Massimo Ciccognani
Una storia scritta a pelo d’erba, una storia fatta di trionfi, di emozioni, di giocie a volte anche di dolore. Una storia chiamata Gigi Buffon, quaranta e non sentirli. Da oggi è ufficiale, lascia la Juve dopo 17 anni, un addio al bianconero, probabilmente non al calcio. Sabato allo Stadium contro il Verona, sarà la sua ultima con la maglia bianconera. Ma non sarà l’ultima della sua carriera. Che molto probabilmente continuerà. I suoi sono numeri da capogiro: vanta 639 presenze in serie A dove ha vinto nove titoli e una storia in azzurro con all’occhiello quella Coppa del Mondo alzata al cielo di Berlino nell’anno più duro della storia del nostro calcio, quello che provava a rialzare la testa schiacciata dalle macerie di Calciopoli. Quaranta anni, ma forse non è ancora il momento di dire basta perché la vita, si dice, comincia a 40anni e quella del portiere bianconero non è ancora conclusa. C’è tempo per capire cosa farà da grande, diviso tra una poltrona dirigenziale che la Juve gli ha offerto, oppure continuare almeno per un altro anno. “Sabato sarà la mia ultima partita con la Juventus e credo che sia il modo migliore per finire questa avventura. La mia paura era di arrivare alla fine di questa avventura con la Juve da sopportato o da giocatore che aveva fuso il motore, posso dire che non è così. E posso dire fino a 40 anni di aver potuto esprimere il mio meglio ma di aver espresso in campo prestazioni degne del mio nome e della Juventus. Arrivo a questo saluto sereno e felice. Grazie alla Juventus, nel 2001 hanno preso un talento straordinario e se ora è diventato un campione è perche la Juve ha fatto sì che accadesse. Se a 40 anni sono ancora qui è solo merito della mentalità Juve. Questa filosofia l’ho fatta mia e la userò anche in futuro nel post calcio se dovesse servire”. Riconoscenza alla Juve, l’amicizia con Andrea Agnelli seduto accanto a lui. Sguardi che si incrociano, l’emozione che comincia a farsi strada. Il presidente lo saluto con affetto e ne traccia un ricordo indelebile. “Trovare le parole è stato difficile, comincio dal numeri. 269 sono state sue partite, ha il record di imbattibilità ed è stato 89 volte capitano della Nazionale. Ha vinto di tutto ed ha 26 trofei in 22 anni di carriera. E’ una persona altruista, carismatica, trasparente, ambiziosa. E’ un amico e il capitano. E’ stato in paradiso ed è sceso all’inferno. Noi gli saremo sempre grati. Questo anno è stato logorante, lui se lo aspettava diverso. Volevamo andare in Russia per giocare il suo sesto Mondiale. Si è visto sfumare una finale di Champions e ha visto segnare qui Koulibaly per poteva farci sfuggire lo scudetto. Poi c’è stata la finale di Coppa Italia e la gara con la Roma, con Gigi che ha vinto il settimo scudetto consecutivo. Gli eventi di questo anno non fanno cambiare la programmazione della Juventus. Noi sappiamo che il prossimo anno la porta della Juventus sarà gestita da Szcezney. Gigi ha proposte sia per ruoli fuori dal campo, che per continuare a giocare. Lui ha il mio supporto qualsiasi scelta farà: io voglio solo dirgli grazie”, ha detto il presidente bianconero che ha offerto a Buffon anche un ruolo dirigenziale. “Con Gigi abbiamo ragionato su un percorso che può essere il suo ruolo. L’inizio è stato il prospettare un anno di seria formazione per avere competenza e consapevolezza nella gestione di un club. Da li poi si inizierebbe a capire quale potrebbe essere il percorso”, ha concluso il presidente. Buffon ci pensa, e ci penserà ancora prima di decidere. Ma le proposte ci sono e tutte intriganti. “Sabato giocherò una partita che è la mia unica certezza – ha aggiunto il capitano bianconero -. Andrea è a conoscenza di quello che sta accadendo ed è un consigliere del quale non voglio privarmi. Fino a 15 giorni fa era risaputo che avrei smesso di giocare, adesso sono arrivate delle proposte e delle sfide stimolante sia in campo che fuori. La più importante mi è arrivata proprio da Andrea e dopo questi tre giorni densi di emozioni, la prossima settimana dopo qualche riflessione serena prenderò la decisione definitiva. Seguirò ciò che urla la mia indole e la mia natura. Questa stagione è stata snervante e stancante, con alti e bassi clamorosi: qualche perplessità per lo scudetto c’era dopo Juve-Napoli, dovevamo capire se eravamo ancora noi. E per l’ennesima volta abbiamo dato una risposta incredibile”. Sul futuro dice e non dice. “Su un possibile altro anno, come ho già detto, deciderò la prossima settimana, ma questo non cambierà nulla nel mio umore. Nella mia testa ero già un ex giocatore fino a 15 giorni fa quindi qualunque cosa succederà sarò felice. L’importante era non macchiare questa mia vita nella Juve e non deludere certe persone che hanno creduto in me. La Juve è una società seria e deve programmare il futuro, sono il primo a capire questo. Io volevo solo finire nel miglior modo possibile. La Juve non scordiamoci che ha un