Salvatore Savino *
Si avvicina: non è e non sarà mai una partita come le altre, e tutti i tifosi napoletani la vivono come un rito antico, denso di significato. Non conta la classifica, non conta niente altro che non sia batterla. Da sempre, nonostante il palmares delle due squadre non avrebbe consentito paragoni, le sfide con la Juventus hanno rappresentato il momento cardine, il clou, l’ appuntamento dell’anno per i tifosi azzurri. Il primo ricordo di chi vi scrive si riferisce al 14 ottobre del 1973. Solo due giorni prima, poteva definirsi debellata l’epidemia di colera che aveva gettato la città di Napoli nel terrore. La campagna di vaccinazioni contro il vibrione, anche grazie all’aiuto degli uomini della sesta flotta della Marina americana, che utilizzavano le famose siringhe a pistola, che quelli con i capelli meno scuri come me certamente rammenteranno, era riuscita a respingere l’offensiva dell’epidemia. Napoli aveva bisogno di rinascere, di ritrovarsi di nuovo in un’ottica di vita positiva e propositiva, bisognava uscire dal baratro. Ora sembra la preistoria, ma fu proprio in quei tempi che dovemmo cominciare a sentirci gridare contro sugli spalti “Napoli colera”, “lavatevi”, e altre simpatiche amenità che per rispetto verso chi legge non elencherò… Era in questa situazione ambientale che a Fuorigrotta arrivarono i sabaudi in bianco e nero: c’ erano i Zoff, i Causio, i Capello, i Bettega. Noi opponevamo il Napoli spumeggiante del leone Luis Vinicio, con Antonio Juliano, Bruscolotti, Canè e Clerici, e furono proprio i due brasiliani, Canè e il Gringo Clerici, a regalare al pubblico un sonante 2-0. Si sarebbero vendicati con gli interessi l’anno successivo, gli zebrati, che incarnavano il potere, rifilandoci un sonoro due a sei, ma quel 14 ottobre tornarono nelle nebbie piemontesi a capo chino. Questa per me non è una partita, è un inno alla nostra storia, il nostro orgoglio di partenopei. Come mai potremmo dimenticare quel pomeriggio piovoso del 3 novembre 1985? Le partite si giocavano nel pomeriggio della domenica, e quel giorno pioveva senza sosta: sembrava di giocare a campi invertiti, visto che il clima ricordava sicuramente più il grigiore del Piemonte che quello che sarebbe dovuto essere il paese del sole. Sapete qual era la differenza? Che noi il sole lo avevamo in campo, la stella più luminosa, accecante e bruciante d’amore che sia mai esistita sui campi di calcio. La partita sembrava avviarsi verso il solito 0-0, di cui Trapattoni era maestro internazionale, ma poi giunge il minuto 72, e non è un caso, signori miei: nella smorfia napoletana, il 72 corrisponde alla meraviglia. Diego chiede ad un Pecci che lo guarda sconvolto, di toccargli il pallone sulla punizione a due in area. Ha ragione il regista di San Giovanni a Marignano, nel Riminese, a guardare il compagno con uno sguardo quasi ipnotizzato. Quello che sta per accadere infatti, non ha nulla di normale, anzi, a dire il vero, forse nulla di terreno. Quando il pallone, come in una parabola divina, andò a dormire nell’angolo alto, dove Tacconi proprio non sarebbe mai potuto arrivare, sul San Paolo sembrò apparisse un raggio di sole: gli ombrelli volarono da una fila all’altra, gli abbracci scivolosi per i giubbini impregnati da ore di diluvio, resero tutto il pomeriggio una festa senza limiti. Potrei continuare per decine di pagine, magari ricordando le prodezze del Matador, ma è d’ uopo riportarci all’attualità. Il Napoli è primo in classifica, amici miei, e poco deve importarci che in linea teorica l’Inter potrebbe raggiungerci in vetta vincendo il recupero. La squadra di Conte, anche a Bergamo, campo considerato inviolabile fino al momento in cui i partenopei non sono scesi sul terreno di gioco, è andata a prendersi i tre punti, con le reti di Politano e McTominay, prima di chiuderla con l’imperioso stacco di testa di Big Rom Lukaku. Conte ha seguito un piano di lavoro ben preciso: memore dello scorso campionato, ha per prima cosa blindato e rinforzato la retroguardia, che ad oggi è diventata un bunker, una muraglia difensiva invalicabile o quasi. Nel frattempo, poco alla volta, ha costruito i temi del gioco, della fase propositiva, e ha inanellato vittorie e punti. Ha creato un gruppo compatto, solido, unitissimo, dal quale si stacca soltanto chi non ne vuole più far parte ( vero Kvara ?) e anche in questa situazione, il tecnico Salentino ha dimostrato che non sono solo i nomi a dare i risultati, ma anche e soprattutto la coesione, l’aiuto reciproco. Non è un caso che sia stato il plurivituperato Juan Jesus, di cui tanti temevano l’utilizzo al posto dell’infortunato Bongiorno, a rispondere con una striscia di tutte vittorie in queste gare che lo hanno visto al centro della difesa. Questi sono i giorni del calciomercato di gennaio, e i nomi si rincorrono, tra quelli che sembrano già venuti e poi non vengono, e quelli inaspettati che d’improvviso potrebbero arrivare davvero. Non voglio inseguire le notizie del mercato, perché l’esperienza mi insegna che, soprattutto per quel che riguarda il Napoli, le verità si conoscono solo dopo le firme, quando ci sono. Oggi voglio solo pensare a quelli là, a quelli che non hanno la gioia del colore sulle maglie, a quelli che in un modo o nell’altro ci hanno spesso distrutto i sogni, anche se devo riconoscere che, negli ultimi 20 anni, li abbiamo abbattuti noi, mentre pensavano di poter ancora volare. Non so ancora come Conte imposterà la gara, e nemmeno come Thiago Motta pensa di affrontarci, ma di una cosa sono certo: dobbiamo vincere.
Mister Conte, puntiamo su di lei: finora non ci ha mai deluso, e sono.sicuro che anche questa volta ci regalerà un sogno. Si è reso conto, in questi pochi mesi, di quanto amore ci sia in questa città meravigliosa per la sua squadra. In quale altro posto del mondo avrebbe trovato migliaia di persone ad accogliervi all’aeroporto dopo una semplice partita vinta? E lo stesso popolo vi aveva accompagnato all’andata, per esorcizzare una decisione che penalizza sempre e solo la tifoseria azzurra, ma che, chiariamolo a tutti, non riuscirà a scalfirci. Fortunatamente per noi, i napoletani sono ovunque, in tutti gli angoli del mondo: non camminerete mai soli, mister, come recita il meraviglioso canto d’amore di Anfield Road, il ” You’ll never walk alone ” che sospinge il Liverpool. Noi rispondiamo con il nostro canto d’amore, ” si’ stato ‘o primo ammore, e ‘o primmo e l’urdemo sarrai pe’ mme…”. Ci crediamo, Napoli, ci crediamo con tutto il cuore, sempre innamorato di azzurro…Forza Napoli Sempre.
*Scrittore, tifoso Napoli