italia rischia di non esserci. “Giocare uno spareggio è sempre un rischio ma vale anche per la Svezia – sottolinea Ancelotti – In queste partite conta la storia, la tradizione e sotto questo punto di vista l’Italia è avvantaggiata”.