Anoir Assou
L’Inter si riprende San Siro e la vetta della classifica con una prestazione di autorità, un manifesto di forza pensato per mettere in chiaro a tutto il campionato che le due sconfitte recenti erano un inciampo, non un cambio di rotta. Il Como di Fàbregas, rivelazione per idee e coraggio, arrivava da undici risultati utili consecutivi: un biglietto da visita importante, ma insufficiente per reggere l’urto del miglior avvio nerazzurro degli ultimi mesi. L’Inter entra in campo come se dovesse recuperare un debito. I primi venti minuti sono un assedio lucido, feroce, continuo. La pressione è altissima, i ritmi brutali, il palleggio verticale di una pulizia rara. È in questo vortice che Luis Henrique — alla terza da titolare, finalmente vivo e dentro la partita — confeziona l’azione che rompe l’equilibrio: conduce, strappa, cambia passo in campo aperto, salta l’uomo e serve a Lautaro un pallone che vale doppio. Il capitano chiude senza pensarci troppo e timbra la sua trentesima vittima diversa in Serie A: nuovo primato personale e momentaneo capocannoniere. San Siro esplode, l’Inter si scioglie. Poi i nerazzurri abbassano i giri del motore e il Como può respirare. Fàbregas chiede palleggio, coraggio, linee alte: filosofia identitaria che li ha portati in alto, ma che a San Siro diventa quasi un atto di fede. I lariani si muovono bene, fluidi, con idee chiare, ma restano innocui. L’inerzia tecnica è troppo sbilanciata, e l’unico sussulto della prima frazione è l’intervento al limite di Diego Carlos che rischia di lasciare i suoi in dieci dopo un doppio fallo su Lautaro e Thuram.
Nella ripresa cambia tutto: il Como esce dal tunnel con un pressing aggressivo, quasi rabbioso. L’Inter va in difficoltà per qualche minuto, ma ogni rischio preso dagli ospiti spalanca praterie alle spalle della loro difesa. È un equilibrio instabile, destinato a rompersi. E si rompe sul primo calcio d’angolo ben battuto da Dimarco: traiettoria a rientrare, mischia veloce, Thuram mette il piede giusto e fa 2-0. Letale. Il Como però non cala la testa. Continua a giocare, fedele all’idea di Fàbregas, ma la differenza mentale tra le due squadre è abissale. L’Inter è solida, sicura, feroce quando serve. E al minuto finale simbolico — dieci dalla fine — Calhanoglu pesca la sua mattonella preferita: destro chirurgico dal limite, fotocopia del gol alla Fiorentina, ed è 3-0. Partita chiusa.
C’è ancora il tempo per il quarto gol: da quinto a quinto, Dimarco pennella per Carlos Augusto che chiude la serata sul 4-0. È il sigillo finale su una prestazione travolgente, che punisce una squadra coraggiosa ma troppo spregiudicata per pensare di uscire indenne da San Siro contro un’Inter così. L’Inter riprende la vetta, saluta il pubblico con un sorriso liberatorio e aspetta le risposte di Juve, Napoli, Milan e Roma. Il Como torna a casa sconfitto, ma senza rinunciare alla propria identità.






