Lo scontro continua, ognuno fermo nelle sue posizioni. Da un lato gli organi calcistici, secondo i quali ieri sera a Torino si sarebbe dovuto giocare, dall’altro il Napoli, pronto a contestare l’eventuale sconfitta a tavolino e sostenuto dalle autorità sanitarie. In mezzo il protocollo concordato col Cts, che per la Figc e il ministro Spadafora resta valido mentre da altre parti lo si giudica ormai superato e non più adatto alla realtà attuale.
Non si placano le polemiche in merito alla “gara fantasma” dell’Allianz Stadium. La Procura della Figc ha aperto un’inchiesta sulla corretta applicazione da parte del Napoli del protocollo, chiedendo copia della corrispondenza fra Asl, Regione e club partenopeo. Il tutto in attesa della decisione del giudice sportivo, prevista per domani ma che potrebbe slittare: chiesto un supplemento d’indagini che lo porterà a prendersi qualche altro giorno prima di pronunciarsi. Tutto lascia pensare che la sconfitta a tavolino per i partenopei sia inevitabile. “Non entro nel merito, so solo che esiste un protocollo della Figc approvato dal Cts con delle norme chiare – il pensiero dell’ad del Sassuolo, Giovanni Carnevali – Sarebbe stato giusto far sì che questa partita si fosse disputata. Purtroppo ognuno fa quel che vuole, viviamo in un paese surreale”. “Bisogna agire con i protocolli e con il buon senso tra i dirigenti in modo che non scoppino questi casi, perchè ci rimette il calcio – sostiene Francesco Ghirelli, numero uno della Lega Pro – Serve un patto tra i presidenti molto forte, perchè c’è il rischio che il giocattolo si rompa”. Ma il Napoli non ci sta. Mentre i giocatori si sottopongono a nuovi tamponi in vista del ritiro-‘bolla’ a Castevolturno (gli esiti sono attesi per domani mattina), lo staff legale del club si prepara alla battaglia. “Se malauguratamente e sciaguratamente dovesse esserci un pronunciamento contrario, il Napoli non trascurerebbe alcun tipo di percorso e non lascerebbe intentata alcun tipo di iniziativa – mette in chiaro l’avvocato Mattia Grassani – Non si deve giocare a pallone a tutti i costi, bisogna fare un passo indietro e tenere conto delle cose superiori al calcio, come la salute. Il Napoli non ha avuto scelta. Il club ha documentato alla Figc, alla Lega e al giudice sportivo che sussistevano condizioni ostative alla disputa della gara: il Napoli non ha scelto di non andare a Torino, ma sono le Asl ad averlo impedito. Per viaggiare il club avrebbe dovuto violare provvedimenti statali rischiando conseguenze penali”. Parole che trovano conforto da più parti. A partire dal ministero della Salute, dal sottosegretario Zampa (“Ieri è stata semplicemente applicata una legge. La Asl aveva titolo perchè lo stabilisce il protocollo”) al viceministro Sileri (“E’ evidente che è l’Asl che decide se vi è un rischio o no, chi sta in quarantena, in isolamento”), col protocollo che finisce sotto accusa: “va rivisto”, sostiene ancora Sileri, “sono regole dettate in un momento completamente diverso”, è categorico il direttore generale dell’ASL 2 Napoli Nord, Antonio D’Amore, per il quale “se non avessimo fatto questo, saremmo incorsi in una mancanza di sorveglianza sanitaria, oltre che in grave carenza amministrativa”. Ma in difesa del protocollo arrivano in serata le parole del ministro Spadafora (“Ad oggi è valido ma va rispettato da tutti col massimo rigore. L’Asl può intervenire in casi particolari, l’importante è che l’intervento sia motivato e legato a esigenze che possono variare”) e soprattutto del presidente federale Gravina. “Crediamo molto in questo protocollo, è chiaro e ha funzionato, non capisco perché non debba funzionare anche per il futuro. Credo che possiamo stare tranquilli che il campionato si può disputare e svolgere in sicurezza. Certo, se cominciano ad esserci delle falle e qualcuno sbaglia allora quel qualcuno deve pagare”, il monito del presidente federale.