Ritroviamo l’Italia prima che sia troppo tardi

MASSIMO CICCOGNANI

Si scrive Italia, si legge involuzione. Ovviamente quella calcistica, di una nazionale che in appena un anno ha perso smalto e brillantezza, oltre che gioco, quello che invece ci aveva contraddistinto fino alla chiusura, dolorosa, dell’Europeo in Francia. La sconfitta, pesante, a Madrid contro la Spagna e la vittoria striminzita di ieri sera a Reggio Emilia contro il modestissimo Israele, ci regalano, si fa per dire, il momento forse più difficile nella storia del calcio azzurro degli ultimi anni. Di Reggio salviamo solo il risultato, quei tre punti pesantissimi che ci proiettano ad un semplice passo dagli spareggi per accedere al prossimo mondiale in Russia il prossimo anno. In Spagna l’Italia è stata asfaltata da una nazionale, quella spagnola, dotata di calciatori dai piedi buoni ma soprattutto da un gioco che è solo piacere per gli occhi. Non poteva essere la gara del riscatto quella del Mapei, complice un avversario modestissimo, semmai l’occasione per riprenderci l’azzurro in attesa di tempi migliori. E invece neppure quella. Abbiamo vinto, stentando, uscendo tra i fischi all’intervallo per un primo tempo che più brutto non si poteva, con una nazionale senza gioco e senz’anima, incapace del benché minimo elementare passaggio. Errori madornali, dal modulo all’atteggiamento, all’ineguatezza di schierare giocatori in ruoli a loro poco congeniali. Immobile e Belotti giocano da centravanti nella Lazio e nel Torino e in azzurro hanno finito col pestarsi i piedi, De Rossi e Verratti messi in condizione di arrotare i bulloni per non essere sopraffatti dai centrocampisti israeliani manco fossero Kross, Modric e Casemiro del Real. Il 4-2-4 non poteva andare bene in Spagna perché inadeguato contro una squadra che fa di possesso palla e fraseggio nello stretto il suo credo. Meglio, ha spiegato Ventura, applicarlo contro squadre dove siamo noi a dover impostare e fare la partita. Manco per niente. Con questi uomini il 4-2-4 non va bene e visto che i giocatori sono questi, bisogna solo cambiare modulo. Cosa che Ventura non ha alcuna intenzione di fare. Vedere il tecnico passeggiare nell’area tecnica e scuotere la testa mentre i suoi affogavano nel nulla, fa pensare e pure male. Inutile fare paragoni con il passato che non c’è più, ma è innegabile che le urla di Conte, in una partita come quella di ieri, le avrebbero sentite anche a molti chilometri dall’epicentro del Mapei. E invece niente. Abbiano evitato quella che Tavecchio aveva definito l’apocalisse, ci manca poco per arrivare agli spareggi e magari accedere al mondiale, ma il dubbio è legittimo. Se questa è l’Italia, che ci andiamo a fare in Russia. L’Italia di oggi è da rifare, non va proprio. E allora l’analisi è spietata: o si cambiano i giocatori se si vuole mantenere questo modulo, o si cambia modulo, altrimenti sarà dura perché ieri sera, sarebbe bastato agli israeliani avere un attaccante vero per farci ingoiare altri ettolitri di bile. Ma Ventura l’ha vista diversamente. Condizione ancora approssimativa, uomini da plasmare meglio per metabolizzare il suo credo, ma di tempo ce n’è poco. Per ora conta solo arrivare in Russia ed evitare l’apocalisse, ma al mondiale servirà un’altra Italia. Perché questo, non può andare da nessuna parte. A Reggio ci ha pensato San Ciro a salvare “papà” Ventura, e una mano all’Italia l’ha data anche il Dio del pallone che ha voluto regalarci un’altra possibilità. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico e anche il Dio del pallone, in quel caso, potrebbe voltarci le spalle.

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