Quando l’Azzurro è un valore da difendere

Nella foto: Roberto Mancini (foto di SALVATORE FORNELLI)

di Dario Ricci * 

Il “fastidio” è finito. La giostra – o meglio il carrozzone – può ripartire, con un ritmo folle che quest’anno non porterà solo all’assegnazione del platonico titolo di campione d’inverno, ma forse già al “vero” tricolore, visto il peso specifico di quanto accadrà in campo da qui al calcio d’inizio del mondiale quatariota. Il “fastidio”‘, ovvio ha il colore azzurro e veste la maglia della Nazionale. Tale è infatti considerata dai più la rappresentativa guidata da Roberto Mancini, che con le sue sofferte “incursioni” nella stagione interrompe – secondo la vulgata – il flusso di emozioni dai duelli fra i club. Ad alzare il volume dei peana di critici e detrattori, poi, si sono anche stavolta aggiunti gli infortuni e la polemica sui relativi ingaggi dei giocatori finiti ko, ovviamente pagati dagli stessi club che ora purtroppo dovranno privarsene.

Ora che la serie A è ai nastri di (ri)partenza, credo sia opportuno – sfruttando la visuale peculiare offerta dal nostro “speaker corner” – provare a fare ordine, ricordando concetti fondanti e fondamentali, seppur tanto evidenti da risultare quasi banali. Da applausi il lavoro fatto da Roberto Mancini: con ancora nel cuore l’amara eliminazione dal Mondiale quatariota, ha saputo tener fermo tra le mani il timone della caravella azzurra, che rischiava di schiantarsi sugli scogli dopo il pesante 5 a 2 rimediato a giugno in Germania. Ma il Mancio ha tenuto duro, lavorato sodo, portato a casa la qualificazione alle Final Four di Nations League, messo al sicuro il sorteggio per i prossimi Europei, riallacciato il legame emotivo col popolo azzurro, lanciato qualche giovane e rilanciato qualche altro senatore, fatto capire almeno ai giocatori che l’Azzurro è una cosa seria, e che gloria (e valore di mercato) passano anche per Coverciano. Chapeau.

Val la pena anche ricordare che ormai dal 2019 – in merito agli infortuni – Uefa e Fifa hanno varato un protocollo che garantisce (pur con alcune limitazioni) ai club non banali indennizzi per gli infortuni che i giocatori subiscono durante l’attività nelle rispettive Nazionali. Senza trascurare poi il valore emotivo e il fascino che ancora e sempre emana quella maglia azzurra, e che dovrebbe essere valore da capitalizzare, e non da svalutare, per tutto il movimento. In questo contesto, allora, ben venga l’esperimento ormai in atto, di concentrare gran parte dell’attività della Nazionale a giugno, conclusa la stagione dei club, ma senza demonizzare le abituali “finestre” durante la stagione: il conflitto tra club e Nazionale ha il solo effetto di impoverire ulteriormente un movimento calcistico che nelle ultime stagioni – con la gestione Mancini – proprio grazie agli Azzurri ha messo in luce il proprio volto internazionale più convincente (e vincente).

*giornalista di Radio24-IlSole24Ore

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