ITALIA

“Attacchi ingiusti a Spalletti”

Il presidente federale a ruota libera dopo il ko di Oslo

Nella foto: il presidente della Figc, Gabriele Gravina

Massimo Ciccognani

FIRENZE Lo sguardo ferito da una brutta sconfitta, la voglia di dare un calcio alle beghe del passato, rispondendo per le rime a chi attacca il calcio azzurro per partito preso. Gabriele Gravina va avanti, scosso, ma volitivo nel ribaltare una situazione obiettivamente difficile dopo il tracollo di Oslo. Lo ha fatto parlando dal palco del Festival della Serie A a Parma. “La partita di Oslo è stata, nell’ambito delle valutazioni tecniche, una gara in cui dobbiamo riconoscere che la Norvegia ha avuto una crescita esponenziale negli anni. Credo sia una delle nazionali più forti in assoluto, a livello tecnico, atletico: ha campioni straordinari. In questo momento dobbiamo riconoscere che sono più forti di noi. Si può anche perdere, il problema è capire come. In un momento così delicato per il nostro calcio, credo che un approccio diverso, che solleticava quel fuoco dentro, a cui spesso fa Gigi Buffon, poteva dare un epilogo diverso. Bisogna anche capire come si perde: quel modo non lo accetto”.

Tante possibili spiegazioni. “Ci sono elementi oggettivi e soggetti. L’elemento oggettivo è un campionato che ci ha consegnato ragazzi stremati, che il mister ha avuto la possibilità di vedere un paio di giorni. Diciamo che 5-6 calciatori sono arrivati due giorni prima della partenza: non si può preparare una partita contro una corazzata, con una concentrazione mentale di due mesi, come meritava una gara del genere contro questo avversario. Se avevamo capito l’ìmportanza della gara? Sperò di sì, altrimenti ci sarebbe da fare un’analisi molto più profonda: se perdi 8-9 calciatori su cui hai lavorato con un progetto tecnico-sportivo di avvicinamento alla qualificazione al Mondiale, che per noi è un obiettivo straordinario da centrare comunque, e non è stata sentita come doveva, c’è da fare un’analisi diversa”.

Nello spogliatoio, non c’è spaccatura, neppure dopo il caso Acerbi, nonostante qualcuno se ne faccia garante. “Non è corretto mettere in mezzo il caso Acerbi. Ho parlato a lungo con il ragazzo e in queste ultime ore con Spalletti. Non c’è spaccatura, c’è non molta lucidità dovuta a stanchezza fisica e a progettualità innovative che non abbiamo mai vissuto. I vecchi campioni non hanno mai vissuto l’intensità di questo calendario: l’11 diversi calciatori partono per il nuovo Mondiale per club, è una novità assoluta. Non c’è spazio per le competizioni, e la sommatoria di tutti questi elementi ha generato stanchezza fisica. Quando non sei molto brillante non sei molto lucido, c’è anche tanta amarezza: se pensate che l’ambiente viva questo con grande distacco, sbagliate. Non è così. Leggo cose stravaganti, anche di chi non conosce il regolamento: ho sentito commenti così negativi sulla nostra competizione, di gente che già celebrava la mancata qualificazione al Mondiale come se fosse già eliminata. È la prima di otto partite, non tutti sanno che non valgono gli scontri diretti in caso di arrivo a pari punti, ma la differenza reti: giochiamo! Noi dobbiamo andare al Mondiale, non piangersi addosso e cogliere l’occasione per attivare movimenti di critiche soggettive legate a uno o all’altro”.

Italia messa male, e un altro mondiale a rischio. Gravina non vuole pensarci. “E’ una cosa che mi fa stare male e quindi non ci penso. È un progetto cui credo, noi abbiamo investito tantissime energie: sento critiche da gente che chiede cosa abbiamo fatto. Guardate i risultati delle giovanili: sono storici. Non voglio elogiare il nostro operato, ma è assurdo non valorizzare aspetti progettuali di un percorso cha ha portato alla prima vittoria storica dell’Under 17 in Europa, e a tanti altri risultati. Pensate davvero che, dopo aver abbandonato per ragioni anagrafiche grandissimi campioni, l’Italia potesse vivere di rendita sulla sua storia? No, la storia si costruisce: non si tramanda come fosse un’eredità. Dobbiamo guardare ad altre nazioni, l’Italia peraltro ha vinto per la prima volta il premio Burlaz (dedicato dalla UEFA alle federazioni con i migliori risultati giovanili, ndr): chi lo ha vinto, poi nel giro di cinque anni ha vinto Europei o Mondiali, unica eccezione l’Inghilterra che ha perso con noi in finale degli Europei. Vuol dire che la Nazionale del futuro la stiamo costruendo nel tempo. Poi ci dobbiamo assumere delle responsabilità, io per primo: dobbiamo accelerare”.

