di Dario Ricci *
Inebriato dai più che legittimi entusiasmi europei, avvelenato dai ben meno che giustificati e giustificabili cori (o meglio, forse, ululati) razzisti, il nostro calcio rischia di far scivolare sullo sfondo un (quasi) miracolo calcistico che appena pochi mesi fa sembrava non solo irrealizzabile, ma neppure lontanamente immaginabile.
Riferimento ovvio a quel Verona che dopo una vera e propria campagna di ‘indebolimento’ estiva (con la partenza di giocatori di peso come Barak e Caprari, giusto per citarne un paio…), l’addio a Tudor e la scelta prima di Gabriele Cioffi e poi, da metà ottobre 2022, del ‘non-patentato’ Bocchetti per la panchina, ha trovato in Marco Zaffaroni (approdato sotto il balcone di Giulietta a inizio dicembre scorso) non un passivo notabile capace solo di certificarne il fallimento tecnico, ma anzi una guida saggia, consapevole e decisamente per preparata per condurre gli scaligeri a una salvezza non ancora raggiunta, certo, ma che l’ultima vittoria ottenuta a Lecce rende credibile e vicina.
E allora, in epoca di fantomatiche ‘costruzioni dal basso’ di schemi e giocate immaginifiche, val forse la pena ricostruire almeno la parabola calcistica di questo milanese classe 1969 che il calcio, appunto partendo ‘dal basso’ l’ha conosciuto, e attraverso una severa gavetta ha costruito, gradino dopo gradino, il cammino che lo ha portato nella massima serie.
La sua carriera di arcigno difensore s’è dipanata per un ventennio, a partire dalla seconda metà degli Anni Ottanta, tra la serie B (a Taranto, per tre stagioni) e soprattutto la C (Solbiatese, Saronno, Legnano, Pro Patria, Monza). Quella da allenatore parte, se possibile, da uno scalino ancora più basso: dopo un primo anno (2009-10) da vice (prima di Pagliari, poi di Buzzi, nella stagione che si chiuderà col fallimento degli umbri) a Perugia, ecco sei stagioni in serie D tra Folgore Verano (che divine poi Folgore Caratese) e Caronnese. Insomma, Zaffaroni mangia il pane duro del calcio locale, quello dei tifosi che ti urlano da dietro una sottile metallica a un metro dalla panchina la domenica, e poi il lunedi te li ritrovi allo stesso bar a prendere il primo caffè della settimana. La prima sliding door arriva nel 2016: lo chiama il Monza, e lui lo riporta subito in LegaPro, vincendo il girone B della serie D con due giornate di anticipo; e nel settembre 2018 alla guida dei brianzoli ecco la coppia Berlusconi-Galliani. Zaffaroni dura poco più di un mese: esonerato il 22 ottobre. La scala va risalita daccapo: ecco due buone annate all’Albinoleffe, ancora in C, ma la cadetteria sfugge sempre ai playoff. La raggiunge la serie B, Zaffaroni, nel luglio 2021 quando a chiamarlo è il Chievo, contratto annuale con opzione sul secondo, ma il sogno dura meno di un mese, perché il clivensi vengono esclusi dal campionato e il mister è svincolato. Paradosso, lo chiama chi al posto del Chievo viene ripescato, cioè il Cosenza, ma dopo sedici giornate ecco l’esonero. Il resto è storia recente, è Verona, è un campionato fatto di orgoglio e raziocinio, e pure della capacità di lavorarecon e non contro Bocchetti, memore forse, il mister ‘costruito dal basso’, dei mari in tempesta affrontati all’esordio a Perugia, laddove mancarono soldi e progetti, ma mai la dignità e la competenza all’interno del campo di gioco. Una lezione probabilmente alla base di questo (quasi) miracolo che, si realizzasse, meriterebbe il bacio di Giulietta e l’applauso del popolo gialloblu.
*giornalista di Radio24-IlSole24Ore