L’election day porta direttamente al commissariamento del Coni, così come facilmente ipotizzato anche da Giovanni Malagò. Il calcio non riesce a darsi una governance e, dopo l’addio di Carlo Tavecchio in seguito all’eliminazione choc nel play-off mondiale, la Figc resta ancora senza il presidente, così come la Nazionale è senza ct. Un lunedì da dimenticare, quello trascorso all’Hilton di Fiumicino, una giornata lunga e snervante terminata con la classica ‘fumata nera’ che sa tanto di resa. La Federcalcio dovrà ora subire l’onta del commissariamento, uno spettro che aleggiava da giorni su via Allegri, di un ‘esterno’ che riordini la materia in vista di un ritorno alle urne chissà con quali candidati. Quelli che si erano presentati, in un modo o nell’altro, han perso tutti. Tanto che, per sdrammatizzare, a vincere davvero sono state le schede bianche, che nel ballottaggio finale sono state ben 297,80, pari al 59,09%, quella maggioranza assoluta dei voti che è mancata sia al presidente della Lnd, Cosimo Sibilia, che poco prima aveva indicato ai suoi proprio la strada della scheda immacolata, che a Gabriele Gravina, il numero uno della Lega Pro, fermatosi a 196,83 preferenze (39,06%). Al terzo scrutinio era invece uscito di scena l’altro competitor, il capo dell’Assocalciatori Damiano Tommasi, che in partenza aveva rinunciato ad accordi o a passi di lato tanto da far pensare, ai più maliziosi, di preferire il commissario ad un presidente democraticamente eletto. Prima del ballottaggio, poi, andavano in scena riunioni e tentativi di patti dell’ultimora, come il ticket Sibilia-Gravina, saltato per l’indisponibilità di quest’ultimo ad arrivare comunque ad una soluzione. “Dopo aver cercato in tutti i modi di raggiungere l’accordo per una convergenza, non c’e’ la condizione per poter procedere”, aveva fatto sapere Sibilia. Aggiungendo poco dopo: “Avevamo fatto un passo indietro per il bene del calcio, in modo responsabile. Ho incontrato Gravina alla presenza di altre persone, dopodiche’ non ho ricevuto neppure una risposta se non una telefonata dello stesso Gravina, in cui mi ha detto che non avrebbe accettato l’intesa”. Parola allora a Gravina: “Oggi non e’ una sconfitta del calcio, ma della sua classe dirigente. Il calcio ha bisogno di un elettroshock, ma adesso e’ giusto che dobbiamo subire il commissario. L’accordo che mi ha proposto Sibilia? Pensare di rinnegare dei punti fondamentali del mio programma per fare il presidente non fa parte della mia persona – ha sottolineato il numero uno della Lega Pro – Questa era una partita che bisognava essere giocata sino in fondo, per questo chiediamo scusa a tutti gli italiani”. “Purtroppo questa e’ una sconfitta per il nostro sistema: ora sicuramente ci sara’ il commissario, e’ giusto che qualcuno dall’esterno ci metta mano – l’analisi di Tommasi Quanto durera’ il commissariamento? Non lo so. Avremmo voluto un cambiamento, ma nessuno dei due candidati al ballottaggio rispecchia i nostri pensieri e quindi abbiamo deciso di non esprimere il nostro voto”. Che i tre avessero pochi punti in comune lo si era intuito già nella fase di presentazione all’assemblea dei rispettivi programmi, con il presidente dell’Aiac, Renzo Ulivieri, che ‘scaricava’ Tommasi per abbracciare idealmente Gravina. Poi, tutti a rimarcare le proprie differenze, senza cercare quelle convergenze che non erano emerse nemmeno nelle ultime ore precedenti la tornata elettorale. Sibilia sottolineava come potesse, legittimamente, considerarsi l’unico volto nuovo, Gravina rivendicava come un requisito, e non certo un demerito, i trent’anni di onorata militanza nel calcio e Tommasi rifiutava il ruolo di ‘ago della bilancia’. In più, Marcello Nicchi, capo dell’Aia, confessava il suo pentimento per non essersi iscritto alla corsa per la presidenza. Insomma, c’erano tutti i presupposti per un nulla di fatto che sancisce il momento delicato, sul campo ma anche fuori, del calcio italiano (anche la Lega di Serie A è commissariata), costretto questa estate a seguire i Mondiali russi dalla tv e incapace di rinnovarsi dal suo interno. La palla, nemmeno troppo metaforicamente, passa ora al Coni, che si riunirà giovedì alle 15 in una Giunta ad hoc: i nomi che circolano del possibile commissario sono quelli dello stesso Malagò e del segretario generale Massimo Fabbricini. Chiunque accetterà l’incarico avrà una bella gatta da pelare.