Da cambiare il sistema, mica facile. “Dobbiamo puntare sulla valorizzazione dei giovani, non possiamo avere tre macro-aree che lavorano senza dialogare: settore tecnico, settore giovanile, Club Italia. Fondiamole, con un unico direttore tecnico. Noi abbiamo 50 centri federali sparsi in Italia: lo dico onestamente, è un progetto da rivedere. Ci vuole più tecnica. È quello il momento dell’educazione: noi siamo abituati a imporre ai ragazzi una metodologia legata alla pedagogia delle competenze. Pensiamo di doverli rendere tabulae rasae da riempire di nozioni: noi dobbiamo porre un seme, e dobbiamo farlo non solo nella scuola ma anche nella scuola calcio”.

Il progetto va avanti, Gravina lo difende a denti stretti. “Assolutamente, come quasi il 99% dei delegati federali che mi ha dato fiducia mesi fa. Non vedo possibilità di mollare in un momento così delicato. Se dovessi immaginare ipotesi alternative possano dare un contributo innovativo e stravolgente lo farei, ma sono convinto del contrario: potrei generare un ulteriore danno. Abbiamo obiettivi, dobbiamo portare avanti il lavoro condiviso in particolare con la Serie A: erano anni che non avevamo modalità di dialogo e di collaborazione come in questo periodo, fondamentale per il sistema”.

Puntare sui giovani, la parola d’ordine. “Il talento c’è, lo confermano le certificazioni. All’ultimo mondiale Samuele Inácio ha fatto benissimo e ora andrà al Borussia Dortmund: al talento servono opportunità, e per averle servono coraggio. Due anni fa Lamine Yamal o Antonio Nusa non erano quelli che sono oggi, lo sono diventati con la possibilità di giocare: qualcuno ci ha creduto”.

Il problema restano gli stranieri, troppi. “Purtroppo non li possiamo limitare. Ci sono norme legate alla tutela del lavoro e alla libera circolazione dei calciatori. Parlo degli europei, non puoi impedire l’ingresso: per gli extracomunitari esiste già un limite dettato dalla Bossi-Fini. Pensare di imporre a società di capitali di perseguire interessi diversi è impossibile. Non è un problema di vincoli, ma di vocazione: l’investimento sui giovani non è una prerogativa solo di alcune realtà nell’interesse della Nazionale, ma è una scelta di visione. Di chi ritiene che i vivai e le infrastrutture siano la soluzione per il futuro. Se qualcuno mettesse obblighi, e qualche soggetto facesse ricorso, sarebbe peggio”.

Dalla riforma Zola ad un futuro diverso. “Esatto. In Premier per esempio avviene: tutti lavorano nell’ottica della formazione, dell’educazione, dal basso, per offrire al campionato professionistico calciatori. Sono convinto che da noi sia mancato il senso di sistema: la conflittualità tra FIGC e Lega Serie A, dovuta anche a personalismi, oggi non c’è più. A noi è mancata, penso anche alla Serie A”.

E intanto Lotito ne ha invocato le dimissioni. Gravina fa spallucce. “Non posso rispondergli, lui più volte tende a portare i discorsi a livelli molto bassi e lì è imbattibile, non accetto la sfida su questo terreno. Non si può affrontare un tema così delicato con il rancore che ha sempre distinto la sua attività nei miei confronti. L’etimologia di rancore porta al rancido: è qualcosa che non mi appartiene. Lascio a lui quelle espressioni”.

