Salvatore Savino *
Vivere a Napoli è sicuramente un privilegio, e chi ha questa fortuna deve saperla meritare. Passeggiare per i decumani di greca memoria, poter ammirare le vestigia delle grandi dinastie reali, dagli Angioini agli Aragonesi, dai Borbone di Spagna ai francesi di Gioacchino Murat, respirare l’odore del mare dagli scogli di Posillipo, entrare in una chiesa e trovarci Caravaggio, Stanzione, Luca Giordano, potersi accomodare su una panchina e mangiare la pizza più buona del mondo, girare tra i quartieri spagnoli ed imbattersi nel più incredibile altare profano e sacro al tempo stesso, omaggio a chi con il calcio ha reso Napoli regina e padrona. Tutte queste immense possibilità bisogna meritarsele, saperle apprezzare, sentirsene parte attiva, viverle senza sosta. Se poi, dal punto di vista calcistico, si viene in questa città che ti accoglie da Campione d’Italia, non ci si può permettere di avere nessun atteggiamento di presunzione, di arroganza, nessuna velleità di dire…io sono, io ho fatto, io ho detto.
Nonostante la bacheca non esprima chissà quali trofei, questa città ha vissuto calciatori come Sivori, Krol, Careca, Higuain, (non inserisco Diego perché lui non è un calciatore, è Napoli), ed ha visto tecnici come Pesaola, Vinicio, Sarri, Ancelotti, Spalletti. Vede, in questa città il Napoli è vita quotidiana, è famiglia, è amicizia, è spesso il nucleo fondante di un unico corpo che sono i tifosi. Il pubblico napoletano, oltre ad avere un amore smisurato per la sua squadra del cuore, soprattutto negli ultimi anni, si è anche abituato, fortunatamente, ad applaudire una squadra spettacolare, intensa, giocosa ed offensiva al tempo stesso. Il campionato scorso, vinto con una distanza abissale sulle contendenti, ha consegnato al popolo azzurro la consapevolezza di poter competere ad altissimi livelli, giocando un calcio a tratti sublime, e di essere una squadra sempre padrona del campo e del proprio destino. Le ho scritto tutto questo affinché possa più facilmente comprendere cosa rappresenti il Napoli per noi prima di affrontare tematiche più squisitamente di campo.
Vedere una squadra fino a pochi mesi fa meravigliosa, giocare ora così male, senza idee, senza avere più quel coraggio, quella voglia di vincere che la caratterizzava su tutti i campi d’Italia e d’Europa, mi creda, fa male a chi ama il Napoli. Una stagione già cominciata con dei dubbi che apparivano evidenti, sin dai primi giorni di ritiro: dove erano finiti quegli allenamenti intensi della linea difensiva, della pressione altissima in fase di recupero palla e dell’uscita dal basso in fase di proposizione? Certo, mancavano degli elementi, la società si è fatta trovare scoperta dal comune addio del duo che aveva creato il miracolo azzurro, ma non è che la rosa presente in ritiro fosse composta da calciatori amatoriali, tutt’altro. Mi chiedo: capisco che un tecnico di provata esperienza e riconosciute qualità, non possa limitarsi a fare il copia ed incolla del lavoro del tecnico che lo ha preceduto, ma non sarebbe stato meglio, almeno in una fase iniziale, seguire la falsariga di un sistema di gioco vincente, magari dialogando con gli uomini chiave dello spogliatoio, senza voler subito imporre i cambiamenti e la propria mano, visto che non c’erano ancora le basi per metterli in atto? Era una squadra dai meccanismi consolidati, con degli automatismi che la rendevano quasi invulnerabile, con poche, definite, aree di miglioramento sulle quali intervenire. Una per tutte: proprio questi automatismi, questa ripetitività di movimenti in fase di possesso palla, avevano dato modo, a qualche tecnico scafato ed esperto, di poter bloccare le fonti del gioco azzurro, occultare le luci che ne illuminavano la costruzione. Un esempio il Milan dello scorso anno, che fu capace di umiliarci in campionato ed eliminarci dalla Champions, nonostante il distacco abissale in classifica lasciasse immaginare ben altro risultato. Sarebbe bastato, probabilmente, lasciando integro il progetto tattico preesistente, che si fosse andati, poco alla volta, ad integrare, con situazioni tattiche alternative, per essere in grado di non essere troppo prevedibili. Perche invece voler entrare in maniera dirompente sulla squadra, quasi a voler rimarcare ora siamo arrivati noi, e tutto quel che c’era è da eliminare? Si veniva da una marcia trionfale, e non poteva essere facile far credere ai calciatori che, come avrebbe detto il grande Bartali, l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare. E non sarebbe stato facile nemmeno convincere il pubblico che adesso bisognava ridimensionarsi, rientrare nei ranghi, e sperare di entrare in Europa, con un ruolo da comprimario. Mister, qui adesso si deve sempre giocare per vincere. Tutto. Si può non riuscire, ma si deve provare.
