
La sconfitta di Milano con l’Inter, non ha intaccatola fiducia di Tammy Abraham, l’attaccante della Roma che adesso concentra tutte le attenzioni sulla sfida di giovedì, al King Power Stadium di Leicester, dove la Roma si gioca l’accesso alla fine di Conference League. “Stiamo andando forte, siamo convinti e in fiducia – ha spiegato l’attaccante giallorosso al sito della Uefa -. Loro giocano un po’ come noi, sfruttando il contropiede. Hanno giocatori molto veloci a cui piace correre, ma anche buoni centrocampisti. Dobbiamo prepararci con fiducia, perchè se siamo in giornata possiamo battere chiunque. Si tratta solo di credere in noi stessi. Tornerò in Inghilterra e questa partita mi permetterà di dimostrare cosa ho imparato in Italia. Confesso che sono emozionato, credo che verrà a vedermi tutta la famiglia”.
Una stagione coi fiocchi, sia in campionato che in Conference, dove Abraham è capocannoniere con otto reti: “E’ una competizione nuova e importante, e molte squadre cercheranno di giocarla in futuro. Per me, segnare ed essere capocannoniere è un onore. Avrei dovuto segnare di più, ma è stata una bella avventura. C’è stato quello scivolone contro il Bodo/Glimt, ma non ci siamo lasciati distrarre. Siamo tornati più affamati di prima e abbiamo vinto la più importante delle quattro partite”.
E poi, l’amore per Roma e per la gente romanista che lo letteralmente stregato, al pari di quel Mourinho, che ha fatto carte false per portarlo in giallorosso. “Ricordo le sue prime parole: preferisci restare in Inghilterra, dove piove sempre, o venire al sole a Roma?. Abbiamo riso, ma poi ha detto: No, sul serio. L’ho sempre considerato una figura paterna e secondo lui questo è il posto migliore per me in questo momento; posso lasciare un segno nel calcio italiano e farmi conoscere in tutto il mondo, non solo in Inghilterra. Per me era abbastanza. Lui sa quando ci sono con la testa e quando dormo un po’. Sa guidare davvero la squadra e ispirarla a volere di più. E’ una boccata d’aria fresca. Quando dobbiamo svegliarci, lui c’è. Quando giochiamo bene, ce lo dice ma vuole ancora di più. Un giocatore non potrebbe chiedere di meglio”.
