Il sentiero del Baffo e di Rombo di Tuono

Nella foto: Sandro Mazzola (foto Imago/Image Sport)

Nella foto: Gigi Riva (foto Aic/Image Sport)

di Dario Ricci *

Una posizione privilegiata, quella della bandierina del nostro calcio d’angolo, inutile nasconderselo. Da qui possono partire traiettorie insidiose e infide che precipitano direttamente nel cuore dell’area di rigore; oppure eteree e rapide divagazioni, apparentemente – ma si spera appunto solo apparentemente – estranee al cuore del gioco, del campionato, del pallone. Ebbene stavolta questo desiderio di fuga, partenza, distanza, distacco credo vada assecondato, proprio nei giorni che ci hanno regalato in rapida sequenza il 78esimo compleanno di Gigi Riva e l’80esimo di Sandro Mazzola.

Chi vi scrive dalla bandierina dell’angolo, non è riuscito a vederla giocare dal vivo, la generazione dei “messicani” (come se poi Riva, Mazzola, Rivera e tutti gli altri fossero stati “solo” quel pur epico mondiale del 1970): sfuggiti alla vista per una manciata d’anni, non moltissimi, ma sufficienti a non cogliere l’essenza diretta di quelle stagioni, quei giocatori, quegli uomini. Una fortuna, questa di non averli visti dal vivo, forse; perché proprio quel vuoto ha alimentato curiosità, ricerca, racconto, memoria, letture, racconti. Sì, il racconto, la parola tramandata, lo sguardo di chi ha visto che si travasa nel tuo, la voce che si piega all’immagine, la parola appunto che si sgrana nel provare a rendere emozioni, azioni, giocate, sensazioni, giovinezza sfumata, goduta, mai vissuta, rimpianta.

Ancora fino a pochi giorni fa chiedevo a un collega – ben più noto, autorevole e abile di penna e di parola – se quest’ Osimhen che incanta e stupisce per furia, volontà e coraggio, potesse essere almeno per sole queste virtù in parte paragonabile a Rombo di Tuono. “Per me no”, la risposta al tempo stesso laconica ed esaustiva, via sms, a darmi – con compostezza, certo, ma anche fermezza e un pizzico di compassione – il senso dell’inadeguatezza di un’idea che quelle poche parole – “Per me no” – hanno definitivamente allontanato da un’incomparabile realtà.

Prezioso e intenso – in questa direzione, di recupero e tutela delle cose nascoste, sfuggenti, e pur imprescindibili e necessarie – il libro che Gigi Garanzini ha dedicato a Gigi Riva (o meglio, che Riva ha scritto tramite la penna e la comunione d’intenti e di visione con Garanzini, come dire che quelle pagine sono sentiero comune prima tracciato e poi battuto insieme dai due fuoriclasse, uniti appunto da valori, silenzi, durezze, vette e abissi, come traspare limpido da ogni riga, da ogni fotografia del volume edito da Rizzoli). Sembra quasi un centone virgiliano, il racconto che Rombo di Tuono fa a e tramite Garanzini: un insieme di immagini, pensieri, emozioni, che il campione strappa furioso e lucido a una memoria che sfugge con passo sempre più rapido, e che sembra a volte inghiottire ogni cosa; poi eccola, improvvisa e chiara, l’epifania, il ricordo, il gol, il telegramma, la frase, che diventa immediatamente narrazione, scenario, quadro d’insieme, ritratto di uomini, donne, storia collettiva.

Quella Storia (dell’Italia tutta, e quindi di tutti noi) che è racchiusa già nel solo cognome di Sandro Mazzola, figlio di Valentino, mito tra i miti del Grande Torino, di quella cerniera fatta di cuoio e lacci che ricucì l’Italia squarciata dal secondo conflitto mondiale. E anche lì a sfogliare libri, cercare filmati d’epoca sul web, e soprattutto chiedere a chi c’era e ha visto e vissuto: ”Ma davvero Rivera e ‘Baffo’ Mazzola non avrebbero potuto giocare insieme? E Riva? Com’era? E Boninsegna? Dimmi, dimmi tu che l’hai visti giocare…”. E rinasce e si perpetua così la magia del calcio, che è appunto racconto, memoria, rito collettivo. Ecco, oggi dalla bandierina è andato lontano e indietro, nello spazio e nel tempo, nelle immagini e nelle emozioni, seguendo il cammino di Baffo e Rombo di Tuono. Alla scoperta di un calcio, e di un’Italia, che non c’è più. Ma che è ancora dentro ognuno di noi. 

*giornalista di Radio24-IlSole24Ore    

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