Gravina è un fiume in piena, infastidito da voci destabilizzati. “Cosa mi ha dato più fastidio? Gli attacchi di certi soggetti, come questo personaggio: sono l’emblema di un immobilismo che abbiamo ereditato, ma che dobbiamo rivoluzionare. Sono strumentali e inutili. Mi ha dato fastidio una scarsa informazione dei temi reali, un attacco a una persona che io stimo, perché è la persona più corretta che abbia mai incontrato nel mondo del calcio. È una persona straordinaria, di animo nobile: gli attacchi che sta subendo in questo momento sono immeritati. Lo dico con amarezza e morte nel cuore: è una persona per bene, davvero. Lui al calcio serve, fa bene, ed è un grande signore: io in queste ore ho parlato a lungo con lui, e gli lascerò alcune considerazioni che continueremo a fare. Ha subito un attacco mediatico immeritato”.

E c’è uno Spalletti voglioso come non mai. “L’ho trovato molto combattivo, ha indossato l’elmetto. E’ ferito, ha sempre inteso il suo ruolo come un servizio all’Italia: è questo che dobbiamo trasmettere. Se io ho responsabilità, se le ha lui, forse non siamo stati bravi a far capire ai ragazzi cosa significa l’orgoglio di appartenenza a questa maglia. I ragazzi dell’82 e del 2006 forse tecnicamente erano inferiori ad altre squadre, ma avevano voglia di dimostrare di essere italiani. Noi dobbiamo dimostrare questo, che l’Italia è l’Italia: dobbiamo rialzarci subito, non possiamo pensare che, per una caduta o per un incidente che dura da tempo, dobbiamo trovare alibi. È il metodo peggiore, e non è sbagliato solo nel calcio e nella vita”.

Gravina rilancia la sfida, se vale anche per Spalletti lo scopriremo presto. “Stiamo parlando. Con grande senso di responsabilità dobbiamo trovare un modo di rilancio domani sera e poi dobbiamo arrivare nelle migliori condizioni per affrontare le ultime sei partite, sapendo che la Norvegia arriverà poi in Italia. Incontri? Non c’è un appuntamento fissato per martedì, c’è un continuo contatto. Io parlo tantissimo con Luciano, abbiamo parlato ieri sera fino a tardi. Lui è una persona molto responsabile, gli faccio i complimenti. Oggi continueremo a parlare e poi vedremo cosa verrà fuori. Luciano ha particolarità, ma ha una nobiltà d’animo straordinaria. È la persona più bella che ha incontrato nel mondo del calcio”.

Obiettivo crescere e mettersi al pari di altre federazioni. “Nel mondo del calcio dobbiamo scoprire anche il senso di un fine di interesse nazionale, di sistema: abbiamo abbandonato, ahimè, gli unici due asset fondamentali per dare stabilità e stiamo scoprendo il prezzo da pagare. Spesso si parla dei contenitori come fini a sé stessi: penso al concetto di sostenibilità, se non si pensa al contenuto. Io, insieme ad altri amici che hanno responsabilità nel mondo del calcio, ho avuto il piacere di vivere finali di Champions o di Europa League in strutture eccezionali: in Italia facciamo fatica a mettere insieme strutture per difendere la candidatura a Euro 2032. La dice lunga sulla difficoltà di capire che gli unici due asset fondamentali siano strutture e settori giovanili: a noi manca questa logica. Noi non possiamo pensare di vivere solo sulla base del risultato: se non abbiamo le strutture diventa tutto faticoso”.

Euro 2032, Italia in ritardo con gli stadi. Gravina ammette. “Siamo in ritardo, la candidatura risale a diversi anni fa. Per fortuna c’è un percorso di comprensione da parte di alcune persone in Serie A che hanno capito l’importanza del tema. La visione di soggetti come Rocco Commisso, che comunque sta investendo e ha investito uno dei centri sportivi più belli del calcio europeo, o il rapporto di collaborazione eccellente in Emilia Romagna con un uomo visionario come Joey Saputo, che elogerò sempre perché è più italiano di tanti, come pure l’impegno a Napoli, Udine, Milano, Trieste, Bari mi fanno ben sperare. Ho sentito che la prossima settimana dovremmo avere il commissario sugli stadi: non so se sia la soluzione, io penso che servano visioni e rapporti leggeri. Se poi il commissario sarà in grado di sdoganare tutti i processi, ringrazieremo il governo italiano: oggi siamo più interessati a valorizzare il lavoro di chi può investire nel calcio italiano”.

Intanto, torniamo ad investire dal calcio azzurro e rilanciamo la sfida.