Ed invece, in queste settimane, troppi dubbi mi hanno tormentato sul Napoli, e sarebbe bello, comprendendoli, poterli allontanare dai pensieri. Andiamo a Genova, sul campo di una neopromossa, andiamo sotto ma in qualche modo la recuperiamo, si pareggia, il grifone rossoblu è alle corde, spaventato dalla rimonta azzurra, e dalla panchina qual è il messaggio? Fuori Kvara, tra i più forti under23 del mondo, come appena certificato dalla classifica del Pallone d’oro, e dentro Zerbin? La spiegazione é stata, se non sbaglio, che si era mosso bene in allenamento…
Al Dall’Ara di Bologna, nonostante l’ennesima prestazione abbastanza insufficiente, abbiamo la possibilità del vantaggio con un calcio di rigore. Osimhen purtroppo lo sbaglia, e la risposta tecnica é che viene sostituito, anziché affiancarlo con un altro attaccante per provare a vincere. Contro la Lazio, solo il var ci salva da una debacle epocale annullando due reti agli aquilotti capitolini di Sarri. Le varie prestazioni vengono inframmezzate da una serie di infortuni muscolari che portano anche a porsi una serie di interrogativi sulla preparazione. Anche con la Fiorentina si perde in casa, e la società sembra voglia cambiare guida tecnica, ma poi rinuncia, e purtroppo può esserci, da parte di taluni, l’idea che questo sia dovuto più alla mancanza di un adeguato sostituto che ad una piena fiducia nella gestione in corso. Il Presidente si fa vicino alla squadra, presenzia al ritiro, cerca di ridare vigore al suo giocattolo vincente, ma… Contro il Milan siamo ritornati nel baratro: un primo tempo che definire inguardabile non rende l’idea, che sarebbe potuto terminare tranquillamente con tre o quattro reti al passivo. Chiedo: che ci fa Elmas nella mediana con Zielinski e Lobotka? Perché non inserire un mediano a sostegno del regista slovacco? E poi, perché preferire Mario Rui ad Oliveira, lasciandolo in balia delle incursioni rossonere sulla fascia, cui poco poteva opporre per età e fisico, nonostante la solita abnegazione?
Ora siamo davanti ad un nuovo trittico di gare che metteranno lei e la squadra alla prova del campo. Qualcuno le definisce decisive, ma a mio modo di vedere lo sarebbero solo in caso di mancata vittoria: con il dovuto rispetto per Salernitana, Union Berlino ed Empoli, non esiste risultato diverso dalla vittoria, sennò ogni discorso sarebbe inutile. Io spero ancora che mi smentisca, che riesca ancora davvero a dare una svolta alla stagione azzurra, perché un pensiero cupo mi si para dinanzi: dopo la sosta, il vero tour de force, che prevede Atalanta, Inter, Juve, Real. Ho paura che a quel punto, in caso di risultati non positivi, possa essere tardi per porre rimedio. Una piccola nota: il Napoli è campione d’Italia, e non è giusto che abdichi dopo nemmeno un quarto di campionato, appigliandosi alla conquista di un posto in Champions. Questo va bene per la societa, non per i tifosi, che vogliono lottare per vincere.
Se il modulo precedente non la rispecchia, lo lasci, prenda il coraggio a due mani e metta la squadra in campo come crede, senza doversi adattare o camuffare scelte tattiche diverse, è dopo si discuterà dei risultati. Per favore, eviti quelle sostituzioni al risparmio, a strappare il punticino. Quando può, una squadra come il Napoli deve provare a vincere. Sempre. Mi auguro, da tifoso, che riesca a rimettere il timone nel verso giusto, e di poterle in futuro scrivere complimenti ed attestati di stima, di darle fiducia e di non dover piu vedere partite giocate in maniera non degne di una squadra del valore del Napoli, che, ripeto, è Campione d’Italia. Sarà una impresa ardua ma…per aspera ad astra. Forza Napoli Sempre
*Scrittore, tifoso Napoli