di Dario Ricci *
A più di un quarto di campionato ormai passato e con in vista la straniante sosta invernale per il Mondiale di Qatar2022, sarà pure il caso – dalla peculiare prospettiva della nostra bandierina – di buttarci un occhio, al lato B della nostra serie A. Cioè non quella parte della classifica che guarda le sideree altitudini della vetta, ma quella invece in cui caviglie, polpacci e pure gomiti sono immersi nel fango, ogni punto è figlio di scaltrezza, lotta e sacrificio, la cima è appena a quota 40, l’abisso della cadetteria è lì, ad appena pochi metri appena, solido e spaventevole nella sua vasta oscurità. Tanto è già accaduto, nella cosiddetta “zona-retrocessione”, e ancora molto ovviamente dovrà accadere. Ma quali sono i confini di questa ancora indefinita palude? La matematica ne traccia alcuni, il senso comune e quanto finora visto sui campi da gioco altri. Perché se è vero che lo scalino di 4 punti che divide l’ottava (al momento la Juventus, a quota 16 punti) dalla nona (il Sassuolo a quota 12) non sembra essere ancora troppo ampio né altrettanto significativo, ancora, per “spaccare” in due il torneo, vero pure che il buonsenso impone di considerare comunque neroverdi e Torino (appaiato all’Empoli a 11 punti) implicitamente al di fuori di questa Pangea alla deriva. Altro discorso – appunto – vale invece per i ragazzi di mister Zanetti, che del “Continente-salvezza” fanno parte a pieno titolo, così come ragionevolezza richiederebbe di non includere nel braccio di ferro dei bassifondi la Fiorentina.
E poi però, c’è l’unico giudizio che conta, quello del campo, appunto, che finora ci ha fatto vedere i viola arrancanti, un Sassuolo che rischia di ritrovarsi troppo presto senza altri obiettivi se non quello di essere l’abituale e florido “vivaio” d’Italia, un Torino che potrebbe risentire del ko nel derby e soprattutto delle dichiarazioni del dopogara del suo timoniere Juric, quasi rassegnato a una dialettica con la società che difficilmente porterà in granata a gennaio quei giocatori necessari per fare un altro salto di qualità.
Variabili, insomma, queste, al momento non quantificabili; tangibile finora invece l’impatto di Palladino sulla panchina del Monza, rimesso dal nuovo tecnico in linea di galleggiamento dopo un duro inizio di stagione che ha portato all’esonero di Stroppa. Ecco, forse il vero “scalino” percettivo e psicologico consta di un punto appena, quello che separa i brianzoli (con Fiorentina e Salernitana a quota 10) dallo Spezia (sotto di appena un punto), perché quella dei liguri sembra rosa di qualità inferiore, col solo Nzola a far legna (e gol, quando si riesce…) in avanti, mentre ad esempio i campani sembrano aver trovato nel loro variegato reparto offensivo (Piatek, Dia, Bonazzoli, Botheim) un appiglio in qualche modo più certo, pur nella sua incostanza di rendimento. Il bomber che potrebbe fare la differenza (e che anzi la sta già facendo) c’è, ce l’ha il Bologna e risponde al nome di Marko Arnautovic, l’ “Ibra dei poveri”, ma anche in questo caso fisico e volontà traballano sotto la pressione dell’età e di un talento dissipato in mille rivoli. A Thiago Motta ora – dopo il tramonto dell’intensa relazione tra i rossoblu e Mihajlovic – rimettere al tempo stesso l’austriaco al centro del progetto, valorizzando anche quel Zirkzee E che dire degli ultimi tre gradini della scala, quelli con vista mozzafiato certo, ma proprio sull’infinito abisso? Il Verona stravolto e impoverito dal mercato estivo ha giubilato Cioffi, ma molto difficilmente potrà trovare in Bocchetti il suo nuovo demiurgo vincente, in assenza di un cambio di rotta societario nel mercato di riparazione. Volenterosa e fragile al tempo stesso, la Cremonese di Alviti, per la quale la speranza è che non cada nella tentazione di considerare troppo presto finito il suo campionato, quando (ovvio auguriamo ai grigiorossi il più tardi possibile) la matematica presenterà dalle parti dello ‘Zini’ somme e sottrazioni tanto semplici quanto crudeli nella loro schiettezza. E che dire infine della Sampdoria che dopo l’addio a Giampaolo s’è affidata – in attesa di chiarezza, speranza e denaro fresco sul fronte societario – a Dejan Stankovic, esordiente su una panchina della nostra massima serie? Proprio a Marassi il serbo segnò con la maglia del Genoa un gol leggendario da centrocampo; prodezza che passerebbe dritta dritta nel dimenticatoio, dovesse ora conquistare la salvezza con la versione attuale dei blucerchiati.
*giornalista di Radio24-IlSole24Ore