Perché l’Inter vincerà lo scudetto (ma Lorenzo e Zlatan non sono d’accordo)

Nella foto: l'esultanza di Lorenzo Insigne (FOTO DI SALVATORE FORNELLI)

di Dario Ricci *

Bisogna fare uno sforzo enorme, pure dalla bandierina del calcio d’angolo, per provare a distogliere lo sguardo dall’Ucraina e dal suo martirio. A Kiev “l’angolista” che vi scrive è stato due volte, sempre per seguire i rimbalzi del pallone d’Europa: nel 2012, per l’atto finale di quell’Europeo in cui la coraggiosa goletta azzurra timonata da Cesare Prandelli, commodoro saggio e audace capace di domare e mettere al servizio della ciurma il tanto genio (e l’ancor più cospicua sregolatezza) di Cassano e Balotelli, andò a schiantarsi contro l’Invincibile Armada spagnola; e in tempi appena più recenti per applaudire un altro trionfo iberico, quello dell’ultimo Real targato Ronaldo, che fece sua l’ennesima Champions strappandola dalle mani del Liverpool e grazie ad altre mani, ben più incerte nella loro presa, quelle cioè del portiere dei Reds Karius, che scelse la porta sbagliata (quella alle sue spalle, che invece avrebbe dovuto difendere…) per entrare nella Storia del calcio. Ecco, oggi l’unico desiderio che si può esprimere è il più immediato, banale e scontato: che il pallone possa al più presto tornare a rimbalzare negli stadi e per le strade di Kiev e di tutta l’Ucraina, e che cominci appena possibile a ricostruire strade e palazzi e soprattutto ponti di pace, per sanare una ferita la cui cicatrice resterà scolpita nel cuore dell’Europa tutta.

Calciati almeno per qualche istante lontano dalla bandierina dolori ed angosce, la traiettoria del cuoio a scacchi finisce dritta dritta nel mezzo della lotta scudetto. Inter 40%, Napoli 29%, Milan 29%, Juventus 1%, Atalanta 1%: queste al momento le percentuali delle tre grandi favorite (concedendo poi un’unica fiche da giocarsi al tavolo verde a bianconeri e orobici, in ossequio all’aritmetica, più che alla logica). Le ragioni? Non poche e diverse e pure complementari fra loro; in sintesi: il calendario (l’Inter che deve recuperare una gara e ora ospita la Salernitana, nella giornata dello scontro diretto tra partenopei e rossoneri al Maradona); lo scudetto sul petto (che regala di certo qualcosa in più a chi già ce l’ha cucito); l’innesto di Goosens e il recupero di Correa (per motivi specifici di entrambi, due giocatori ideali per il “mini-campionato” di 11 giornate che ci aspetta da qui alla fine per assegnare il titolo); il gioco (ancora fino al 70esimo della sfida di Champions di San Siro con il Liverpool, quello disegnato da Simone Inzaghi è apparso comunque quello costruito sul telaio più solido, e con le fibre e le trame più sicure).

Certo, si dirà, in un campionato finalmente libero dal giogo juventino e dalla breve, ma intensa, cattività della beneamata targata Antonio Conte, tutto è davvero ancora possibile, soprattutto se la volata scudetto coinvolge tre squadre che sembrano non ancora esplorate fino in fondo in particolare nei difetti, più che nei pregi. Eppure ci sono almeno due variabili che ancora non hanno fatto sentire per intero il loro peso in questa partita a poker a tre, imperfetta appunto e asimmetrica per definizione, e rispondono ai nomi di Lorenzo Insigne e Zlatan Ibrahimovic: entrambi sono vicini ad addii sofferti e malinconici (il capitano partenopeo al “suo” Napoli, pronto per la nuova avventura verso il Canada, ricca periferia del calcio mondiale; lo svedese che sa più di ogni altro che l’ultimo giro di valzer pallonaro sta per cominciare, e potrebbe durare appena qualche altra settimana), e vogliono lasciare il loro segno marchiando a suon di gol carriere, almanacchi, ricordi, vite. 

Lorenzo contro la Lazio è ritornato “Il Magnifico”, quello che con la maglia della Nazionale avevamo applaudito e acclamato nell’estate vincente che ci ha portato al trionfo di Wembley, di cui è stato uno degli attori protagonisti; in particolare ha colpito la sua voglia di riservare per sé le giocate determinanti negli ultimi istanti della sfida decisa all’Olimpico dal fenomenale sinistro di Fabian Ruiz, come solo i grandi campioni (e capitani) sanno fare. Zlatan invece morde il freno, fermato da ripetuti acciacchi fisici, inevitabili ai 40 anni con cui si presenta all’ennesima volata per il titolo in una carriera piena di trionfi e rimpianti, che per paradosso ha reso più umano colui che non ha temuto di suonare irriverente paragonandosi a dio (del pallone) in persona.

Pali, traverse, parate, rigori, fuorigioco, Var, prodezze ed errori: tutto influirà nella corsa scudetto, e mai come quest’anno con un peso specifico determinante. Ma ecco, dovessimo scommettere una sola monetina, lo faremmo sul fatto che il destino del campionato passerà comunque dai piedi e dal cuore di Lorenzo e Zlatan       

*giornalista sportivo di Radio24-IlSole24Ore

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