Francesco Raiola
C’è una notte in cui il calcio smette di essere cronaca e torna racconto. Napoli–Bologna di Supercoppa è stata questo: una storia breve e intensa, risolta con la forza delle idee e del gioco prima ancora che con i muscoli, una vittoria che pesa perché arriva quando conta e perché dice molto più di quanto mostri il tabellino. Il Napoli ha alzato il trofeo come si alza una promessa mantenuta, con la consapevolezza di chi sa soffrire e scegliere il momento giusto per colpire.
Non è stata una partita da fuochi d’artificio, ma da cesello. Il Bologna ha provato a togliere ossigeno, a sporcare le linee, a imporre il suo calcio ordinato e coraggioso. Il Napoli ha risposto con pazienza antica, quella delle squadre che conoscono il valore dell’attesa. Ha difeso corto, ha respirato insieme, ha lasciato che la partita maturasse senza fretta. Poi, quando si è aperto lo spiraglio, ci si è infilato con la naturalezza dei gesti allenati mille volte.
In quella fessura si è acceso David Neres, luce improvvisa e decisiva. Due gol, due firme pesantissime. Il primo è una perla vera, di quelle che non hanno bisogno di spiegazioni: controllo, intuizione, esecuzione. Un lampo che spacca la partita e racconta il talento di un giocatore capace di cambiare il senso di una finale con un solo tocco. Il secondo è più concreto, quasi spietato, ed è forse ancora più bello per quello che rappresenta: la lucidità di chi capisce che è il momento di chiudere. Neres è stato il volto della notte, ma anche il simbolo di una squadra che sa esaltare i suoi migliori senza perdere equilibrio.
C’è stata personalità, soprattutto. Quella che non si misura in dribbling ma in scelte: quando rallentare, quando accelerare, quando accettare il duello e quando evitarlo. Il Napoli ha governato i momenti, che nel calcio sono tutto. Ha accettato anche di abbassarsi, di stringere i denti, perché vincere non è sempre dominare: a volte è resistere, altre è colpire una sola volta e custodire quel colpo come si custodisce un segreto.
Questa Supercoppa entra nella storia: è la terza vinta dal Napoli, un numero che pesa e certifica una continuità ormai impossibile da ignorare. E dentro quel numero c’è anche il nome di Aurelio De Laurentiis, che con questo trofeo diventa il presidente più vincente della storia centenaria del club. Un traguardo che racconta un’era, fatta di scelte, errori, ripartenze e, soprattutto, vittorie.
La Supercoppa non è solo un trofeo, è un segnale. Dice che questo Napoli sa stare nelle finali, sa reggere la pressione del dentro o fuori, sa trasformare una serata in un punto fermo della stagione. È una vittoria che non urla, ma resta. Che non chiede applausi immediati, ma si prende rispetto. Napoli festeggia, sì, con quella sobrietà felice di chi sa che il bello viene adesso. Perché vincere insegna a vincere ancora, e questa notte ha insegnato molto.






