Luci e ombre d’Europa s’allungano sulla vola pre-mondiale della serie A

Nella foto: Simone Inzaghi e Massimiliano Allegri (FOTO DI SALVATORE FORNELLI )

di Dario Ricci *

L’ultima tre giorni europea dell’anno già riverbera i suoi verdetti sul weekend della 13esima di A, snodo fondamentale del campionato di “Apertura”, ovvero di questo primo segmento dell’annata frammentata dal Mondiale qatariota. Esiti non banali, quelli continentali, neppure nelle gare che sembravano (anzi erano effettivamente) quelle con la partitura già scritta, cioè le sfide di Napoli e Inter. Il ko di Liverpool ha per paradosso confermato la solidità del telaio definito e rifinito da Spalletti; ma tempo per goderne davvero non c’è, vista la trasferta in arrivo a Bergamo contro un’ Atalanta cui Gasperini ha saputo cambiare pelle, senza mutarne istinti e prospettive. Ulteriore crash test, quello del Gewiss Stadium, per un Napoli che s’è finora dimostrato indifferente a nostalgici rimpianti (vedasi i fantasmi dei vari Insigne, Mertens, Koulibaly, ecc ecc) e forzate assenze. E che dire dell’Inter di cui Simone Inzaghi ha saputo disinnescare le autodistruttive pulsioni, tuffandosi anima e corpo fino ai gomiti in un motore che sembrava ormai battere in testa, e che ora ha ripreso a viaggiare con passo deciso e regolare, pur in assenza del lungodegente Lukaku? Alla buona prova – malgrado la sconfitta – in Baviera segue subito il derby d’Italia, per di più in trasferta. Sfida nella quale a rischiare di più è di certo la Juventus. I perché sono molti, e pure evidenti: per la Vecchia Signora, la mazzata dell’esclusione dalla Champions non può essere certo mitigata dalla malinconica “qualificazione” ai playoff di Europa League dopo un girone fatto di 5 sconfitte su 6 (di cui una contro il Maccabi Haifa, squadra che ne ha presi 7 dal Psg e 6 dal Benfica, tanto per intenderci…); né possono bastare a risollevare il morale le due buone mezze partite giocate contro Messi, Mbappè e soci; senza trascurare i tanti infortuni che hanno e stanno ancora condizionando Allegri nelle sue scelte, già di loro in questi mesi confuse e poco lineari. Vero che per il duello di domenica sera alcuni big (Bremer, Di Maria, Vlahovic) dovrebbero tornare a disposizione, ma in condizioni psicofisiche tutte da verificare. Pericoloso sarebbe in questo contesto sovraccaricare il rientrante Federico Chiesa di aspettative che difficilmente l’ex viola potrà soddisfare nell’immediato (anche se alla lunga pausa mondiale mancano ormai appena una manciata di giorni che pure contengono ben tre giornate di campionato). Insomma, la panchina di Allegri è tutt’altro che salda, di certo non più dei nervi e delle linee di gioco di una Juventus tanto enigmatica quanto brutta: occasione ghiotta, per l’Inter, per aprire un altro squarcio nella fiancata della (presunta) corazzata bianconera, con conseguenze che proprio il lungo stop in arrivo renderebbe difficilmente ipotizzabili.

A dir poco stuzzicante, in questo scenario, il derby della Capitale, cui pure l’Europa aggiunge sapidità, di cui in effetti Roma-Lazio ha tutt’altro che bisogno. Il flop continentale dei biancocelesti – ironia della sorte: proprio contro quel feyenoord cui i rivali giallorossi hanno strappato dalle mani l’ultima Conference League (cioè la prima edizione del nuovo trofeo) – si somma al ko casalingo con la Salernitana e allo psicodramma collettivo per l’ (ingiusta) ammonizione che come noto farà saltare la partita più attesa a Milinkovic-Savic; di contro, il sofferto successo di Verona e la vittoria col Ludogorets danno a Mourinho risposte positive in merito a tenuta e capacità di reazione del gruppo, oltre a regalare al portoghese uno Zaniolo che ha ritrovato familiarità con il gol e fiducia in se stesso e nei suoi pressoché illimitati mezzi tecnici. Anche la stracittadina diventa – alla luce di quanto accaduto sui campi continentali – banco di prova non solo per le ambizioni, ma anche per la capacità di gestire i momenti di secca che inevitabilmente bisogna saper attraversare durante una navigazione tanto lunga e perigliosa.

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