Salvatore Savino *
Ci sono due prospettive da cui guardare la partita con il Genoa ed il risultato che ne è scaturito: una, che per praticità potremmo definire negativa, ed una, per opposizione, positiva. Parliamo di calcio, e da una posizione di pieno coinvolgimento emotivo, per cui non è certo possibile assumere una terza ipotesi, quella oggettiva, che si baserebbe sulla semplice osservazione dei fatti e dei numeri da cui ricavare la soluzione del problema. A scanso di equivoci, voglio immediatamente chiarire la mia posizione, che è quella della visione positiva, ma vorrei anche motivare e spiegare la scelta. Prima della partita di domenica scorsa con il Genoa, il Napoli aveva davanti tre gare da vincere, e aveva dalla sua anche un bonus, che consisteva nel poter anche concedersi un pareggio, senza che ciò inficiasse il primato in classifica. Quello che è accaduto è solo questo: il Napoli si è giocato la fiche bonus proprio nella prima gara del trittico finale, e non è detto che questo sia stato un male. Se proprio bisognava perdere il jolly, e non vincere una delle partite, molto meglio che ciò sia accaduto alla prima. Innanzitutto, perché si giocheranno le restanti due tenendo comunque il punto di vantaggio in classifica, e poi perché, aver visto come anche una partita sulla carta facile possa prendere una brutta piega, farà sì che certamente i giocatori andranno in campo contro il Parma con una diversa consapevolezza. Sulla gara contro gli emiliani, bisogna essere chiari: non è accettabile sentire chi racconta della grande motivazione che animerebbe i ducali, vista la salvezza da raggiungere, ed il motivo è presto detto: qualcuno conosce nel mondo del calcio italiano una motivazione più forte di vincere uno scudetto a Napoli? Dal punto di vista tecnico, ritengo persino superflua un’analisi comparativa tra le due squadre, dall’allenatore agli uomini in campo ed in panchina. Ergo, non vedo altro risultato che la vittoria. Qualcuno obietterà che lo stesso discorso si sarebbe potuto fare anche contro il Genoa, e non avrebbe torto, ma la risposta l’ho data prima, ed è quella che il Napoli forse ha inconsciamente pensato di giocarsi il bonus. Proviamo ad immaginarla questa partita, ovviamente solo dalla parte del Napoli, non per presunzione, perché occorre sempre avere il massimo rispetto per l’avversario e mai la paura, ma semplicemente per le differenze tecniche e motivazionali che dovrebbero, anzi, devono, non farci basare sull’avversario. Considerati gli infortuni ormai storici, quelli di Buongiorno e Juan Jesus ad esempio, cui si è probabilmente aggiunto Stani Lobotka, i dubbi di formazione credo siano sempre gli stessi: linea a tre con Oliveira centrale per garantire il posto a Jack Raspadori accanto a Lukaku, o il ritorno al 4-3-3 con il rientro di David Neres? Non possiamo saperlo: le scelte e le decisioni sono di Conte, e in questo momento non le commento ne’ le critico. Siamo davanti ad un’opportunità enorme, alla possibilità di realizzare un sogno di cui nemmeno riusciamo a percepire la portata, e, da tifoso del Napoli, credo che la cosa migliore ora sia solo essere accanto alla squadra, condividere ogni scelta come la migliore possibile, dar forza ai ragazzi nei momenti di eventuale difficoltà, far sentire ogni singolo calciatore come il più forte al mondo, pronto ad affrontare gli avversari senza alcun timore. Come vi scrissi la volta scorsa, siamo stati subissati da mille notizie di calciomercato, abbiamo persino conosciuto i gusti immobiliari delle consorti di importanti campioni, oltre a doverci rendere conto che, se fossero vere la metà delle trattative di cui si scrive e si parla, la prossima stagione il Napoli avrebbe una rosa di circa cinquanta calciatori. A noi questo non deve interessare adesso, nemmeno un po’. Per il mercato della prossima stagione ci sarà tempo, e ne parleremo con interesse e dovizia di particolari, ma non ora. Allo stesso modo, vorrei subito dire che non mi interessa, neanche minimamente, sapere adesso se Conte l’anno prossimo sarà o meno l’allenatore del Napoli: la mia non è una ingratitudine o un’antipatia personale verso il tecnico, ma solo la scelta logica rispetto a quanto dicevo prima: non è il momento di parlarne adesso, ora abbiamo ben altro a cui pensare. Questo è il tempo in cui bisogna cullare il sogno, è il tempo di ritornare a quando, bambini, ci emozionavamo con i nostri genitori e i nostri nonni, che con la radiolina accesa seguivano “Tutto il calcio minuto per minuto”, nella speranza di sentire che il Napoli aveva segnato. E poi, quel giorno di maggio del 1987, quel 10, il giorno che aveva lo stesso numero del nostro immenso condottiero. Le case profumavano del ragù che pippiava sul fuoco lento, e le mamme ci guardavano, a metà tra la felicità e l’incredulità, mentre ci preparavamo per andare a Fuorigrotta. Non lo avevamo vinto mai, e negli occhi dei più anziani le lacrime della gioia si mescolavano a quelle per le tante umiliazioni subite, a tutte le volte in cui i sogni si erano infranti, ma quella giornata era diversa. Bandiere, drappi, ogni casa era tappezzata di azzurro. Ecco perché non possiamo pensare ad altro che non sia la partita di Parma: lo dobbiamo a chi tra quelli di quel maggio di tanti anni fa ora non c’è più, e magari fu proprio quello che da bambino ci insegnò’ ad amare la nostra maglia. Lo dobbiamo a quelle mamme che ci aspettavano preparandoci la cena ai nostri ritorno festeggiante, a quelle nonne che sorridevano felici, tenendo tra le mani i ferri della lana, al solo pensiero di vederci gioire, ubriachi di azzurro. Lo dobbiamo ai nostri figli, a quelli che adesso sono bambini e cominciano ad amare questi colori, sentendosi così vicini ai loro padri. Sono loro che adesso, come facemmo noi, giocano a pallone nei cortili, sognando di essere uno dei loro idoli, e di poter urlare che il Napoli è campione. Prima di salutarci, voglio regalarvi una fotografia di quel giorno: sulle tribune, in mezzo ad un tripudio di bandiere, di cori, di tamburi, piangevamo di gioia tutti: intorno a me sembravano tutti tornati bambini, e giocavano, facevano Il girotondo, si tenevano per mano, come proiettati in un paradiso senza tempo. Mentre mi guardavo intorno, rapito da tanto amore, mi si avvicina un uomo anziano, magro con i capelli, ancora tanti peraltro, di un bianco che ricordava la neve. Mi guardò negli occhi, e mentre una lacrima gli scivolò sul viso rugoso, mi disse: – giuvinò, sto io solo qua, vi posso abbracciare ?- Stemmo stretti così, felici, per qualche secondo che mi sembrava l’eternità, mentre tutto intorno era una festa azzurra. Ora quel vecchietto non sarà più qui, sarà accanto a Diego, a Totonno Juliano, al Petisso Pesaola, e tutti insieme aspettano di fare ancora festa. Napoli mio, lo dobbiamo anche a loro: a Parma c’è un solo risultato, la vittoria. Credici con tutte le tue forze. Noi siamo accanto a te, e sarai di nuovo campione. Forza Napoli Sempre
*Scrittore, tifoso Napoli