Road to Tirana. Mourinho: “Tanta fatica arrivare in finale. Ora vinciamo la Conference”

Nella foto: José Mourinho (Foto Salvatore Fornelli)

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Road to Tirana. Una settimana all’evento, alla partita che può cambiare la stagione della Roma, che ha pagato dazio per gli impegni in Conference, ma che oggi non può fermarsi ad un passo da quella coppa da alzare al cielo in Albania. C’è il Feyenoord sulla strada dei giallorossi. Finale da scrivere, con Mourinho che di questi eventi se ne intende e sa bene come vincerla. “Per questa finale ha lo stesso sapore delle altre, non cambia, anche se storia e prestigio della competizioni sono diversi. Questa per me è la più importante, perché le altre sono state già giocate: questa ora bisogna giocarla e vincerla”.

Tanta fatica per arrivarci, anche sacrificando qualcosa in campionato “Abbiamo iniziato ad agosto, prima ancora del campionato, e abbiamo disputato 14 partite. Abbiamo viaggiato tanto, ci sono state delle partite difficili, col Vitesse ci siamo qualificati al 90′ e giocare 14 partite di giovedì e poi quelle di campionato quasi sempre contro squadre che si preparano da una settimana ha significato punti. Quando guardo la classifica, penso subito alle partite del giovedì e agli errori arbitrali. La Conference League è stata dura ma se arrivi in finale, la vinci, prendi la coppa e fai la storia allora bene. Ma prima bisogna vincere”.

Un torneo nuovo che Mourinho ha subito abbracciato e mai snobbato. “Abbiamo sempre pensato che la prossima partita era quella più importante, giocando ogni gara con serietà e ambizione per arrivare fino in fondo. Feyenoord più riposato? Hanno questo piccolo vantaggio ma in una finale devi dimenticarti di tutto questo ed essere consapevole che è una partita unica, che tutti vogliono giocare, e vincerla. Voglio la finale e il trofeo per me stesso ovviamente, ma questa finale è importante per la gente che non vive queste emozioni da tanto, per quei giocatori che non hanno vinto fare un primo passo verso i successi. Sono molto meno egocentrico in questo momento storico, mi piacerebbe vincere per loro, aiutare loro a vincere, per il club, i giocatori e i tifosi, mi piacerebbe tanto. Sull’UEFA, ti dico veramente: quando esiste un cambiamento, esistono sempre voci critiche, gente scettica e la gente che fa il passo del rischio, ha bisogno di aiuto. E’ una nuova competizione, che quando è iniziata la gente ha visto i play-off e quando la gente vede i play-off si vedono squadre di vari paesi, senza le spagnole, le inglesi etc e si può pensare che la Conference sia una competizione inferiore. Bisogna invece che le squadre più importanti in competizione la prendono sul serio. Roma, Marsiglia, Feyenoord, Leicester etc, se non avessero preso seriamente, sarebbero andate fuori. La competizione è un’idea brillante, in caso contrario sarebbe stato un fracasso. Le quattro semifinalisti di quest’anno, hanno vissuto serate con 70 mila persone, stadi pieni, è una competizione che è diventata importante perchè gente come noi ha aiutato l’UEFA a renderla bella e sicuramente il prossimo anno la gente guarderà con altri occhi la Conference”.

Con Rona e la Roma un rapporto speciale. “Mi piace tanto stare qui, questo è visibile, si sente, ho accettato un profilo di progetto e questo progetto sono 3 anni, vediamo dopo qual è il profilo di progetto dopo questi tre anni. Penso di rimanere qui questi 3 anni, non è che sto pensando o cercando di partire prima di questo triennio e dopo si vedrà la direzione del progetto. Qualche volta i progetti si avvicinano di più a quello che uno pensa, altre volte i progetti si allontanano un po’ di più. Il calcio è oggi e al massimo domani e domani è la prossima stagione, voglio stare qui”.

A Tirana cresce la febbre per questa finale, soprattutto per la presenza della Roma, di Mourinho e dell’albanese Kumbulla. “Mi aspetto dai tifosi albanesi con Kumbulla o senza, nell’unico punto di connessione in quella finale lì, devono stare di qua e non di là, se la Roma vince la coppa c’è un albanese che alza la coppa, c’è un albanese che alza la coppa a Tirana, questo per me deve essere più che sufficiente per il popolo albanese, essere più vicino alla Roma che al Feyenoord. Questo ci permette di avere un equilibrio, perchè senza questo è squilibrata la finale: noi abbiamo una finale venerdì e poi quella di Tirana, loro sono in vacanza, hanno tempo per prepararsi, per riposarsi, sarà squilibrata senza l’appoggio del pubblico albanese. Una finale in Albania per me è un piacere, un doppio piacere: perchè giochiamo la finale e perchè vanno per la prima volta in uno dei pochi paesi dove non ho mai giocato. Posso dire anche piacere di avere qualche amico importante a Tirana, nella società civile albanese. Sul campo con pochi spettatori per due club della dimensione di Roma e Feyenoord, è l’unico punto negativo che si può trovare, perchè con uno stadio da 50 mila o 70 mila sarebbe stato piccolo. Se si fosse giocato al Santiago Bernabeu sarebbe stato pieno. Però penso che un paese come l’Albania merita questa opportunità. Giocai una Supercoppa europea in Macedonia del Nord, fu un evento fantastico per loro, una finale d’Europa League a Stoccolma. Ci sono paesi che per passione per il calcio meritano questa opportunità. E’ un peccato per i romanisti, veramente un peccato, però principalmente sarà bello se Kumbulla alzerà la coppa”.

