Leonardo Tardioli
Più che uno scontro-salvezza Verona-Parma è una partita che racchiude anche storie di un calcio che oggi sembra non esserci più, con protagonisti – allenatori e giocatori – ancora ricordati dai tifosi. Rientra in questo gruppo anche Gianluca Falsini, oggi allenatore e fino alla scorsa stagione sulla panchina della Roma Primavera. Ex terzino di entrambe le squadre, dove ha condiviso lo spogliatoio con giocatori del calibro di Cannavaro, Thuram, Buffon o Di Vaio e tecnici come Prandelli, Malesani o Sacchi. Tutti allenatori da cui ha cercato “di prendere qualcosa” che oggi cerca di rimettere in pratica raccontando anche i temi della partita di domenica 23 novembre.
Come arrivano le squadre alla partita anche in virtù dei risultati dell’ultimo turno?
“Arrivano entrambe con dei problemi. Il Parma deve sostituire Suzuki che è un giocatore veramente importante ed è un leader, oltre che un portiere di assoluto livello. Il Verona ci arriva col fatto che non ha ancora vinto. Gli mancherà Serdar che secondo me è il giocatore migliore che ha a centrocampo per gli inserimenti. In questo momento gli servono come il pane giocatori del genere e purtroppo il migliore che ha in rosa non ci sarà. Credo che sia avvantaggiato un pochino più il Parma”.
Il Verona può risentire del fatto di non aver ancora vinto fin qui e quanto?
“Spero sinceramente che non inizi a giocare con la paura. Perché se fosse così disconoscerebbe i valori e soprattutto i concetti di gioco che, a parte due o tre partite, ha dimostrato di avere. Quindi spero che non sia una limitazione. Più si va avanti e più la cosa inizia a pesare”.
L’allenatore scaligero Paolo Zanetti come può gestire una situazione così di una squadra che gioca bene, concretizza poco e non ha ancora preso i 3 punti?
“Zanetti è sicuramente un buon tecnico e deve fare leva sul fatto che giocano meglio degli altri che dominano il gioco che sono cose non da poco e di migliorare i piccoli particolari che però in questo momento sono fondamentali. È chiaro che deve tenere sempre viva la fiamma dell’entusiasmo e deve cercare compattezza che è fondamentale da questo punto di vista. Significa che tutti siano consci che devono dare qualcosa in più”.
Il Parma con quale atteggiamento tattico può affrontare la partita?
“Credo che il Parma affronterà la partita contro il Verona come ha sempre affrontato e giocato tutte queste partite. Squadra equilibrata, solida che cerca di sviluppare il proprio calcio. Mi aspetto una squadra concreta con dei giocatori sicuramente validi di spessore. Cherubini ha costruito una buona squadra e mi aspetto che si difendano bene e che attacchino con qualità”.
Vincere per i ducali aprirebbe ad un altro campionato?
“Non penso che vincere a Verona possa aprire un altro tipo di campionato per il Parma. Secondo me invece, è molto più importante per l’Hellas perché comunque vincere contro il Parma li sbloccherebbe dal punto di vista mentale. Se vincessero i ducali ci sarebbe una discrepanza ancora più grande con le dirette inseguitrici, però non penso che sia questa la partita che della svolta”.
La partita può già considerarsi decisiva per la salvezza?
“Non la ritengo decisiva, anche se sarà molto importante. Vincere gli scontri diretti ti fa crescere molto a livello mentale”.
Veniamo alla sua carriera, lei debutta in A con il Parma, ricordi di quel giorno e di quella squadra?
