Allegri si confessa tra passato, presente e futuro

Nella foto: ALLEGRI (Foto Gino Mancini)

L’attesa sta per finire, perché Massimiliano Allegri è pronto a tornare in pista. Intanto ha ripreso a parlare, e lo fa fatto  a “‘Sky Calcio Club”, dove si è confessato tra passato, presente e futuro. Mai banale, un piacere ascoltarlo. E tanto per rompere il ghiaccio, una battuta in avvio di trasmissione “Spero di non dire troppe ca**ate”… e poi eccolo a trecentossessanta gradi a ripercorre la sua carriera, senza disdegnare (ma solo un passaggio) sul futuro.

Vai al Napoli o alla Roma.
“Non so ancora niente. Mi fa piacere essere qui, fare una chiacchierata. È un po’ che non chiacchiero. Ho visto poche partite, quando non alleno ne vedo poche, non mi diverto. Ora ne ho viste per cercare di capire le sostituzioni, ma non ne indovinavo una. Ho visto Tottenham-Bayern l’anno scorso e il Bayern mi fece una buona impressione. Ho fatto delle riflessioni, penso che per il calcio italiano dobbiamo rimboccarci tutte le maniche. Credo che le eliminazioni delle italiane debbano farci riflettere. Spesso si parlava di me in contrapposizione ai ‘giochisti’. Io sono cresciuto con allenatori vecchio stile e credo che non sia tutto da buttare né questo né quello. Il calcio è roba seria, serve equilibrio. Bisogna mettere al centro di nuovo il giocatore e lavorarci. La tattica serve, ma poi in Europa affronti giocatori che passano la palla a 100 all’ora. Dobbiamo farci delle domande, riprendere a lavorare sui settori giovanili e sulla tecnica individuale. A me dispiace dirlo, ma i giocatori sono diventati uno strumento per dimostrare che gli allenatori sono bravi. Io sono stato innamorato perso dei miei giocatori, ieri ho visto con mio figlio un servizio su Ronaldinho e mi sono emozionato. Non si può mettere al centro la tattica se non hai i giocatori giusti”.

Sono più bravi i giocatori di Porto e Borussia di quelli di Inter e Juventus?
“Non so se hanno giocatori più bravi di Juve e Inter, ma bisogna fare un passo indietro e tornare a lavorare dall’ABC. Chi è che non fa la costruzione dal basso? la Juventus è stata sfortunata, forse avrebbe anche meritato di passare, ma io ne faccio un discorso globale. I giocatori bravi tecnicamente è un piacere vederli e bisogna curare questo aspetto soprattutto nelle giovanili. Bisogna avere dieci giocatori che si passano bene la palla, se no diventa un problema”.

È questo che ha portato te e la Juventus a dividere le vostre strade?
“Io alla Juventus sono stato cinque anni benissimo, la chiusura è arrivata in modo naturale. Mi dispiace che la Juventus abbia perso, ma dobbiamo dare meriti al Benevento. Non guardiamo sempre le cose negative, il Benevento oggi ha fatto una partita per cui ha meritato di vincere, ha preparato bene la gara. Parliamo anche di chi fa le cose per bene e non solo di chi le fa male”.

Cosa ti ha detto Andrea Agnelli quando vi siete divisi?
“C’è stata una diversità di vedute. Alla Juventus devi vincere. Se sapevo di Sarri? No, assolutamente. Non ce ne siamo nemmeno resi conto, è stata una chiusura naturale. La scelta è stata del presidente ovviamente, ma con lui sono rimasto in ottimi rapporti. Cono stati cinque anni fantastici e irripetibili, c’era tanta positività, sono state fatte delle scelte di mercato importanti”.

Da Marbella entra in collegamento anche Fabio Capello che lo accoglie con un sorriso: “Finalmente si parla di calcio, Massimiliano. Eri in astinenza”. E lui, Massimiliano, “Mi fa piacere essere qui a parlare un po’ di calcio”.

Dopo tanti anni è difficile riuscire a trasmettere le stesse cose?
“Credo di sì e anche per questo credo che sia arrivata la decisione di Paratici e Nedved di cambiarmi. Avevamo fatto tanti punti, vinto lo Scudetto in 30 giornate, poi è arrivata la chiusura naturale dopo la sconfitta contro l’Ajax. Sono molto legato alla Juventus, a livello personale mi lego molto, sono rimasto legato anche al Milan e al Cagliari. Sono uno passionale”.