Mourinho e Ancelotti in due finali Uefa. E pensare che per qualcuno erano “bolliti”. “Carlo aveva un problema: se alleni l’Everton non puoi vincere la Champions. Il problema nei miei confronti che la gente pensava che alcune mie avventure fossero per vincere, ma non lo erano. Quando hai una storia vincente, ciclica in questo senso, si possono dire queste cose. Ma non mi sono mai preoccupato di queste cose, non penso alle diverse generazioni di allenatori, ma alle qualità che non hanno niente a che vedere con l’età. Ci sono giocatori bravissimi a 20 anni e a 40, il gol che bellissimo che ha fatto Quagliarella a 40 anni, mi piacerebbe che lo facessero i miei giovani di 20 anni, con un Quagliarella probabilmente avremmo segnato contro il Venezia. Non c’è età, c’è qualità, c’è passione, quando questa passione non c’è sei finito. Quando non senti pressioni dopo queste partite significa che sei finito. Conosco bene me stesso e Carletto abbastanza bene, ma ci sono tanti altri. Quando la passione c’è, la qualità c’è, siamo noi che decidiamo quando smettere. Per quanto mi riguarda, se qualcuno pensa che debba smettere ora, dovrà invece aspettare tanto”.

L’ultima di campionato, con l’obbligo di fare punti e ulteriore dispendio di energie. Un problema in più per la Roma. “Questo rischio esiste, non possiamo dire che in questo momento sia uno scenario impossibile. Abbiamo due finali da giocare, ipoteticamente si possono perdere tutte e due e finire fuori dalle coppe. Lo so che esiste, lo sanno i giocatori, non è una situazione facile da gestire. Io sono capace di pensare solo a venerdì, infatti non sono contento di stare qui oggi a parlare per voi e per gli stranieri, con un giorno dedicato alla finale di mercoledì, non sono contento di fare un allenamento che tale non è stato, perchè era aperto, sono stato seduto in panchina a vedere quando finiva, perchè l’allenamento è stato fake per voi, non sono contento di questo ma è una realtà. Esiste il rischio, sicuramente esistono diverse opinioni sulla gestione: qualcuno pensa che dovrei far riposare tutti venerdì per puntare tutto su mercoledì. Viceversa tanta gente penserà che mercoledì è 50 e 50, dobbiamo mettere tutto su venerdì perchè se vinciamo andiamo in Europa League. Altri pensano metà e metà. Se mi chiedi quale sia la filosofia che preferisco, è che penso solo a venerdì. Il problema è che non posso pensarci solo io, altri devono pensare lo stesso: giocatori, dipartimento medico, i miei assistenti, è questo il periodo di dubbi che non posso nascondere ci siano. Se guardi oggi l’allenamento non abbiamo nascosto nessun giocatore. I giocatori che non erano in campo non sono disponibili per venerdì: Smalling, Mkhitaryan, Zaniolo e Karsdorp ad oggi non sono disponibili venerdì. Il momento non è facile, sarebbe stato più facile essere qualificati o esser già fuori dalla corsa per i primi sei posti. Però siamo in questa situazione e il mio pensiero è esclusivamente rivolto a venerdì”.

Nodo infortunati, ancora in forre dubbio Mkhitaryan e Zaniolo. “Mkhitaryan ha avuto quell’infortunio con il Leicester, ha bisogno di tempo, non ha ancora fatto un solo allenamento con la squadra, nessuna possibilità per venerdì, nessuna e poche per mercoledì. Zaniolo poche per venerdì, penso di più per mercoledì, però se le poche possibilità per venerdì si trasformano in possibilità lo farei giocare venerdì senza pensare a mercoledì. Smalling è infortunato, penso 0% per venerdì, in dubbio per mercoledì. Karsdorp dei quattro è il più probabile che recuperi, però è ancora in dubbio”.

Sarri ha detto che è una mentalità provinciale guardare chi arriva prima tra Roma e Lazio, che la città meriterebbe due squadre al vertice. “Sono d’accordo, non si deve guardare a chi arriva prima, ho capito quando abbiamo perso e vinto il derby, ciò che significa perderlo e stravincerlo, è troppo. Però è cultura, il calcio è anche cultura popolare, noi come allenatori, nel mio caso straniero, dobbiamo imparare la cultura popolare. L’ho sempre fatto, dovunque abbia lavorato, quando sei a Roma, nel mio caso, diventi romanista e quando diventi romanista, anche queste cose hanno la loro importanza. Il fatto che quinto e sesto nella pratica è la stessa cosa, penso non ci sia veramente differenza, come 3-4. Chiaramente quarto o sesto cambia tutto. La finale farà la grande differenza, soprattutto se dovessimo vincere”.

Yorois
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