Idee chiare su quello che è il momento della Roma, sui possibili obiettivi, ma anche sulle difficoltà del momento. A Trigoria è il giorno di Daniele De Rossi, la prima volta da allenatore della Roma dopo l’esonero di lunedì scorso di José Mourinho. Scelta fon troppo facile, la sua, quella di prendere la Roma. “Sarebbe stato il momento giusto per rifiutare? Non si rifiuta la Roma. E’ una situazione particolare, ci sono uomini che rifiutano e uomini che si buttano dentro. Non è una scelta per nostalgia del passato, ma l’unica ragione per cui io avrei detto no era se avessi pensato che la squadra fosse scarsa o mediocre. Per me questa squadra è forte, faremo una bella figura e mi aiuterà anche nel percorso di crescita”.
Primi giorni di Roma, disamina chiara. “Quando cambia l’allenatore i giocatori nei primi allenamenti vanno sempre a tremila all’ora. E’ sempre così, i primi allenamenti non danno grandi risposte. Bisogna vedere quanto riusciremo a tenere questa intensità, ma la risposta dei ragazzi è stata incredibile. Abbiamo due-tre concetti nuovi da mettere, ma non vogliamo fare confusione nei primi giorni”.
Contratto a tempo, De Rossi guarda avanti. “La proprietà è stata chiarissima sulla durata del contratto e sul tenore della mia permanenza. Avrei firmato anche in bianco, un gesto dovuto per quello che sono stato per la Roma e per l’opportunità grande che mi hanno dato. Non ci sono condizioni riguardanti l’Europa League, non ci sono condizioni. Voglio giocarmi le mie carte e ho chiesto di essere trattato da allenatore e non da ex giocatore. Io me la giocherò fino alla morte per rimanere alla Roma”.
Tanti problemi da risolvere e un obiettivo da raggiungere. “Sarei felice se a fine stagione saremo tra le prime quattro in classifica che è un obiettivo non facile ma possibile. Ovviamente se è stato cambiato l’allenatore qualche problema c’è perché è sempre così. Non devo analizzare troppo i problemi, ma partire da zero e capire secondo me cosa non funziona in questi giorni. Sono fortunato perché per motivi di tifo le partite della Roma le ho viste tutte, ma questa squadra la conosco molto bene e il periodo di studio l’ho accorciato”.
Semplice anche quando parla della sua idea di calcio. “Il calcio non è mio. Non sono Guardiola, lui ha cambiato qualcosa e ha portato qualcosa di nuovo, come Conte o Simeone. Non sono al loro livello e non so se ho quel marchio di fabbrica, ma gli allenatori bravi li riconosci da come giocano le squadre anche se non hanno inventato niente. Se la nostra squadra velocemente sarà riconoscibile e tra di loro sapranno cosa fare in campo in maniera fruttifera mi renderebbe felice”.
C’è anche lo scontento di una tifoseria che si sente tradita. E lui, la chiave idea per placare le polemiche. “Non ho bisogno di stimoli in più e non mi destabilizza questa situazione. Non è un modo bello per definire la scelta che ha fatto la proprietà, ma sicuramente i dirigenti devono prendere in considerazione tutti i fattori e tra questi c’è anche la reazione della gente nei confronti della squadra. I soldout delle ultime stagioni hanno portato anche punti alla Roma, nessuno è più capace dei tifosi giallorossi di essere determinanti. Spero di sfruttare la scia del loro entusiasmo, ma ovviamente non sono stato scelto perché sono rimasti folgorati dalla mia esperienza alla SPAL. Però credo di non essere qui solo per un effetto calmante, ma anche per personalità, leadership e altro”.
Un sogno che si realizza diventare l’allenatore della Roma. “Ovviamente non sognavo di arrivare qui perché mandavano via un allenatore come Mourinho. Il calcio è pieno di allenatori che hanno firmato come traghettatori e poi alla fine hanno dimostrato capacità per meritarsi la conferma, non è una cosa rara. Me l’aspettavo diversa la situazione, ma va bene così. Io mi sento allenatore della Roma, ma non voglio togliere il rapporto coi giocatori. Ci si può rispettare anche senza far finta di non essere stato in questo spogliatoio e conoscere diversi giocatori. Non devo fingere niente, una volta che si entra in campo mi sento allenatore perché i ragazzi mi ascoltano e mi seguono. Mourinho? L’ho sentito e non con messaggi di circostanza. Non so se si era stufato della Roma. Io devo pensare al mio lavoro e a quello che devo fare”.
Si è dibattuto tanto sulla fase difensiva della Roma: Daniele sa cosa fare. “Mi sono innamorato di questo lavoro con Spalletti e con Luis Enrique. Quel tipo di allenatore sono stati la base delle mie stagioni migliori. Questa squadra è anni che gioca per difendere a tre ed è stata costruita in questo modo, ci teniamo qualche certezza. Credo però che si possa difendere in un modo e impostare in un’altra. Decideremo velocemente, ma non mi tolgo la possibilità di cambiare durante la stessa partita o la stagione”.
L’ultimo passaggio è su Francesco Totti. “Mi ha mandato il messaggio di auguri mostrandomi il suo stupore. Ci siamo parlati un paio di volte e ci vedremo al più presto”.
Ora c’è da pensare, e in fretta, alla Roma. Domani c’è il Verona, nel suo Olimpico. Da allenatore. Le idee sono chiare, ora la parola al campo.