Champions. Pochettino-Klopp, una poltrona per due

Massimo Ciccognani

Madrid è un fiume di colori. Il rosso di Liverpool, il blu stampato sul bianco del Tottenham. Stasera al Wanda Metropolitano, il tempio dell’Atletico Madrid, si sfidano, alla faccia della Brexit, altre due inglesi a caccia della coppa più prestigiosa d’Europa, dopo l’altro derby, tutto inglese-londinese, di Baku tra Chelsea e Arsenal. Liverpool-Tottenham è anche la sfida tra gemelli diversi, Maurizio Pochettino e Jurgen Klopp, esteti del calcio, ma poco vincenti. Una volta era Ancelotti a sedere sulla poltrona del perdente di successo. Poi arrivò Manchester nel 2003, e la finale contro la Juve a consacrare il Milan e Ancelotti sul tetto d’Europa. E stasera tocca a loro, genialità, bel gioco, ma vittorie di un certo prestigio, zero. Stasera qualcuno sorriderà, mentre l’altro masticherà amaro in attesa della prossima occasione. Nel calcio non sempre bello  fa rima con successi,  ma è innegabile che Klopp e Pochettino siano due tecnici di spessore, anche se, finora, non vincenti. Il tedesco Klopp è forse il migliore interprete del 4-3-3, suo marchio di fabbrica, reso ancor più funzionale da calciatori con Mono Salah e Manè illuminati dalla grandezza estetica di Firmino. Pochettino ha dato al Tottenham una identità nuova, squadra che in campo non si risparmia mai e cerca sempre il gol. Anche quando la partita è chiusa. Chiedere alla Juve che lo scorso anno è passata solo per quell’incredibie leggerezza dell’essere Pochettino. Dal 2-2 di Torino all’1-0 di Wembley a quidici dalla fine, quando partita e qualificazione erano in mano agli inglesi. Che però non si sono accontentati ed hanno continuato a spingere ventre a terra quasi non ci fosse un domani. E c’è andava a nozze la Juve che in contropiede ha firmato i due gol qualificazione e mortificato l’ambizione degli Spurs. Bacheche vuote, da una parte e dall’altra. Jurgen, è l’uomo che sorride sempre, accattivante quanto basta, amato anche dalla critica. In carriera è esploso nel Borussia Bortmund, vincendo due Bundesliga, una coppa di Germania e lo scorso anno con il Liverpool vanta una finale di Champions, persa contro il Real Madrid, causa le topiche di Karius e il pesante infortunio di Salah. Quattro anni di Liverpool senza acuti. Quest’anno in Premier ha dilapidato un patrimonio di vantaggio facendosi riprendere dal City e senza dimenticare l’Europa League lasciata al Siviglia nel 2016. Ancora più modesto il bottino dell’argentino che tra i cinque anni all’Espanyol, i due al Southampton ed oggi agli Spurs, può vantare solo un secondo posto dietro il Leicester di Claudio Ranieri. Eppure piacciono. Il tedesco di Stoccarda è uomo immagine, l’argentino più pragmatico, ma entrambi amano il bel gioco e non a caso i loro nomi sono accostati ai top club europei. All’occhiello ostentano grinta, carattere e cuore, oltre che ben gioco e le riprove le rivincite impossibili in semifinale contro Barcellona e Ajax. Ecco perché stanotte, sarà una notte da Re, almeno per uno dei due, che sogna di alzare al cielo di Madrid la coppa più prestigiosa per scrollarsi di dosso l’etichetta di perdente di successo e magari ricalcare la storia di Carlo Ancelotti. Basta un guizzo, un trofeo per cambiare il corso della storia. Ma su quella poltrona, c’è posto solo per uno. L’altro, dovrà aspettare la prossima occasione. E intanto ingoiare ettolitri di bile.

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