Salvatore Savino *
E così, anche a San Siro, più che le luci dolci del ricordo cantate da Vecchioni, a brillare sono gli occhi ammalianti della Sirena Partenope. È lei, con la sua bellezza, le sue curve ammalianti, il suo canto melodioso che ti rapisce e ti conquista, ad essere al centro dell’attenzione di mezza Italia. Che sia raccontata dal capolavoro di Sorrentino nelle sale cinematografiche, o, ed è quella di cui ci occupiamo, che sia narrata dalla squadra guidata da Antonio Conte, è Partenope la regina. Troppo brutta per essere vera la stagione scorsa, tanto da far pensare che la sirena si fosse nascosta tra gli scogli, vicino a Megaride, celata dalle mura di Castel dell’Ovo, lasciando i naviganti spaesati, in balia delle onde, che vedevano il loro sogno infrangersi miseramente, schiumando sulla scogliera. Agli albori dell’estate, gli occhi cerulei di un grande nocchiero, partito dall’antica Lupia, che nei secoli divenne Lecce, dopo aver navigato per tanti mari e conquistato terre straniere, dove del mare restava solo il profondo respiro del suo cuore, si trovò, dopo un tempo di riposo, a dover riprendere il suo viaggio. Una Circe, nelle vesti di un diavolo, cerca di irretirlo, di convincerlo a restare con lei, ma lui tentenna. Non sa perché, ma non sente quella come la sua meta, non immagina che restare con quel diavolo possa essere la scelta giusta, per quanto anche la maga rossonera possa avere il suo fascino, la sua malia seduttiva. Sente che il suo cuore ha bisogno di felicità, di amore, di passione incondizionata, ed allora prepara il suo fedele equipaggio e si rimette in viaggio. È ormai estate: il sole guida la rotta della nave verso sud, quando il comandante sente un canto melodioso, affascinante, provenire dalla scogliera, e capisce che quella è la meta che voleva. Come merita un grande condottiero, incontra il suo nuovo popolo nel Palazzo Reale della città, e da quel momento ne diventa il comandante assoluto.
Veniamo alla battaglia di San Siro: tutta la penisola italica non azzurra era in attesa di poter recitare, se non il de profundis, almeno godere di una battuta d’arresto dell’armata partenopea. I tifosi delle altre squadre, che magari non credevano né che la sirena si destasse, né tantomeno che il prode Salentino ne sarebbe rimasto incantato, hanno atteso che le squadre entrassero in campo con la malcelata convinzione che la Circe rossonera si sarebbe vendicata dello sgarbo subito, ma è andata molto diversamente. L’ equipaggio azzurro si è schierato in campo con la sicurezza di chi sa di essere forte, di chi è cosciente di avere le spalle salde, aggredendo l’avversario con vigore. Pochi minuti, e Romelu Lukaku, Il gigante dai muscoli di ebano e dal sinistro ben educato, imbucato dal leone d’Africa Frank Anguissa, si libera dei due centrali rossoneri, che quasi gli sbattono contro, e con la freddezza dei campioni trafigge Maignan. Conte muta di continuo l’assetto tattico della sua ciurma, difendendo ora a quattro, ora a cinque, aggredendo alto o tenendo il baricentro basso, dando al Milan l’illusione di stare attaccando con pericolosità. Si va verso l’imbrunire del primo tempo, quando compare il fuoriclasse, il genio, che decide di mostrare a tutti perché il calcio può essere anche arte o poesia. Kvara si accentra, palla al piede, e raggiunto il punto stabilito nel suo piano d’attacco, prende pennello e tavolozza e dipinge un arcobaleno che va a trovare conforto nell’angolino basso. La partita è finita lì, tutto il resto è stata illusione rossonera di poter rialzare la testa e convinzione azzurra di essere superiore all’avversario. Tutta la ciurma ha seguito le indicazioni del proprio comandante, in piedi sulla prua della sua nave, davanti alla panchina, che li guidava con intensità e presenza. Mi piace in questa occasione ricordare due calciatori: Meret, che io per primo ho aspramente criticato, sta giungendo ad una maturità tecnica e mentale che lo sta portando ad insidiare il posto del miglior portiere del campionato: l’uscita bassa in emergenza del primo tempo e la parata sulla bomba di Leao nella ripresa sono degne di nota. Il secondo è Mathias Oliveira: non sarà un fuoriclasse, non incanterà le folle con sapienti tocchi di classe, ma svolge i compiti assegnati dal comandante Conte con abdicazione ed attenzione, che venga schierato esterno nella difesa a quattro o centrale in quella a tre, l’ uruguagio non tradisce. A San Siro Oliveira ha tenuto prima a bada Chukuweze, di certo avversario non facile, poi ha chiuso con diagonali e marcature preventive ogni possibile pericolo passasse dalle sue parti. Bravo Mathi. Domenica alle 12,30, a Fuorigrotta, il nostro Ulisse incontrerà un’altra Dea, Atalanta, famosa per la sua velocità e abilità nel cacciare. Conte, novello Ippomene, sarà di certo capace di trovare il modo di rallentarla, distraendola dal suo costante attaccare. Non lo farà con tre mele d’oro, ma chissà, con il suo Tridente d’attacco, che d’oro è davvero. Ancora buon vento alla nave di Ulisse Conte, che il mare sia propizio, così che tutti quanti noi, innamorati di Partenope, possiamo continuare ad ascoltare il melodioso Canto d’amore. Forza Napoli Sempre
*Scrittore, tifoso Napoli