Il processo nella Coppetta

Nella foto: Massimiliano Allegri (FOTO DI SALVATORE FORNELLI )


di Dario Ricci *


Altro che Coppetta! Come volevasi dimostrare (e come anticipato proprio da questa bandierina…), l’esito della finale di Coppa Italia sta producendo scosse telluriche di magnitudo non trascurabile in casa nerazzurra e – ovviamente e soprattutto – in quella bianconera. Impossibile derubricare a sfida ‘normale’, infatti, un derby d’Italia, per di più con un trofeo in palio.
La Beneamata nella notte dell’Olimpico ha trovato Coppa, energia, convinzione da riversare non solo nella volata scudetto, ma anche nella definizione di un futuro in cui ora pesano non poco i tre successi ottenuti nei quattro scontri diretti stagionali proprio contro i bianconeri. Il probabile arrivo di Dybala, poi, sancisce questa superiorità frutto di un mix di risultati, gioco, gestione, pragmatismo, che consente alla Milano nerazzurra targata Marotta, di guardare a Torino non solo per continuare a prendersi le proprie rivincite, ma pure chi (prima della Joya, Antonio Conte) è funzionale al nuovo progetto, senza veti e resistenze da parte di quel popolo nerazzurro – superati ad oggi i timori sulla stabilità finanziaria del club targato Suning – si gode ora una squadra cui Inzaghi in panchina ha ridato concretezza e brillantezza.
Tutt’altro scenario quello cui stiamo assistendo in casa bianconera, dove il k.o. di Coppa ha inasprito tensioni interne e aperto l’ennesima udienza del processo Max Allegri. Stagione da voto 5 (per chiarezza), quella del suo ritorno alla Juventus, da condividere in toto con la dirigenza. A una rosa sopravvalutata, condizionata da alcuni infortuni (vedi Chiesa e McKennie), Allegri ha tolto le poche certezze acquisite nel biennio Sarri-Pirlo, senza riuscire a darne di nuove; il tutto in un quadro di confusione societaria esemplificata da alcuni temi essenziali per lo sviluppo del progetto tecnico e strutturale del club (si veda l’acquisto e la gestione di Ronaldo, gli errori di mercato, la palude Superlega da cui la Vecchia Signora rischia di venir fagocitata).
Il problema – grosso…- è riuscire a trovare una via d’uscita da questo ginepraio, che il ko dell’Olimpico ha ingigantito e reso ancora più intricato. La fiducia in Allegri già vacilla, sia da parte consistente del tifo (come già avvenuto alla fine del primo ciclo del tecnico livornese), sia in gangli ritenuti essenziali del club (si veda il feeling mai sbocciato tra il tecnico e il vicepresidente Nedved), che al tempo stesso si trova isolato a livello europeo proprio per gli strascichi della vicenda-Superlega; e sul mercato, in questo contesto, è difficile essere attraenti per potenziali campioni con altri argomenti se non il denaro. Se poi i soldi a disposizione li si investono su giocatori irrisolti e/o incompiuti (Rabiot, Bernardeschi, Arthur, Kean, Morata lo stesso De Ligt che pure tra questi è il più futuribile), ecco che la soluzione alla crisi bianconera non appare certo vicina (e altrettanto certamente non può passare dell’eventuale arrivo di ultratrentenni come Di Maria o lo stesso pur straordinario Perisic visto quest’anno).
Soluzioni? Difficili, in tempi rapidi, ma servirebbe almeno: a) fare chiarezza sul tema Superlega; b) dare solidità a organigramma societario; c) rinsaldare la panchina di Allegri (scelta obbligata per palmares, storia, qualità e contratto); d) accettare il rischio di far crescere alcuni giovani, con un progetto almeno biennale e senza inseguire costose chimere (e sirene…) di mercato.
L’eventuale vittoria nella Coppa Italia avrebbe cambiato questo scenario? Visto dalla bandierina, probabilmente sì, rendendo forse meno radicale e urgente l’apertura del cantiere di rifondazione bianconero. I cui lavori in corso adesso vanno invece fatti (bene) e completati il più presto possibile.

*giornalista di Radio24IlSole24Ore 

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