Sogno o son desto

Salvatore Savino *

Durante i primi giorni di questa settimana, ho vissuto una sensazione strana, come se vivessi in una realtà parallela, una sorta di metaverso, nel quale scomparivano, ad un tratto, quelle che fino a domenica sera mi apparivano come incrollabili certezze: ad un certo punto, vi confesso che credevo di essere in un incubo, in una realtà dove non sapevo di vivere. Tutto è cominciato in una serata di inizio aprile, quando, al fischio finale, mi sono ritrovato lanciato come nel buio fitto della notte, come un cosmonauta solitario, come in una vecchia canzone di Baglioni: “Quell’ aprile si incendiò… l’azzurro si squarciò e stelle trovai, lentiggini di Dio…”. Ma come, ho pensato, prima di questa partita eravamo la squadra più forte d’Europa, tutti scrivevano e dicevano che potevamo vincere la Champions League, quasi dovevamo vincerla per forza. Qualcuno addirittura si spingeva a dichiarare che persino il City ed il Bayern tremavano al solo pensiero di scontrarsi con noi, e adesso? Dove mi trovo adesso? Ma non eravamo in una città azzurra, piena di bandiere, festoni, che addirittura discuteva sul come andava organizzato la festa finale?  Non mi raccapezzo più, è davvero un incubo, non può essere altrimenti. Pensate, amici miei, in questi incubo accadevano cose assurde: in curva allo stadio non si faceva più il tifo, anzi, si prendevano a botte. Invece di cantare, qualcuno urlava persino ai calciatori azzurri di andare a lavorare, altri se la prendevano con il Presidente, colpevole di avere allestito una squadra da primato, con 20 punti di vantaggio sulle seconde, ai quarti di Champions per la prima volta nella storia, e tutto questo senza fare nemmeno qualche debito bancario, un bilancio… pezzottato, come diremmo a Napoli, un qualche accordo economico irregolare. Niente, niente di tutto questo. Eppure i cori si sentivano forti, e le botte che si davano erano visibili a tutti dalle immagini delle telecamere. No, deve per forza essere un incubo. Ma come? Fino a poche ore prima il Napoli era un gruppo unito, una famiglia, tutti insieme verso un unico obiettivo atteso per decenni. E all’improvviso? Trame nello spogliatoio, malumori, premi scudetto non concessi, una specie di polveriera pronta ad esplodere. No, per forza deve essere un incubo. Mi sveglio tutto sudato, ancora confuso, e ci vuole una bella tazzulella e caffè. Ah! Adesso sì che mi è tutto chiaro. Dunque, cosa è  successo: al Maradona è venuto un Milan pieno di motivazioni, deciso a dover recuperare terreno nella corsa ai tre posti disponibili per la prossima Champions (qualcuno si dispiacerà, ma il primo posto è già occupato) ed ha trovato un Napoli forse meno intenso, magari con la testa già al doppio confronto di coppa con gli stessi rossoneri, un Napoli con alcuni giocatori reduci da viaggi intercontinentali per disputare partite di totale inutilità, un Napoli senza Osimhen, che di certo avrebbe impedito al Milan di giocare in un certo modo. Del triplice confronto con i rossoneri, la partita di domenica sera premeva solo al diavolo. Abituato a climi infernali, probabilmente stare a meno 23 non doveva essere molto confortevole per lui. La situazione non è cambiata granché, ma almeno un momento di magra soddisfazione gliela abbiamo regalata. Visto il periodo, forse possiamo dire che, con la solita ospitalità partenopea, li abbiamo visti tristi e infreddoliti, e abbiamo offerto loro una bella fell ‘e pastiera, ma Pioli può mettersi l’anima in pace: in Champions gli azzurri saranno un’altra cosa. Non faremo la gita di Pasquetta, questo no, ma di certo potremmo fargli restare sullo stomaco qualche pallone mascherato da tortano nzogna e pepe. Prima di tutto questo però, si giocherà a Lecce, e non sono ammesse distrazioni. Spalletti avrà certamente spiegato ai suoi calciatori quanto la gara di oggi sia importante. Mancano cinque vittorie alla tranquillità, e la prima deve essere oggi. Non è più tempo di regalare sogni a nessuno. Questo è il tempo di tornare a dimostrare di essere molto, molto più forte degli altri. Bisogna chiudere i conti nel più breve tempo possibile, e questo indipendentemente da chi saranno i protagonisti, dalle scelte del tecnico e dalle qualità dei singoli. Appena l’arbitro darà il via alla partita, bisognerà far capire ai giallorossi salentini che la loro corsa verso la salvezza deve ripartire dalla prossima gara, perché in questa non possono nemmeno pensare di fare punti. Oggi è  il 7 Aprile,  e proprio in questo giorno, nel 1906, come ad anticipare uno dei cori più cantati dai tifosi azzurri, Il Vesuvio erutta, causando sì enormi danni, ma esprimendo la sua enorme potenza, un po’ come il Napoli di quest’anno. Oggi è  anche il compleanno di due grandi del cinema mondiale, e vorrei omaggiarli con due citazioni da due dei loro film più noti: Francis Ford Coppola, che nel suo miglior capolavoro ” Il Padrino “, fa dire a don Vito Corleone: “Gli amici tienili stretti, e i nemici ancora di più. I nemici sono dappertutto, Michael, anche io potrei essere un tuo nemico…” Chissà quanti finti amici girano intorno al Napoli…

 E poi Russell Crowe, che nei panni di Massimo Decimo Meridio, ne ” Il gladiatore “, incita i propri uomini come di certo farà anche oggi Mister Spalletti: “Al mio segnale, scatenate l’inferno”. Non ho volutamente precisato che oggi è Venerdì Santo, perché la passione di Cristo è argomento troppo elevato per parlarne mentre si scrive di calcio, ma il mio cuore è  ai piedi della Croce, in attesa della luce della Resurrezione. Salutiamoci proprio così, con l’augurio di una Pasqua di rinascita per tutti, di gioia, di felicità, e,  come nel giorno del primo scudetto, con la voce di Enrico Ameri, che proprio il 7 aprile del 2004 ci lasciava, raccontando che: “sulle note di ‘o surdato nnammurate… è finita!!! Il Napoli è Campione d’Italia!!!”. Forza Napoli Sempre

*Scrittore, tifoso Napoli