Tudor e Andreazzoli: felici e rivincenti

Nella foto: Igor Tudor (ph: Fornelli/Keypress)

di Dario Ricci*

Premessa d’obbligo e ringraziamenti come minimo dovuti ad Hakan Chalanoglu e Juan Cuadrado, che hanno ricordato a tutti quante e quanto profonde virtù pedatorie possano albergare nei dintorni di una bandierina del calcio d’angolo (tesi che questo sito e questa penna difendono e sostengono con convinzione ormai da diverse settimane…). Parabole inconsuete e sorprendenti, quelle che spiovono a centro area da quella lunetta tanto defilata e quindi strabica; non sorprenda allora se – nella settimana in cui anche la matematica sancisce quanto già anticipato dalla logica, e che cioè almeno quattro sarebbero state le pretendenti allo scudetto – il nostro sguardo sia attirato dalla parte meno nobile della classifica, e non nel segmento dove alberga la Vecchia Signora, ma i quello immediatamente a ridosso. Sì, proprio quella fascia tipica della “borghesia operaia”, per la quale laboriosità, ingegno, sacrificio e fantasia diventano (altro paradossale ma riuscito effetto ottico) tutti sinonimi della medesima virtù, l’unica che può portare ai risultati e, conseguentemente, al traguardo finale. 

Certo, Aurelio Andreazzoli e Igor Tudor sanno bene – lo hanno imparato a loro spese e sulla loro pelle… – che i conti si fanno sempre e solo alla fine, soprattutto in un calcio come quello italiano che fagocita ogni domenica il proprio passato e il proprio futuro. Ma i 23 punti attuali dell’Empoli e del Verona sono, per il campionato tutto una vera benedizione, e la certificazione di quanto di buono – e sorprendente – questi due tecnici stiano regalando all’intero torneo.

Andreazzoli, coi suoi 68 anni, delle panchine della serie A è il “nonno”. Toscano di Massa, nel calcio c’è da sempre, ma da relativamente poco se staccato dallo sfondo, per fare qualche passo verso il proscenio. Compagno di stanza e di studi di Luciano Spalletti durante il corso a Coverciano, ne è stato il vice prima a Udine, poi a Roma; e ancora in giallorosso, ormai diviso dal suo mentore, anche con Montella, Luis Enrique, Zeman, di cui prende il posto dopo l’esonero del boemo, a inizio febbraio 2013. Ma quell’avventura (malgrado il buon sesto posto in campionato), naufraga sullo scoglio della Coppa Italia persa in finale proprio nel derby contro la Lazio, che ha la meglio grazie all’ormai celebre gol di Lulic. Eccolo allora Andreazzoli, giubilato dalla Roma, ripartire proprio da Empoli. Il resto è storia (almeno agli esperti) nota: l’immediata promozione in A, la retrocessione in B all’ultima giornata col k.o. di San Siro contro l’Inter di Spalletti, e dopo essere tornato alla guida dei toscani in seguito al temporaneo allontanamento a vantaggio di Iachini; poi ancora l’addio e la breve e sfortunata parantesi al Genoa, fino al ritorno a Empoli appena nel giugno scorso, al timone della squadra che aveva ritrovato la A sotto la guida di Dionisi, ora al Sassuolo. Una scommessa che i biancoblu e Andreazzoli stanno per ora vincendo con coraggio, idee, gioco, una giudiziosa sfrontatezza (altro paradosso che balugina agli occhi di chi il gioco lo vede nelle vicinanze della bandierina…) che è già diventata stile, istinto, manifesto.

Per molti aspetti, ancor più roboante quanto Tudor sta facendo a Verona. Certo – si dirà – il croato ha trovato la consistente eredità del connazionale Juric; ma era quello stesso lascito che pure sembrava già evaporato e dissipato nella breve stagione trascorsa da Eusebio Di Francesco sulla panchina scaligera. Da Juric è invece ripartito con convinzione Tudor, una volta subentrato all’abruzzese. E anzi, rispetto a Juric, è stato capace di dare ai gialloblu anche un centravanti, il ‘Cholito’ Simeone, cui ha saputo dare fiducia e serenità. Niente male per chi – dopo aver salvato l’Udinese – era stato appena poche settimane prima giubilato da quella Juventus in cui era stato vissuto piuttosto come un separato in casa, durante la schizofrenica ed estemporanea avventura alla guida dei bianconeri di Andrea Pirlo. 

Insomma, per Aurelio e Igor è tempo di legittime e meritate rivincite. E mentre il campionato sentitamente ringrazia per il bel po’ di pepe in più che stanno regalando a torneo e classifica, l’augurio per entrambi non può essere altro se non quello di vedere trasformate le premesse di oggi negli obiettivi (raggiunti) di maggio.         

*giornalista sportivo di Radio24-IlSole24Ore

P