Una notte catalana

Salvatore Savino *

Gli echi della movida nelle Ramblas sono ormai già un ricordo. I passi concitati dei camerieri che volteggiano tra i tavoli con vassoi pieni di esqueixadas de bacallà e litri di sangria non si sentono più echeggiare tra i tanti che cenano o passeggiano lungo i viali alberati.  Nuovamente si vanno formando le file di turisti in coda davanti alla Sagrada Familia, ormai a pochi anni dal suo completamento, pronti a coprirsi dal caldo sole della Catalogna.S olo poche ore fa, al numero 12 della via Aristides Maillol, decine di migliaia di cuori, di voci, di mani che applaudono e bandiere che sventolano, riempivano auesta cattedrale laica, questo luogo di culto per gli appassionati di calcio, il Camp Nou. E questa volta c’era il Napoli. Sì, il nostro Napoli, invitato di riguardo in uno dei templi sacri del calcio, come forse possono essere solo Wembley, il Bernabeu, il Maracanà, la Bombonera. Quel prato verde che ha visto, ha vissuto, ha assorbito e accompagnato i passi di calciatori come Cruyff, Ronaldo, Ronaldinho, Romario, Messi, Iniesta, Xavi, oggi allenatore della squadra blaugrana, poche ore fa ha accolto il mio, il nostro Napoli. So cosa starete pensando, ma ho parlato di calciatori. Quel prato ha visto , ancora giovanissimo, il mio re, il condottiero di un Napoli sul tetto del mondo, il vero unico dio del calcio, che per rispetto non nomino nemmeno. Ora gioca nei prati celesti del Paradiso, e di certo delizierà tutti quelli che nel suo passaggio sulla terra hanno avuto la fortuna di vederlo giocare, ed ora sono là, magari seduti sulle nuvole come spalti, per non perdersi nemmeno un palleggio. Che sogno essere là, giocare contro questa squadra stellare, in questo stadio quasi sacro, ed essere orgogliosi protagonisti del nostro amore immenso. Non voglio parlare della partita, della tattica, delle scelte di Spalletti, ma della grande emozione che una sfida di questo genere regala ai cuori dei tifosi. Abbiamo pareggiato, dopo essere passati in vantaggio, e questo ci fa tornare a casa con la consapevolezza di poter credere, senza essere tacciati di fare i tifosi ad oltranza, di poter passare il turno ed eliminare il Barcellona. Solo dieci anni fa, invitati al classico trofeo Gamper, il Napoli tornava a casa con cinque reti sul groppone, con Hamsik, Lavezzi e Cavani che cominciavano a farci entusiasmare con la loro classe cristallina. Ed oggi, manco fossimo diventati noi la squadra catalana, avessimo noi il loro palmares e la loro bacheca, leggo ed ascolto commenti che mi lasciano basito. Come purtroppo accade spesso, i tifosi azzurri si lasciano trasportare dal momento, perdendo a volte il contatto con la realtà. In altri tempi, uscire dal Camp Nou con un pareggio, in una sfida di coppa e non in una amichevole estiva, avrebbe creato entusiasmo, emozione, si sarebbe parlato di un’impresa storica, dei famosi undici leoni ecc ecc. Ed invece? Sento discettare di cambi sbagliati, di moduli inadatti, di calciatori che non hanno portato a casa la vittoria, quasi si fosse trattato di aver giocato su un campo di lega pro contro una neopromossa e non essere riusciti a fare bottino pieno.Forse è proprio questo che manca a qualcuno, la memoria . È giusto avere ambizioni, crescere, puntare ai risultati più alti, ma non bisogna dimenticare certi valori che nel calcio sono fondamentali. Forse, leggere nei giorni scorsi che la squadra catalana era in un periodo non eccezionale, ha fatto pensare a qualcuno che davvero andare a  Barcellona fosse una gita sulle Ramblas ed un bicchiere di sangria. La squadra di Xavi, peraltro rinforzata a gennaio, é piena di campioni, giovani e non, e resta uno squadrone di caratura mondiale, e, a mio parere, uscire dal loro stadio con un pareggio, deve essere considerato un grandissimo risultato. Loro, che non possono forse più riuscire a vincere la Liga quest’anno, puntano peraltro moltissimo sull’Europa League, e quindi ci hanno affrontato con attenzione e cura dei particolari.Mi piacerebbe che ci fosse entusiasmo per  aver pareggiato al Camp Nou con il Barcellona, invece  di vedere quasi un’aria di delusione e critica. Ricordiamoci che cosa il Napoli rappresenta per noi tifosi: é  amore, è  passione, è sogno. I tifosi vogliono tornare a vincere qualcosa, vogliono uscire dal buio del limbo dei perdenti, e per questo, nell’occasione del suo compleanno, voglio ricordare due brani di testi scritti da uno dei più grandi poeti italiani, Fabrizio De Andrè: “e ora non piangere, perché presto la notte se ne andrà, con le sue stelle arrugginite, in fondo al mare…”e poi” quei giorni perduti a rincorrere il vento, a chiederci un bacio e volerne altri cento…”. Adesso pronti per il Cagliari, perché ogni partita deve essere una finale da vincere, per continuare a credere ai nostri sogni.Forza Napoli Sempre.

*Scrittore, tifoso Napoli