portiere di un valore eccelso, almeno quanto il mio. Non posso dire io se questa sia la Juve più forte, mancherei di rispetto a chi ha vinto qualcosa di più importante. Questa sicuramente è la più solida e la più testarda”. La cosa certa è che se decidesse di continuare a giocare, non sarà certo in Italia. “Nel 2010, dopo l’operazione alla schiena, c’è stata la svolta mia, quando tutti giustamente pensavano che Buffon avesse finito la sua grande carriera ho deciso dentro di me, trovando grazie a loro, di avere la forza che questa carriera fosse unica. C’era da soffrire e da sudare. A distanza di otto anni siamo qua con tanti trofei in più vinti, grazie ai miei compagni, all’epoca era impensabile anche per me. Sono una persona che si nutre di ambizioni e di sogni, per me l’essenza della vita è quella, trovare una sfida e poi non importa se la vinci o la perdi. Che sentimento provo oggi? Mi sento gratificato. Sentire tutta questa vicinanza da parte della società, dai miei ex compagni e le persone vicine a me. Per il futuro, sono un incosciente, non ho paura. Un po’ sì, ma una cosa giusta, moderata perché si prospetta cambio di vita e abitudini. Vivo di queste cose, vivo di questo. Togliermi da zona di comfort per misurarmi in avventure nuove che non conosco. Le sfide non mi hanno mai fatto paura ma mi hanno sempre stimolato. Giocare in Italia? Non se ne parla, cose romanzate come un ritorno al Parma, ma niente di più”. La Nazionale, quell’addio amaro, come la la mancata finale Champions in questa stagione, gli alyri temi sui quali Gigi non sorvola. “Ho detto che se Buffon era diventato un problema tre mesi fa, non oso pensare cosa possa essere sei mesi dopo e un anno dopo…diventerebbe una cosa estremamente complicato da gestire e un qualcosa dal quale mi tengo veramente lontano perché penso di non meritarlo. Poi perché penso che la Nazionale abbia giovani portieri importanti. Che offerta accetterei? In base a percezioni e all’importanza che puoi avere in un certo progetto, gli stimoli che potrei avere. E poi il mio stato di forma fisica. Tante riflessioni che devo fare senza lasciarmi condizionare dall’impeto e dall’esaltazione del momento. Sicuramente non sono uno che vuole o che pensa sia giusto andare a finire la carriera in chissà quale campionato di terza o quarta fascia, sono un animale da competizione e sinceramente in quel contesto non potrei vivere e non mi sentirei a mio agio. Quanto a Madrid, a oggi non ho capito quale sia la ragione dell’espulsione. Anche voi giornalisti dovreste porvi un interrogativo sulle ragioni del mio allontanamento. E’ evidente che poi ho trasceso. Ne sono dispiaciuto. In 23 anni ho sempre avuto una condotta educata. A distanza di giorni, ho detto che il Buffon di quella sera non poteva che dire quelle cose. Come ho detto ad altri giornalisti sono dispiaciuto di aver offerto l’arbitro. Se l’avessi visto due giorni dopo, l’avrei abbracciato ma confermando il mio pensiero. Sono uno che non porta rancore, sono sereno. Tornare alla Juventus da dirigente? E’ normale che la Juventus per me rappresenti una famiglia, è chiaro. E sono onorato di essere percepito come uno della famiglia. Devo dire che la Juventus è una società che programma il futuro. Se dovessi essere considerato un elemento su cui fare affidamento, la Juve avrà la precedenza su tutto ma non deve essere un’imposizione o qualcosa che mi spetta di diritto. Io e la Juve siamo in pari, una cosa in più non è necessaria”. La linguia batte dove il dente duole, ma di futuro Buffon non illumina la scena tenendo per sè magari una decisione già presa e vagliata. “Ho pensato anche ad un futuro lontano dal calcio. Analizzando la stagione, è stata un’annata faticosa, emotivamente febbraio e marzo per me sono stati veramente complicati, l’elaborazione del lutto di smettere di giocare è qualcosa che ti appesantisce e ti tocca dentro. Da aprile sono tornato ad essere leggero, fiducioso e felice come nei giorni migliori. Tutto questo grazie all’appoggio di tutte le componenti. In quel periodo e questo periodo, ho pensato anche con il presidente che in caso di ritiro non mi avrebbero fatto male magari sei mesi sabbatici per poter ripristinare una questione emotiva. Se mi manca un’esperienza in Premier? Ho detto che ho ricevuto qualche proposta, molto interessante. Dentro e fuori dal campo. A bocce ferme deciderò quello che sarà il meglio per me. Fare toto-squadre, toto-campionati, non ha senso. Se dovessi decidere di continuare è perchè avrei ambizione di continuare per grandi traguardi. Unico modo in cui concepisco lo sport, forse anche mio limite più grande”. Una storia che probabilmente non finisce perché certi amori fanno dei giri enormi ma poi ritornano. Dirigente o ancora calciatore, lo sapremo presto. Di certo nessuno può nascondere che è stato tra i migliori interpreti del calcio italiano e quella coppa alzata sul cielo di Berlino è e resterà per sempre indelebile nella storia.