Torneresti alla Juve?
“Ora è impossibile dirlo, poi c’è Andrea che secondo me sta facendo bene”.

La stagione di Pirlo fin qui?
“Come si fa a spiegare come si fa l’allenatore? Ci sono due allenatori: quello dal lunedì al sabato che fa un mestiere, la domenica poi ne fai un altro, sono tante situazioni, imprevisti. Che ne sai se dopo 5 minuti ti buttano fuori uno? Sono cose che non ci sono mica scritte sui libri. Per questo io mi battevo e mi batto ancora sul fatto che la gestione delle risorse umane è fondamentale. L’allenatore vive di sensazioni, quando sei in campo – e Fabio è il numero uno – è un’altra cosa. Secondo me ci sono delle cose come la comunicazione, la gestione delle risorse umane dentro e fuori dal campo, che non sono scritte su nessun libro”.

Alcuni giocatori, come Cristiano Ronaldo, sono delle vere multinazionali. Cambia per la gestione?
“Cambia sicuramente. Se si cambia di categoria cambiano le cose, altrimenti non esisterebbero le categorie. Io ho avuto Ronaldinho, Ibrahimovic, Ronaldo, Tevez, Chiellini… È sicuramente più facile la gestione. La cosa fondamentale è il rispetto che devi avere di loro e che loro devono avere di te. Ma sicuramente davanti hai delle aziende. I social imperversano, io non sono molto social ma mi rendo conto che anche questo è cambiato, la tecnologia è andata avanti. Per loro devi essere un punto di riferimento e la gestione, indipendentemente dalla tecnica e dalla tattica, delle risorse umane fa la differenza”.

Galeone ha detto che hai rifiutato quattro squadre.
“L’unica che tre anni fa mi cercò fu il Real Madrid ma ero ancora in parola con la Juventus. Sicuramente a giugno voglio rientrare. Mi manca godere delle gesta dei miei calciatori, io ho imparato anche molto da loro. Ad esempio contro il Barcellona misi Dani Alves su Neymar, ai giocatori piace fare l’uomo contro uomo, dimostrare di essere più forti dell’altro”.

Capello: “Adesso marcano tutti a zona…”
“Bisogna trovare sempre un equilibrio, per me non c’è un dogma. La partita è sempre diversa, alle tre è una partita, alle tre e mezza è un’altra e così via, altrimenti finirebbero tutte 0-0. Una volta ho sentito l’allenamento di Messina che disse che le grandi sfide si vincono con le grandi difese. La finale contro il Real Madrid noi l’abbiamo persa perché abbiamo difeso peggio di loro”.

Cosa manca alla Juve per tornare in finale di Champions?
“Non so cosa manca. Una cosa che mi ha insegnato Fabio Capello è che vedendo i giocatori dall’esterno forse li avrei mandati via, mentre allenandoli poi è un’altra cosa. Come faccio a dire cosa manca? Io dico che la Juventus ha lavorato bene, è in finale di Coppa Italia, sta lottando per entrare nei primi quattro posti in campionato. Poi non dimentichiamoci che il Covid ha stravolto tutti gli equilibri”.

Cosa è mancato invece in campionato?
“Chiesa sta facendo delle ottime cose, Morata è partito bene e poi ha avuto quel virus. Il centrocampo è stato cambiato completamente in blocco. Secondo me qualità ne hanno, poi ora Barzagli non c’è più, Chiellini gioca meno, devi ricostruire l’anima della squadra. Serve calma, i giocatori non sono come le macchine. Tutte le squadre sono passate da momenti belli a momenti meno belli. La Juventus ha la possibilità di vincere la finale di Coppa Italia, se entra in Champions penso che sia un’annata positiva. Forse poteva essere più vicina all’Inter, ma bisogna capire le dinamiche, valutare alcune cose. Ma se nel campionato italiano i migliori sono ancora quelli più avanti con l’età come Ronaldo, Ibrahimovic e quando gioca Chiellini vanno fatte delle riflessioni”.

