Il bimbo e il pallone

Salvatore Savino

Oggi voglio tornare bambino, quando per le prime volte il cuore mi palpitava per la maglia azzurra del Napoli. Dal bianco e nero di Novantesimo minuto, cercavo di scorgere tra le immagini nebulose quella che già era la mia squadra del cuore.. Per i bambini il calcio era il gioco, lo svago, il vero passatempo di ogni attimo libero. Ogni spazio era buono per giocare a pallone: cortili, oratori, spiazzi e persino, tra le urla delle mamme, chi è che non ha giocato nel corridoio di casa, dove valeva anche il battimuro sulle pareti? In quelle occasioni si cercavano i palloni piu leggeri, la miniball, qualcuno osava un super tele magari rimpicciolito dall’usura, i più’…moderni si erano dotati di palloni di spugna, apparentemenente più adatti ai tiri forti, ma che proprio per questo erano i piu temuti dai ninnoli e dalle bomboniere dei mobili di casa.
Era la meravigliosa epoca delle partite che finivano con il richiamo delle mamme per la cena, quando ormai da tempo, andato via il sole, si giocava “a fiducia”, quasi al buio, ed ogni tiro vicino alle immaginarie porte avrebbe avuto bisogno di almeno due sale var. In quel momento non valeva più il risultato maturato fino a quel momento. Si alzava un urlo comune:
” Guagliu’, a chi segna vince!” E cominciava una furiosa partita a sé stante, dove l’unico scopo era segnare e vincere, pronti a riprendere il giorno dopo. Era l’epoca delle squadre che si facevano con il tocco, e naturalmente la selezione faceva sì che i più forti e i più deboli ( ‘e scarsune ) si distribuissero quasi sempre equamente, tranne qualche caso in cui, per manifesta inferiorità, si udiva il famoso:
“ammiscammece ja’! ‘
Erano gli anni delle scuole medie, dell’Epica, ed i bambini cercavano di emulare gli eroi. Achille, Ettore, gli Dei, ed anche in un campetto di pallone sognavamo di avere un nostro eroe invincibile. Un giorno, e lo capimmo ascoltando i nostri papa’ , ci sembro’ davvero che anche la nostra generazione di piccoli tifosi del Napoli stava per avere il suo eroe. Una radiolina comincio’ a diffondere delle note musicali: ” Papa’, non mi riesce di dormire e sai perche? Ho voglia di giocare un po’ con te…Albertosi era amico di Zoff…”
Era la voce del primo mito della mia vita di tifoso del Napoli, era la voce di un grandissimo centravanti, era la voce di Beppe Savoldi, che atava arrivando al Napoli. Da quel momento, tutti i bambini volevano tirare i rigori con la sua famosa finta, ed i più temerari provavano l’imperioso stacco di testa come a Cesena il 3 aprile del 1977. Nei negozi di giocattoli e nelle tabaccherie uscì, e si vendeva come il pane, un pallone da calcio gommato, più pesante del classico SuperSantos, che ai ragazzini dava l’idea del pallone di cuoio, quello vero. Era il famoso “Savoldi”, dal colore ovviamente bianco ed azzurro. Fu allora che mi innamorai del Napoli, che mi sentii legato a quella maglia che ancora oggi mi tiene avvinghiato ad un amore che non conosce confini. Oggi compi settantacinque anni, grande Beppe gol, e quel bimbo che hai fatto innamorare del Napoli ti fa tanti auguri e ti ringrazia ancora per questo regalo d’amore che gli facesti tanto tempo fa.
Quel bambino é cambiato solo esternamente. All’epoca correva dietro al pallone senza sosta, adesso lo vive con piu’ calma, ma con lo stesso amore di allora. Ora come allora, quando il Napoli entra in campo, il mio cuore inizia a battere forte, le emozioni si inseguono, alle prime vittorie i sogni si gonfiano e volano alti verso il cielo, ed allo stesso modo si abbattono alle sconfitte. Questo amore immenso a volte rende ciechi, non da’ modo di essere sempre razionali, però consente a chi lo prova di sentirsi unico, il giovane innamorato illusoriamente unico di una bellezza con milioni di spasimanti sparsi per il mondo.
Vedete, l’innamorato non si rende conto della realta’, non la vuole vedere. Essere innamorati del Napoli poi, é ancora piu’ bello , perche’ è amore difficile, é sofferenza, é attese di decenni per una soddisfazione, é doversi meravigliosamente accontentare di una vittoria ogni trent’anni, un po’ come accade nelle storie d’amore tormentate della grande poesia e canzone napoletana.
Mi rivolgo ai giocatori azzurri, alla societa’, alla squadra in tutte le sue componenti; vedete, i tifosi partenopei sono innamorati, folli, spesso respinti e delusi, ma sono sempre qua, sotto l’ipotetica finestra della casa della loro innamorata, la squadra del Napoli, aspettando un segnale, un piccolo gesto d’ amore, un bacio, spesso dissetandosi con piccoli sorsi di felicita’. Ricordatelo sempre quando, affacciandovi, ci vedrete con gli occhi umidi e magari vi chiederete: ” chi é stu ninno ca va vennenno acqua?”
” e io risponno cu pparole accorte, so’ lacreme d’ammore e nun e’ acqua !”
Forza Napoli Sempre

*Scrittore, tifoso Napoli

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