SERIE B

Sassuolo, una storia scritta a pelo d’erba

Neroverdi di nuovo in A: galoppata trionfale per gli uomini di Fabio Grosso

Nella foto: festa Sassuolo (foto Michele Finessi/Image Sport)

Antonio Mengoni

Per favore, non chiamatelo miracolo. Il ritorno in serie A del Sassuolo, non ha nulla di miracoloso, ma solo figlio della capacità di programmare, anche dopo una dolorosa retrocessione. Undici stagioni tra i grandi, una società modello, uno stadio di proprietà e zero debiti. Solo grandi calciatori da esportare al miglior acquirente. Nomi tanti, potrebbero che bastarebbero per allestire una squadra da scudetto: Lorenzo Pellegrini, Locatelli, Frattesi, Scamacca, Raspadori, Consigli, bastano e avanzano per dare la dimensione di un club con la spalle diritte e bilanci sani. Giorgio Squinzi, l’indimenticato patron della scalata alla serie A, ha lasciato in dote, dopo la sua morte, il coraggio di osare e la forza nel credere sempre nelle proprie idee. Un management sano, dal direttore generale Andrea Carnevali, che di calcio ne mastica, al ds, quel Francesco Palmieri, promosso dopo anni di apprendistato quale responsabile del settore giovanile. Una società fatta in casa, un modello da seguire. Che non si è fatto sorprendere neppure dopo la retrocessione in B dopo undici anni tra i grandi. Ma il progetto non poteva cambiare, il Sassuolo non è e non sarà mai una meteora fintanto i connotati saranno quelli dettati da Squinzi. Niente a che vedere con il Chievo Verona che dopo l’addio di Campedelli non è più tornato a galla e oggi sopravvive in serie D. Domenico Berardi era l’altro grande nome da sempre sul taccuino dei grandi club. Non è mai partito, tantomeno quest’anno che c’era da riconquistare la serie A. Lui e Laurentè sono da serie A, come lo è lo sponsor, la Mapei, come lo è il campione del mondo Fabio Grosso che sa bene come vincere. Detto, fatto, senza pensare sia stata una passeggiata. Lo è diventata col tempo, dopo un inizio travagliato, con soli cinque punti nelle prime quattro giornate, la sconfitta in casa contro Cremona che avrebbe steso chiunque. Non chi è abituato a lottare. Merito di Fabio Grosso che ha fatto un’altra operazione da favola, come quel rigore alla Francia che ci ha regalato il titolo di campione del mondo. Veniva dall’esperienza poco simpatica di Lione dove non lo hanno capito e supportato e neppure sopportato vista l’aggressione di cui è rimasto vittima. Poi, il Sassuolo, a testa alta. Ha rimesso in piedi la squadra, la proprietà ha creduto in lui anche dopo quel l’avvio stentato e un tredicesimo posto che faceva presagire giorni funesti. Berardi si è caricato la squadra sulle spalle, la macchina da guerra è tornata in funzione e ha vinto il campionato per distacco con cinque giornate di anticipo. Vincere non è mai facile, quanto meno in serie B, e per conferma chiedere a Salernitana e Frosinone, le altre due retrocesse della passata stagione, per comprendere l’entità dell’impresa Sassuolo. Una marcia inarrestabile che premia società, tecnico e calciatori, tutti protagonisti con la stessa percentuale. 

Perché vincenti non ci si nasce, ci si diventa, con la forza delle idee, senza farsi schiacciare dalle voci di chi indicava il Sassuolo come la terza vittima della nobiltà perduta. Sassuolo ha vinto, pronto a scrivere nuove meravigliose pagina di una storia vissuta a pelo d’erba.