Tra l’oggi e il domani

Salvatore Savino *

Il Napoli sta decidendo cosa fare di sé stesso.  Dopo il trionfo dello scorso anno, questa stagione si sta avviando verso il suo crepuscolo, e ancora non è chiaro se tutto finirà in un colossale fiasco sportivo, senza il raggiungimento di nemmeno uno dei traguardi che ci si era prefissati all’inizio della stagione, o almeno, con un moto di orgoglio, si possa portare a casa una qualificazione alle coppe europee: bottino magro rispetto alle aspettative, ma almeno una forma di dovuto risarcimento nei confronti dei tifosi, umiliati ed offesi, per dirla alla Dostoevskij. Quale sarà la strada possono saperlo solo tecnico e calciatori. A giudicare da quanto hanno proposto contro il Frosinone, le aspettative di un cambio di rotta si sono ulteriormente affievolite, anzi, a dirla tutta, sono quasi spente. Tuttavia, poiché il tifoso ha il diritto, per sua stessa genesi, a credere che tutto sia possibile, e che tutte le partite si possano vincere, continuiamo a nutrire una minuscola, impercettibile speranza, che le prossime sei partite che mancano alla fine del campionato, si possano vincere, e, conseguentemente, ottenere un posto in Europa per la prossima stagione. Con maggior freddezza e raziocinio però, dobbiamo guardare avanti, dobbiamo pensare a costruire il futuro della nostra squadra del cuore. I risultati negativi, le prestazioni talvolta imbarazzanti di alcuni calciatori, le scelte apparse inspiegabili dell’attuale tecnico, unite a qualche spiffero che esce dagli ambienti azzurri, portando all’esterno un logico e naturale malcontento, non lasciano molto spazio ad interpretazioni ottimistiche, anzi, credo proprio che sia giunto il tempo dell’ennesima operazione di repulisti all’interno dello spogliatoio partenopeo. Motivi tecnici, tattici, caratteriali, hanno probabilmente dato fuoco ad una polveriera fino a questo momento tenuta blindata dai risultati. Quando questi vengono a mancare, come la storia del calcio insegna, vengono a galla tutti gli aspetti negativi che sembravano lontani rispetto allo spogliatoio azzurro: lamentele, vedute opposte, calciatori che non vengono impiegati più, altri che sentono il peso di un ambiente che, nel momento difficile, non è quel nido accogliente che era lo scorso anno. La società starà di nuovo di sicuro muovendosi alla ricerca della migliore soluzione per la prossima stagione, e questo lavoro parte dal nuovo tecnico, visto che la scelta sul ruolo del direttore sportivo sembra sia già stata effettuata, nella persona di Manna. Poiché, come diceva Lord Byron, ” il miglior profeta del futuro è il passato”, c’è da augurarsi che l’esperienza maturata sugli errori del recente passato, dalla scelta di Garcia e poi dei suoi sostituti, a quella di cessioni importanti a fronte di arrivi “scommessa”, serva alla società da monito, perché non si ripetano. Che si parta da un assunto indiscutibile: resti a Napoli solo chi vuol farlo con tutte le sue forze, solo chi crede di voler lottare per onorare una maglia ed un popolo, al di là del proprio valore tecnico. Uno spogliatoio che viene da una stagione così negativa, ha bisogno di un grande lavoro di rigenerazione: occorre svecchiare, occorre cedere chi forse ha già dato tutto quel che poteva a questo club, così come chi si sente talmente forte da poter ambire a una squadra top (bisognerebbe dimostrarlo con i numeri non a chiacchiere però). Il nuovo tecnico, chiunque sarà, si troverà davanti a un compito arduo ma affascinante: riportare la squadra al livello di vertice a cui ormai si è abituata. Per farlo, deve ricordare che a Napoli questo vertice si è ottenuto sempre attraverso il bel gioco, la propositività, i grandi calciatori, e non con il metodo sparagnino di qualche allenatore ancora oggi al lavoro su panchine prestigiose. Dovrà ricordare sempre, come in un mantra quotidiano, che qui ha giocato il più grande di ogni tempo, che ha portato il Napoli sulla vetta del calcio mondiale, e che ancora oggi, a decenni di distanza, viene non solo amato, ma addirittura venerato, da ogni napoletano, persino da chi, per la giovane età, non lo ha mai visto giocare, ma se ne è innamorato dai racconti dei padri o dei nonni. Ebbene sì, caro mister di cui non conosco ancora il nome, questa è la squadra di Diego, dei Careca, dei Sivori, dei Cavani e Lavezzi, fino ad Osimhen. Comprenderà che non può accontentarsi dei comprimari o di un gioco senza brividi. La città di Eduardo, Totò, Pino Daniele e  Massimo Troisi, non può vedere sul proprio palcoscenico guitti o attorucoli da festa paesana. Cerchi prima di tutto uomini. Scelga chi aspira a vestire la maglia azzurra come un traguardo, non come una partenza. Scelga uomini che abbiano un’anima, che sappiano soffrire insieme ai compagni, che siano disposti ad aiutarli nelle difficoltà, e a gioire nelle vittorie, ma sempre insieme. Scelga calciatori che sposino la città, le sue tradizioni, la sua cultura, e persino i suoi problemi, la sua affettuosa invadenza, ma anche l’enorme capacità di amare. Scelga uomini che siano adatti al suo modo di intendere il calcio, non per il nome o altro, ma faccia in modo da farli rendere al massimo. Sa come diceva Einstein? ” Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua abilità ad arrampicarsi sugli alberi… lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido…” Per questo, imponga, sì imponga, alla società, di metterle a disposizione i calciatori più confacenti alla sua idea di gioco: si circondi di ragazzi affamati di gloria, di voglia di vincere, di capacità di sentirsi rappresentanti di una città e di un popolo, e vedrà che, come accaduto a quasi tutti quelli che hanno avuto la fortuna e l’onore di lavorare per questa città, unica e inimitabile, imprimerà il nome di Napoli sul suo cuore per sempre. Ancora non la conosciamo, mister, ma le siamo accanto. Ci faccia sognare di nuovo, lo meritiamo. Forza Napoli Sempre

*Scrittore, tifoso Napoli

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