Restare chiuso in casa “è difficile, mi manca essere libero come credo manchi un po’ a tutti. A parte fare un po’ di sport un paio d’ore in terrazza, da dopo pranzo alla sera è lunghissima”. Roberto Mancini vive così, a Roma, la sua ‘quarantena’. Ospite di “Un giorno da pecora” su RadioUno, il ct azzurro come tutti gli italiani sta facendo di necessità virtù e anche se continua a ‘studiare’, far trascorrere le giornate è difficile. “Era un momento in cui ci stavamo preparando per gli Europei, studiavamo gli avversari, ora continuo a vedere delle cose per lavoro ma leggo anche un po’, faccio un’ora di corsa sul tapis roulant o sulla cyclette”, la routine del tecnico jesino, aspettando che tutto torni alla normalità. “Mi fa molto effetto vedere quello che sta accadendo, le persone che vengono a mancare ai propri cari, spero si risolva al più presto, è tutto terribile. Il calcio viene in secondo piano, dispiace che non si possa giocare ma oggi la cosa più importante è risolvere questa situazione. Una volta risolta, può ricominciare tutto”. Nemmeno Mancini può sbilanciarsi su quella che può essere la data giusta per ripartire, di sicuro “prima di riprendere a giocare, i calciatori avranno bisogno di un tempo di allenamento. Penso che un paio di settimane, dieci giorni possano bastare per rimettersi un po’ in condizione anche perchè poi le partite saranno ravvicinate”. In questi giorni tiene banco la possibilità che le società chiedano a calciatori e allenatori di ridursi gli ingaggi per far fronte alle conseguenze economiche legate allo stop imposto dall’emergenza Covid-19. “Il calcio si è fermato ma, a meno che non si possa ricominciare per i prossimi sei mesi e allora il discorso sarebbe diverso, i giocatori, anzichè fermarsi a metà maggio, smetteranno a luglio – osserva il Mancio – I mesi che non hanno giocato li recupereranno dopo”.