“Beh come dimenticare l’esordio in A contro Napoli. Era al San Paolo, l’odierno Maradona dove appunto aveva giocato il più forte giocatore della storia del calcio. Lo stadio era pieno e l’allenatore del Napoli era Marcello Lippi, il nostro era Nevio Scala. Mi ricordo che sono entrato col numero 15 e ho sostituito Alberto Di Chiara. Un’emozione unica, mi ricordo che appena presi palla, dopo un paio di minuti, cercai di dribblare un giocatore e all’epoca il mio allenatore della primavera me lo rimarcò. Questo perché mi disse: “Tu sei un pazzo, entri, esordisci in serie A e la prima cosa che fai è dribblare”. I ricordi sono indelebili però con lo stadio che era bellissimo, C’era un sacco di passione che il San Paolo sa veramente trasferire ed è stato per me il coronamento di un sogno: quello di giocare e di esordire in serie A a 18 anni. Non è poco”.
Poi due anni a Verona dal 1998 al 2000 con una promozione dalla B e la salvezza in A l’anno dopo con Prandelli in panchina.
“Sì, diciamo che a Verona sono arrivato dopo due anni in cui avevo fatto una stagione in C uno e un altro anno di B a Padova. Sono stati due anni incredibili, abbiamo vinto il campionato cadetto 1998/99 dove l’altro sono stato premiato come miglior difensore dell’anno e la stagione successiva in A siamo arrivati a metà classifica nel periodo dove c’erano le “sette sorelle” nel campionato italiano e ed erano in giocabili. Quindi diciamo che abbiamo fatto veramente due campionati incredibili. Cesare Prandelli era un allenatore giovanissimo, anche lui alle prime esperienze. Eravamo veramente fighi, nel senso che giocavamo con coraggio, in verticale ed era difficile per gli altri affrontarci. Secondo me abbiamo fatto due stagioni memorabili, tant’è che molti tifosi dell’Hellas ci ricordano come una delle squadre più belle da vedere nella storia scaligera degli ultimi 30-40 anni”.
Stagione 2000/01 torna al Parma conquista il 4° posto con tre allenatori diversi: Malesani, Sacchi, Ulivieri. Quell’anno perdeste anche la finale di Coppa Italia contro la Fiorentina.
“Sono arrivato a Parma in un periodo un po’ particolare per la squadra soprattutto perchè ci sono stati degli avvicendamenti in panchina. Alberto (Malesani ndr) era partito male, poi è arrivato Sacchi e alla fine Renzo Ulivieri. Perdemmo la finale di Coppa Italia giocata su partite di andata e ritorno con la Fiorentina e diciamo che è stata un’annata per me chiaroscura perchè dovevo andare in Nazionale ed ero in rampa di lancio. Ricordo che Trapattoni in un’intervista disse che avrebbe convocato uno fra me e Coco del Milan. Poi mi sono fatto male contro il Vicenza e da lì la mia stagione è andata assolutamente in calando. Ho avuto la fortuna, comunque, di avere tecnici bravissimi: Malesani, Sacchi ma anche lo stesso Ulivieri. Tre modi di vivere e fare calcio in maniera completamente diversa. Però è stata una bella annata dura tosta dove ho esordito nelle coppe europee dove ho fatto tra le sei e le otto presenze complessive. È stata veramente un’annata importante fino a dicembre. Poi dopo diciamo che da gennaio in poi sono cambiate un po’ di situazioni”.
Oggi Falsini è un allenatore, quanto ha preso da quelli citati fin qui? E come definirebbe il Falsini allenatore?
“Sicuramente ho preso da Sacchi la maniacalità dell’organizzazione dell’allenamento. Da Malesani ho preso l’indole di cercare di non dare punti di riferimento in avanti attraverso il movimento. A Prandelli ho cercato di prendere l’equilibrio e la verticalità. Oggi mi definirei un allenatore verticale che mette al centro del proprio progetto tecnico prima l’uomo poi il giocatore. Mi piace molto creare spazi e che ci sia un sistema di gioco dinamico, di corsa, in una parola pensante. Mi piacciono i calciatori che in campo improvvisino giocate come se suonassero il jazz, musica che richiede uno studio infinito. Mi piacerebbe che i miei ragazzi e l’allenatore Falsini fossero una cosa di questo genere e mi piacerebbe vedere una squadra che oltre a giocare bene vinca”.






