In Europa il trionfo del calcio inglese

Massimo Ciccognani

Altro che Brexit. L’Inghilterra va, eccome, soprattutto quella del calcio che per la prima volta nella storia, porta quattro squadre a contendersi le due competizioni europee:. Nessuno poteva immaginarlo al sorgere delle stagioni di Champions ed Europa League. Soprattutto nella maggiore rassegna continentale dove gli interpreti e i protagonisti attesi erano ben altri. Che il Real non sarebbe arrivato fino alla fine lo si è capito da subito, vista la travagliata stagione dei Blancos. Fallimento anche a Parigi dove lo stesso Psg continua a non decollare. C’era attesa per le due squadre di Manchester che una alla volta sono uscite dalla corsa alla finalissima. E alla fine è tramontata anche l’ipotesi più accreditata, quella del replay della finale di Berlino tra Barcellona e Juventus. Che invece hanno fallito, non certo per colpe di Messi e Cristiano Ronaldo che anche quest’anno spariscono dai radar del Pallone d’Oro, complici le debolezze dei rispettivi club, eliminati, i blaugrana dal Liverpool, capace di ribaltare il 3-0 del Camp Nou, con un mortifero 4-0 ad Anfield. E i bianconeri dai terribili lancieri di Amsterdam, quel’Ajax caduta proprio in vista del traguardo per mano di un mai arrendevole Tottenham. Quella di Madrid sarà la rivincita del calcio inglese, che pure al Mondiale di Russia, aveva fattp innamorare e sognare, con la splendida Inghilterra di  Gary Southgate, costretta a fermarsi in semifinale davanti alla rivelazione Croazia. L’Europa dei Club fa invece sorridere la Regina: Liverpool-Tottenham a Madrid, Chelsea-Arsenal a Baku, quattro giorni, tra il 29 maggio e il 1 giugno dove di sicuro si parlerà solo inglese. 

Liverpool-Tottenham non è la finale dei sogni, ma la finale del desiderio. Da una parte i Reds di Jurgen Klopp, che hanno portato a termine l’epica remuntada di Anfield che restituisce dignità e onore dopo quel 3-0 di Barcellona, ai più apparso ingeneroso nel punteggio dopo una partita giocata alla alla pari e decisa da episodi.  Ma la finale l’ha meritata anche il Tottenham che nonostante le assenze (Kane non si regala a nessuno), ha fatto fuori quell’Ajax che in sequenza aveva spedito a casa Real Madri e Juventus ed era, a mezz’ora dalla fine, ad un passo dalla fine. Dal 2-0 di Amsterdam, cui si aggiunge l’1-0 di Londra, sembra fatta per i lancieri. E invece no. Il Tottenham, come pure il Liverpool, da sempre fedwele al “never give up”, non ha mai mollato, trovando il gol qualificazione al minuto 95. Cuore, qualità e temperamento, uno stile di gioco ed una mentalità che dalle nostre parti abbiamo dimenticato da un pezzo. Ecco confezionato il miracolo. Poi, basta guardare la Premier, che non a caso è il campionato più bello del mondo, che regala certezze anche ai piccoli club, con una ripartizione dei diritti televisivi che regala dignità a tutti. E poi stadi sempre pieni nonostante la tv. Il segreto è che in Inghilterra non ci si annoia mai, che nessuna partita è scontata e che i “biscotti” non li usano neppure per fare colazione. 

Quattro squadre, quattro teste diverse, dal tedesco Jurgen Klopp, all’argentino Mauricio Pochettino, dallo spagnolo Unai Emery all’italiano Maurizio Sarri, tutti e quattro con filosofie di gioco una diversa dall’altra. Il pressing furioso di Klopp, al calcio totale di Guardiola che ha dovuto però adattarlo all’intensità del calcio britannico, al modello classico e tradizionale dello spagnolo per finire col Sarrismo che anche a queste latitudini, hanno cominciato ad apprezzare dopo l’ondata emotiva di Napoli. Il calcio è una cosa semplice. I campioni, di certo, è meglio averli, ma non ditelo a Valverde e Allegri che nonostante Messi e Ronaldo, anche quest’anno, cole le stelle di Anton Giulio Maiano, stanno a guardare. I campioni è meglio averli, ma saper interpretare il calcio nella maniera più semplice possibile, senza invenzioni macchiavelliche, è il frutto del successo. Ora godiamocele queste finali, il 29 a Baku Chelsea-Arsenal, il 1 giugno a Madrid Liverpool-Tottenham, in un overdose di calcio inglese. Che comunque andrà, è già sicuro di vincere.

 

 

 

 

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