Haaland perché è andato al Borussia Dortmund?
“Questo non lo so, ma parlerei anche degli italiani. In questo momento il calcio italiano per problemi tecnici è indietro. Mancini ha tutto il peso addosso perché ora tutti si aspettano che vinca l’Europeo anche se le italiane sono uscite dalle coppe. Con l’equilibrio giusto bisogna ragionare in un altro modo, magari possiamo attraversare tutti insieme degli anni di magra per ricostruire. I giovani io capisco che dopo due partite le valutazioni schizzano, ma a bruciarli fai presto. Se c’è il frigo pieno non hai fame”.

Forse bisogna chiedere di più alle squadre di vertice?
“Bisogna lavorare di più sui settori giovanili. Forse bisognerebbe fare una riforma dei campionati, c’era la cosa delle squadre B ma alla fine solo la Juventus l’ha fatta. Dovresti fare dei campionati per far giocare i giovani, ma al momento solo la Juve ha fatto la seconda squadra”.

Tu vorresti partecipare di più alle campagne acquisti?
“Soprattutto post Covid io credo che l’allenatore debba avere una visione diversa e lavorare più dentro la società. Sicuramente devi restare più a lungo per poter lavorare e portare le tue idee. Lavorare a lungo vuol dire portare anche valore e quindi vantaggi alla società a livello di introito. Se non si possono prendere la prima o la seconda scelta in un ruolo, si prenderà il terzo”.

Saresti stato contento della rosa della Juve a inizio stagione?
“La rosa della Juvetnus è un’ottima rosa. Io credo che l’Inter vedendola dall’esterno, soprattutto dopo l’uscita dalla Coppa, è una squadra che può giocarsi un quarto di finale o una semifinale di Champions League. Barella e Bastoni sono cresciuti molto. Al momento l’Inter è più consolidata, è già dall’anno scorso che Conte sta facendo un gran lavoro, secondo me ha la possibilità di fare l’anno prossimo una grande Champions”.

Eriksen?
“Secondo me Antonio è stato molto bravo ad aspettarlo e a portarlo alla fine a giocare in quel ruolo. Ci ha lavorato in allenamento e poi piano piano ci è arrivato In Italia c’è più tattica, se arretri Eriksen di 10 metri, rispetto a dove giocava in Inghilterra, ti mette la palla dove vuole”.

In Europa vediamo una differenza di ritmo, ma c’è anche una mentalità diversa?
“Io credo che una buona percentuale dipenda dalla cultura del Paese, il nostro dna è così. A volte quando parlo faccio esempi anche di società. A me è capitato di allenare la Juventus e il Milan che sono due società agli opposti. Berlusconi era uno che si è presentato e faceva lo showman, la Juventus aveva dietro la famiglia più potente d’Italia e la FIAT, la mentalità dei due club è diversa, Milano è diversa da Torino. Ma anche all’estero il Real Madrid è diverso dal Barcellona. Conoscere il dna della squadra dove vai ad allenare è fondamentale”.

Cristiano Ronaldo?
“Anche lui è umano e può sbagliare, ma come si smarca e attacca la porta lui lo fanno in pochi. La forza di Cristiano è di avere una testa meccanizzata per vincere, ha vinto cinque Palloni d’Oro, Champions, si dà stimoli tutti i giorni. Normale che quello che gli gioca a fianco debba capire che lo spazio che lascia lui, deve occuparlo l’altro”.

Alla Juventus gli attaccanti volevi farli giocare tutti?
“Dopo Firenze dissi ai ragazzi che avrei fatto giocare i migliori e li ho responsabilizzati. Mandzukic poveraccio con Cristiano Ronaldo ha corso più che in tutta la carriera… ma non toccatemelo. È un giocatore fantastico. Impazzivo anche per Robinho che era il mio figlioccio. Una volta Seedorf fece due panchine e mi disse che non gli era mai successo, gli dissi di stare attento che si faceva anche la terza. Robinho a volte teneva la palla anche 40 secondi da solo con quelle gambette”.

