Carletto, Arrigo, Max: questione di feeling

Nella foto: l'esultanza di Carlo Ancelotti (foto Matteo Gribaudi/Image Sport )

di Dario Ricci *

Visto dalla bandierina, il (ammettiamolo) non esaltante nuovo capitolo del dibattito tra ‘giochisti’ e ‘risultatisti’, alimentato dalla vittoria del Real Madrid di Ancelotti sul Liverpool di Klopp nella finale Champions di Parigi, merita di essere – se non approfondito, vista l’autorevolezza delle voci che già sul tema si sono espresse – almeno sgomberato di alcuni luoghi comuni, nella speranza che almeno provare a spostare sullo sfondo questi detriti retorici aiuti a focalizzarsi sul centro del palcoscenico.

Capolavoro tattico, quello del Sor Carletto a Saint Denis: né il primo né l’ultimo di una carriera straordinaria, prima da calciatore, poi da allenatore. Bravo Ancelotti a limitare i Reds, a lasciargli il pallone, a provare a ‘mangiargli’ campo per conquistarne, a sua volta, per le proprie, di ripartenze, approfittando su compattezza e piedi buoni dei suoi. Ma certo, come non promuovere anche la partita impostata da Klopp per i suoi? Del resto, se Courtois è stato il migliore in campo… Ovvio che i rossi di Liverpool meglio si esprimono se hanno spazi e tempi per verticalizzare, ma davvero non si può biasimare più di tanto una prestazione che rischia invece di essere valutata solo ‘a posteriori’, alla luce del risultato. 

Tentazione che – ci sia concesso, e con tutto il dovuto rispetto – deve aver ammaliato per qualche istante anche Arrigo Sacchi, che ha (ben) definito sulle pagine della Rosea come ‘capolavoro di tattica e umiltà’ la vittoria dei blancos, altrettanto ben argomentando i motivi del suo giudizio. Scontata però l’osservazione di chi da un bel di tempo nel dibattito di cui sopra – quello tra cultori del bel gioco e adepti del risultato – è impelagato da un bel po’ di tempo: avrebbe il buon Arrigo – questa l’amletica domanda – riservato lo stesso giudizio se quella strategia fosse stata adottata magari da un Max Allegri, vittima primaria degli strali dei ‘giochisti’ (e di conseguenza, e direttamente e indirettamente, dell’Arrigo Nazionale stesso?

Domanda legittima, ma che appunto richiede lo sgombero di alcuni detriti retorici calcistici, per poterla poi così liberata lasciare a disposizione dell’interpretazione (e della risposta) dei singoli. In sintesi: difficile dire – se non per partito preso… – che le squadre di Allegri abbiano sempre giocato un calcio speculativo e sparagnino; altresì indiscutibile che la stagione del ritorno in panchina alla Juventus, per lo stesso Allegri, sia stata deludente per la qualità di idee, interpretazioni (e interpreti) ancor più che per i risultati; quasi superfluo ricordare l’intima conoscenza e affinità che esiste non solo tra il Sacchi allenatore e l’Ancelotti giocatore, ma ancor di più tra il Sacchi allenatore e l’Ancelotti allenatore (di cui è di fatto il ‘figlio’ prediletto), mentre forse utile rammentare che di madridismo lo stesso Arrigo è un fine conoscitore per via diretta, essendo stato (anche solo dal dicembre 2004 al dicembre 2005) presidente dell’area tecnica e direttore sportivo dei blancos (per volere proprio di Florentino Perez), ma anche riflessa (avendo allenato l’Atletico Madrid, seppur per appena sette mesi tra il giugno 1998 e il febbraio 1999); su tutto e prima di tutto, per finire, il palmares di Ancelotti, che garantisce ormai (da tempo) a Carletto di addentrarsi in territori incogniti, laddove ad altri (vedi appunto lo stesso Allegri, ma non solo), neppure verrebbe concesso osare solo il pensare di potersi avvicinare.

Liberato lo scenario da queste macerie (scagliate a rara velocità distruttiva, come d’abitudine, soprattutto via social), nel momento che la si torna a guardare dalla bandierina a qualche giorno di distanza, ecco allora che Real Madrid-Liverpool crediamo possa essere valutata secondo un’ottica più lineare e convincente: non scontro di religioni e lotta fra universi contrapposti, ma confronto strategico fra due grandi tecnici, ognuno dei quali disposto a conquistare e cedere qualcosa di sé per agguantare la Coppa dalla Grandi Orecchie.

Peccato per Klopp e i suoi Reds che sia proprio quello, però, il pezzo d’argenteria preferito dal Real Carletto.                

*giornalista di Radio24-IlSole24Ore

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