C’è un filo sottile che lega Uefa e il governo italiano, con la volontà di portare a termine il campionato. Per ora, conferma dello stop alla ripresa degli allenamenti fino al prossimo 13 aprile. Poi la palla passerà inevitabilmente alla questione medica. Come dire che l’agenda la stabilisce il virus. Ma c’è fiducia, sia a Nyon sia a Palazzo Chigi. Voglia di ripresa che fa il paio con la “minaccia” di Nyon a chi, tra le federazioni europee, si tirerà fuori, con conseguente esclusione dai prossimi appuntamenti continentali. A parte le soliti liti condominiali, in tutti prevale il pensiero di portare a termine la stagione naturalmente a condizione che l’emergenza sanitaria sia del tutto rientrata, ribadendo che la saluto viene prima di tutto. Un mese più o meno necessario per la ripresa agonistica, con controlli specifici sui calciatori e sullo staff. La riunione in conference call ha prodotto il nulla, visto che al momento prevale il virus, ma intanto le date sono lì, sul tavolo. L’ipotesi è ripartenza tra il 20 maggio e il 3 giugno con chiusura a metà luglio. Oggi non è il momento di approfondire, ma il calcio vuole tornare a correre. Già stilati i calendari della possibile ripresa. Adesso spetta al virus, allontanarsi per poter dare fiato alle trombe.
Stipendi Nulla di nuovo invece sul fronte della riduzione degli stipendi dei giocatori. Parti ancora distanti. I club chiedono la riduzione per quattro mesi, l’Aic si ferma ad un solo mese. Distanza abissale. Ne consegue che se i prossimi incontri non porteranno all’accordo sindacale, è chiaro che i club si muoveranno in perfetta autonomia. Da quattro a uno, quanto è ora la distanza, troppo netta per ipotizzare una soluzione comune. Il che significa, che in mancanza di accordo, società e calciatori, tratteranno in maniera autonoma. Ma la disponibilità, al momento, è tutta da verificare.