di Dario Ricci*
A braccetto, in testa alla classifica e a punteggio pieno, pronte ad apparecchiare un derby stellare, col sabato 16 settembre ore 18 che sono già data e ora segnate col circoletto rosso nell’agenda di tutti i calciofili milanesi e non solo. Sono passate certo appena tre giornate di campionato, ma Milan e Inter lanciano già un segnale ben preciso al campionato, in attesa che quel tardo pomeriggio del Meazza (che appena quattro giorni prima ospiterà la Nazionale di Spalletti nella cruciale sfida con l’Ucraina verso Euro2024) faccia magari scoppiare e disambiguare l’accoppiata cittadina in vetta. Più pronta in verità appare l’Inter, ma non sorprenda: sebbene profondamente rinnovata, è pur sempre la squadra vicecampione d’Europa, detentrice della Coppa Italia e che pure molto ha da rimpiangere rispetto all’esito degli ultimi due tricolori (in particolare, manco a dirlo, il penultimo soffiatole proprio dal Diavolo). E non tragga in inganno l’esito conclusivo della telenovela Lukaku: nel calcio di Simone Inzaghi, più che il bomber a fare gol è il gioco, e non sarebbe quindi una sorpresa scoprire – non alla fine, ma molto molto prima – in Marcus Thuram un attaccante al limite più funzionale dello stesso Big Rom alla coralità di una squadra che intanto (benemerito il solito Marotta ben spalleggiato da Ausilio) ha messo nel motore pure Pavard e Klaassen, cioè piedi buoni e cervelli fini da mettere al servizio della causa nerazzurra.
Il Milan invece porta con sé più fresco e pronunciato il sapore della novità, figlia soprattutto di un’estate avvelenata da un’annata conclusasi molto diversamente da come s’immaginava dopo il successo nella volata scudetto (si veda il mercato sballato della coppia Maldini-Massara, il gennaio terribile che ha pregiudicato obiettivi e ambizioni, il pesante ko nel derby-Champions pur dopo aver eliminato un Napoli ingolfato dalla precedente entusiasmante cavalcata verso il titolo). La rivoluzione di giugno, con l’avvicendamento dei vertici tecnico-dirigenziali, ha chiarito le gerarchie a Milanello: comanda Pioli, con oneri e onori, e il ‘mister’ ha finora risposto come sa, cioè lavorando con pragmatica fantasia per valorizzare il materiale umano (non banale, invero) che il club gli ha messo a disposizione. Non ci sorprenderemmo se fosse capace, il tecnico, di rivitalizzare anche l’ultimo arrivato, ovvero quel Jovic che a Firenze in maglia viola ha fatto spesso vedere la propria versione più sbiadita, e che pure non è esattamente un vice-Giroud, ma che pure è attaccante dotato di istinto e tocco.
Tra i singulti delle romane e le incertezze del nuovo Napoli targato Rudi Garcia (ma qualità delle rose capitoline e dell’allenatore francese fanno immaginare che i rispettivi motori prima o poi sapranno girare a ritmi decisamente più elevati e consoni), l’alba del campionato intanto ci regala il nuovo Lecce targato Roberto D’Aversa come miglior ambasciatrice del Centro-Sud, addirittura appaiata alla Juventus al terzo posto. Certo, di sogni di tarda estate si tratta, ma i salentini meritano un plauso, sia per i 7 punti in graduatoria, sia per come sono arrivati, valorizzando volti nuovi (si vedano ad esempio Almqvist e Krstovic) e rilanciando un tecnico che sembra avere tutte le carte in regola per capitalizzare quel miracolo sportivo che è stata la salvezza ottenuta dai salentini la scorsa stagione, sotto la guida di Marco Baroni, poi emigrato a Verona.
*giornalista di Radio24-IlSole24Ore