Salvatore Savino *
È tempo di attesa: dopo tutto il can-can sollevato negli ultimi giorni, quelli successivi alla sconfitta con il Bologna, ora il popolo azzurro è in trepidante attesa di capire cosa sarà della squadra Azzurra. Come spesso accade, a Napoli c’è una spaccatura, una divisione: c’è chi, con ottimismo, crede alla voglia degli azzurri di riprendersi, di rialzarsi dalle macerie, e pensa che le parole piene di amarezza dell’allenatore in conferenza stampa, fossero solo frutto del dispiacere per la sconfitta, forse volte a motivare il gruppo squadra per riprendere subito la marcia verso i traguardi di stagione. Accanto a questa c’è però un’altra parte di tifosi, che invece la vede diversamente: per questi supporters, la situazione è molto meno rosea: si pensa che il giocattolo si sia rotto, che il gruppo si sia sgretolato sotto il peso delle responsabilità, dei carichi di lavoro, delle esigenze diverse tra i calciatori e le idee del tecnico. Non posso conoscere dove sia la verità, ma posso invitare tutti noi tifosi ad un ragionamento: cosa dobbiamo augurarci? Io credo che già abbiamo vissuto, e troppo di recente peraltro, cosa significa vivere una stagione post trionfo all’insegna del nulla, del non gioco, dell’ alternarsi di tecnici in panchina, dell’anonimato di una classifica senza infamia e senza lode, per poter riprovare questa orrenda situazione. A chi giova allora alimentare la zizzania? Non certo a chi ama il Napoli. Devo credere che chi ha vissuto un qualsivoglia spogliatoio sa che quando i calciatori sono tanti, diversi tra loro, con un vissuto e delle aspirazioni diverse, non sempre è facile trovare un nucleo comune in breve tempo. È l’anno dei mondiali, e tanti calciatori hanno la legittima ambizione di volerli vivere, di partecipare, di essere convocati dalle proprie nazionali, e di conseguenza il non giocare con continuità potrebbe rappresentare un ostacolo. Il tecnico ha certamente la competenza e l’esperienza per gestire questo come ogni altro problema che possa ostacolare il cammino della squadra. Non va trascurato un aspetto fondamentale: questa squadra era stata improntata e costruita, con notevole esborso economico per altro, soprattutto sulla coppia De Bruyne – Lukaku, immaginando che i due campionissimi della nazionale belga potessero riproporre in maglia azzurra quelle combinazioni e quella intesa, che negli anni ha prodotto gol e successi internazionali. L’infortunio di Romelu in ritiro, grave e di lunga durata, ha dato un colpo forte alla costruzione del sistema di gioco immaginata da Conte, e l’arrivo immediato di Hoijlund, per quanto validissimo calciatore, rappresenta una soluzione di ripiego, cui occorrono tempo e allenamenti per trovare la quadra tattica: il forte centravanti danese non è Lukaku, ha altre caratteristiche. Come se non bastasse, l’altro perno della costruzione del sistema di gioco immaginata ad inizio stagione, De Bruyne, subisce anch’egli un infortunio serio e di lunga durata, proprio mentre trafigge dal dischetto il portiere. Basterebbe ricordare l’importanza delle reti e degli assist di De Bruyne dall’inizio della stagione per comprendere quanto sia stato devastante il suo infortunio. E qualcuno sosteneva persino che l’assenza di De Bruyne forse poteva essere addirittura un’opportunità per tornare al precedente assetto tattico. Questo ad oggi lo stato dell’arte: agli occhi di tanti, il Napoli è in una involuzione completa: tattica, di risultati, fisica, complessa nei rapporti interni. Chi tifa Napoli ha quindi tutto il diritto di preoccuparsi, di temere che i sogni di inizio stagione possano già infrangersi miseramente, e magari già doversi predisporre ad un’annata di mediocrità.
È a questo punto però, che deve scattare la molla dell’amore: chi tifa Napoli, a mio parere, ha oggi il dovere di sostenere la squadra, di fare da schermo protettivo a tutti gli attacchi che vengono dall’esterno, anche di carattere mediatico. È proprio adesso che il Napoli ha bisogno dell’affetto dei suoi tifosi, è adesso che ai tifosi non deve più interessare se ci sono stati problemi nella preparazione atletica, se il 4-3-3 è meglio del 4-4-2, se gioca X gioca di meno mentre y gioca di più. Ora il Napoli deve compattarsi al suo interno: Conte ed i suoi giocatori devono confrontarsi, parlare e discutere, mettere sul piatto tutti i problemi ed affrontarli, risolvendoli. Tutti hanno i loro interessi e le loro ambizioni, come giusto che sia, ma esiste un interesse comune e prioritario: il Napoli. I tifosi devono stringersi intorno al gruppo: tecnico, calciatori, società, devono sentirsi protetti e avvolti dall’abbraccio del popolo azzurro. I problemi di conflitti interni devono e saranno risolti, appunto, all’interno. Fuori dallo spogliatoio, per chiunque osservi dall’esterno, il Napoli deve restare quello che è: la squadra campione d’Italia, ricca di campioni, di professionisti di valore assoluto, con un tifo senza pari, che rende l’azzurro il colore più bello del calcio. È il momento di stare tutti vicini al Napoli. “Non ti disunire !” recita il film di Sorrentino, ed è quello che i tifosi devono fare: non perdiamo la nostra compattezza, il nostro amore, l’attaccamento alla maglia, alla città, al nostro essere figli di Partenope, figli di una storia millenaria di capitale mondiale di storia, di arte di cultura e, non dimentichiamolo, di calcio. Noi abbiamo condiviso il nostro amore con e per il più grande di ogni tempo, e quindi abbiamo il dovere morale di onorarne sempre la memoria. Tutti insieme, accanto a tecnico e squadra, proviamo a battere l’Atalanta, e poi riprenderemo Il cammino. Ricordatelo, amici tifosi: nella vittoria, sono tutti innamorati di Napoli, ma nei momenti meno luminosi restiamo da soli. Per questo, restiamo vicini alla squadra e alla maglia, e difendiamo il nostro amore. Forza Napoli Sempre
*Scrittore, tifoso Napoli