Dimmi cinque nomi per il ruolo di centravanti.
“Io dico Benzema, Lewandowski, Higuain che secondo me è un giocatore fantastico, Ibrahimovic io avevo sempre detto che avrebbe fatto il centravanti. Se l’avesse fatto dieci anni fa… Kean mi piace ma non è ai livelli di Lewandowski. Haaland c’è da lavorarci a livello tecnico ma ha uno strapotere incredibile. Ma Benzema è incredibile. Al Real sono passati tanti centravanti, ma alla fine ha giocato sempre lui”.

Un giudizio sulla Nazionale di Mancini. Ci va lei dopo di lui?
“Intanto Mancini rinnova fino al 2024, quindi c’è tempo. Mancini ha fatto un grande lavoro, la Nazionale è cresciuta in autostima. Tutti lavorano con un obiettivo comune, quello di fare un grande europeo”.

Ronaldo o Messi?
“Sono due giocatori diversi, direi che uno è più grande e uno è più forte”.

Difesa a tre o a quattro?
“Alla Juventus non abbiamo quasi mai giocato a tre, Galliani a cui faccio gli auguri per la guarigione diceva sempre che nessuna grande squadra ha mai vinto la Champions giocando a tre”.

Iniesta o Pirlo?
“Sono due giocatori diversi, posso dire Pirlo perché l’ho allenato ma anche Xavi mi faceva impazzire. Quel Barcellona me lo sognavo di notte anche perché l’ho incontrato quattro volte nel giro di un anno”.

Suarez o Morata?
“Per la carriera dico Suarez, ma Alvaro è un giocatore da partita secca. Se c’è una gara secca lui la decide, è micidiale in quelle. Nella vita purtroppo, piaccia o non piaccia, ci sono le categorie”.

Lukaku e Lautaro?
“In questo momento è la miglior coppia d’attacco che c’è in Italia. È stato molto bravo Conte a farli giocare insieme, pur avendo caratteristiche diverse sono simili e si integrano bene insieme”.

La famosa gara in cui hai tolto la giacca?
“Era l’ultima partita prima della sosta. Dicevo sempre ai ragazzi: “Non mi rovinate le vacanze, prima della sosta non voglio perdere”. E quella volta entrò Lichsteiner che fece uno stop al contrario dentro l’area e prese una traversa e mi tolsi la giacca. Sono stato inca**ato per due ore”.

La gara contro il Frosinone?
“In quell’allenata facciamo più danni del terremoto. Si gioca col Frosinone, al 93′ Dybala batte un angolo, dribbla e perde palla: angolo e gol. Lui era alla sua seconda partita alla Juventus: in bianconero quella palla sull’1-0 la tieni, non c’è bisogno di fare il 2-0”.

Ti tufferesti nella Premier o nella Liga?
“In questo momento non so veramente niente. Il fascino dell’Inghilterra e la Spagna ci sono, ma sarei contento anche di rimanere in Italia”.

San Siro e l’Allianz Stadium?
“San Siro è molto pesante, lo stadio di Torino anche lo è, ma San Siro di più. Al Cagliari avevo dei giocatori bravi a cui ero molto legato, ero convinto che alcuni potessero giocare nel Milan, poi sono entrato a Milanello e ho visto che il livello tecnico era diverso. Giocarci ogni settimana è pesante”.

Chiellini e Barzagli?
“Quando li vedevi due contro due vedevi proprio che godevano a difendere, una roba straordinaria”.

Me la ripeti quella cosa che dicesti su Buffon?
“La prima volta che arrivai alla Juventus si giocava a Chievo, vidi i dati del possesso palla e Buffon aveva un minuto e 39, allora dissi alla squadra che o non passavano più la palla a Buffon o gli toglievo il portiere. In tutte le cose ci vuole equilibrio, si può giocare anche da dietro ma con equilibrio. Stasera ci siamo divertiti, io dico che un grande leader è quello che riesce a trovare la soluzione ai problemi. Se mi chiedono come si fa l’allenatore io non lo so, forse lo sa Fabio. Io non volevo andare contro a uno o all’altro, ci vuole equilibrio. L’allenatore si deve mettere al servizio dei giocatori, se tu diventi bravo è per merito dei giocatori che ti fanno vincere le partite. Io di partite ne ho fatte perdere, spero poche. L’allenatore più bravo è quello che te ne fa perdere meno. Bisogna avere buon senso come in tutti i mestieri”.

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