Francesco Raiola
Domenica sera, al Maradona, non si gioca semplicemente Napoli-Juve. Si gioca la partita che unisce e separa due uomini che hanno inciso a fuoco le ultime pagine della storia azzurra: Antonio Conte e Luciano Spalletti. Due caratteri diversi, due idee di calcio lontane, ma uniti dal destino di aver riportato — uno dopo l’altro — il tricolore sotto il Vesuvio. E ora, per la prima volta, si ritrovano uno di fronte all’altro con addosso colori che raccontano tutto tranne che continuità.
Spalletti conosce ogni vibrazione di questo stadio, ogni fragilità e ogni entusiasmo del ventre azzurro. Qui è diventato qualcosa di più di un allenatore: un architetto di emozioni, il costruttore del Napoli più scintillante degli ultimi trent’anni. Il suo calcio fatto di linee pulite, armonie, occupazione razionale degli spazi resta un ricordo vivo che ancora oggi aleggia nel vento del Maradona. Eppure domenica entrerà in quel catino caldo con addosso il bianco e nero, simbolo di una nuova sfida, forse la più delicata della sua carriera: prendere la Juventus e provare a darle un’identità dopo anni di scossoni.
Di qua c’è Conte, l’uomo del presente, il condottiero che ha ridato durezza, verticalità, spirito battagliero a un Napoli che aveva perso riferimenti e certezze. Ha cambiato pelle alla squadra, l’ha resa compatta, cinica, resistente. Meno poesia, più sostanza. Meno arabeschi, più marce forzate. È un Napoli diverso da quello di Spalletti, ma non meno affamato. E la città, che all’inizio aveva accolto Conte con una cautela figlia della nostalgia, oggi lo segue con la fiducia che si concede a chi ti riporta a sentire l’odore dell’alta quota.
Tutto questo rende Napoli-Juve molto più di una gara da calendario. È una resa dei conti simbolica tra chi ha dato il via al ciclo e chi ha provato a rilanciarlo. Tra chi ha trasformato gli azzurri in una macchina meravigliosa e chi, ora, vuole farne una fortezza. Due modi diversi di vincere, due modi diversi di esistere. E se Spalletti conosce già cosa significa mettere in difficoltà il Maradona, Conte sa bene quanto sia importante proteggere la sua casa, soprattutto quando in campo c’è la Juventus, il nemico sportivo di sempre.
Sul prato si sfideranno idee, orgoglio, memoria. La Juventus di Spalletti cerca continuità, fluidità, quella gestione pulita del pallone che l’allenatore toscano considera imprescindibile. Il Napoli di Conte risponderà con ritmo, pressione e quella cattiveria agonistica che il tecnico pugliese pretende a ogni possesso. Ne uscirà un duello teso, fisico, carico di sottotraccia emotive. Il pubblico del Maradona non sarà semplice cornice, ma parte integrante della sfida: perché nel cuore del tifoso napoletano convivono, da mesi, gratitudine per Spalletti e un senso di tradimento difficile da razionalizzare.
La partita dirà molto anche sul cammino delle due squadre. Per Conte può essere una conferma, per Spalletti una dichiarazione di intenti. Ma soprattutto, sarà la fotografia perfetta del passaggio di consegne più sorprendente del nostro calcio: quello tra due allenatori che hanno portato un popolo sul tetto d’Italia e che ora, per una notte, si giocano non solo tre punti, ma la legittimazione del proprio presente.






