Salvatore Savino *
Siamo alle solite. L’ inopinata sconfitta arrivata sulle rive del Lario, ha dato il via ad un classico della storia azzurra: la ricerca del colpevole, che però a Napoli funziona con determinate caratteristiche. Prima di tutto, ascoltando i discorsi degli appassionati, nella ricerca del colpevole, si fa la prima discriminante: ci sono quelli che sono colpevoli sempre e comunque, persino se assenti, e ci sono gli Intoccabili, quelli che invece quasi per diritto divino non si possono criticare, neanche se sono colti in fragrante, se si può dire così. Inutile precisare che a Napoli il colpevole preconcetto è sempre la società, alla quale vengono sistematicamente attribuite tutte le colpe possibili, qualsivoglia sia l’argomento in discussione. Di contro, se qualcuno osa criticare per esempio alcune scelte dell’allenatore, viene additato come colui che si schiera a favore della società, quasi un nemico. Continuando così, non riusciremo mai a fare il salto di qualità che ci consentirebbe di considerarci davvero tra i top Club del calcio nazionale ed internazionale. Dobbiamo partire da un presupposto, almeno per chi vi scrive: tutte le critiche, le valutazioni, gli approfondimenti, che settimanalmente si cerca di porre alla vostra attenzione, nascono da un amore viscerale e smisurato per la mia squadra e per la mia città, per quella moglie azzurra che mi accolse, bambino, sui gradoni di Fuorigrotta. Quegli occhi di bambino che si bagnarono di lacrime di emozione, quando vidi spuntare la prima maglietta azzurra da quelle che una volta erano le scalette degli spogliatoi, non mi hanno mai lasciato, e sono passati più di 50 anni. La premessa si rende necessaria per poter esprimere il mio pensiero, senza che qualcuno possa diversamente leggere tra le righe. Ritengo che l’esperienza dello scorso anno avrebbe dovuto insegnare qualcosa, e precisamente che non abbiamo ancora la struttura, né economica né tecnica, né l’attitudine al vertice, cose che avrebbero probabilmente evitato un tracollo come quello che si è verificato. Più di ogni altra cosa però, in questi anni nei quali la squadra ha provato a crescere, raggiungendo lo scudetto, il primo senza Diego, non altrettanto si può dire di quel che gravita intorno alla squadra stessa. Su certi atteggiamenti, il tempo sembra non essere passato. Sembra incredibile, eppure ancora oggi, a Napoli un risultato positivo o negativo che sia, apre le strade a divisioni, conflitti, prese di posizione su questo o quel calciatore, senza che ci si renda conto che è frammentarsi la prima causa del mancato raggiungimento di qualsivoglia traguardo. Cominciò ad insegnarcelo Rafa Benitez, quando parlava di dover lavorare spalla a spalla, cioè con tutte le componenti che ruotano intorno ad una squadra di calcio che vanno nella stessa direzione, e poi Luciano Spalletti, che blindò lo spogliatoi al grido di “uomini forti, destini forti”, stringendo un silenzioso patto con la città che portò al titolo. Ora, quando si parla di calcio, tutti si sentono in grado di parlare, tutti ritengono di potersi esprimere su qualunque argomento e, come prima passo di crescita, bisognerebbe chiarire che non è proprio così. Chiaro ed evidente che ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni e le proprie idee, e ci mancherebbe altro. Quello che però bisognerebbe capire, è che se voglio dire la mia su un qualunque argomento, devo conoscerlo a fondo, devo avere piena conoscenza di quello di cui sto parlando, soprattutto se si vuol discettare di argomenti tecnici specifici. Se sono un appassionato del buon cibo e frequento tanti ristoranti e per tanti anni, posso certamente fare un confronto tra pietanze, tra gusti, profumi, ma non sono autorizzato a spiegare ad uno chef stellato come si prepara il risotto o il filetto. Nel calcio questo invece accade quotidianamente, e non ci si rende conto che, senza preparazione alle spalle, anche una cosa manifestamente infondata, al tempo dei social, si propaga come dogma di fede. Veniamo alla situazione attuale, cercando di parlare di fatti e non di opinioni, come recitava un vecchio spot. É chiaro a tutti che il Napoli in questa stagione doveva riprendersi dal tonfo della scorsa stagione? Se la risposta è sì, il successivo quesito è: per ottenere questo risultato, la società si è mossa cambiando totalmente non solo l’asset dirigenziale e tecnico, ma anche fornendo a quest’ultimo una campagna acquisti che può definirsi epocale per il Napoli, viste le cifre stanziate? E se la risposta è ancora sì, vuol dire che le aspettative del Napoli dovevano essere quelle di una risalita in classifica e di una conquista di una posizione Champions. Orbene, grazie al lavoro di tutti, dal Presidente all’ultimo dei tifosi, la squadra sta andando oltre le più rosee attese. Costruita per tornare in Champions, affidata si’ ad un grande tecnico, ma non ancora paragonabile, per numero e qualità, alla rosa alle candidate al titolo, è invece lì a lottare, contro una corazzata costruita senza limiti di spesa e di debiti, e con un monte ingaggi enorme rispetto al nostro. A questo punto, davanti ai tifosi si presenta un bivio, e bisogna scegliere quale strada prendere. Si può scegliere la strada della critica, e tutti siamo liberi di perseguirla, e significa dire che la società doveva far meglio al mercato di gennaio, magari acquistando qualche rinforzo, (e poco importa capire se ci fossero disponibili calciatori adatti allo scopo), ma si può anche asserire che nell’ultimo mese si è avuta l’impressione che il tecnico non abbia inciso in positivo sui risultati, magari non condividendo alcuni cambi, nei modi e nei tempi. Se si sceglie la strada della critica inoltre, si potrebbe anche ipotizzare critiche ai calciatori, chi perché appare lento, chi perché non segna tre gol a partita, chi perché dopo tante stagioni al top sbaglia un retropassaggio e così via. Si potrebbero trovare negatività in ogni settore. In alternativa, ed è quella che mi piacerebbe scegliessimo tutti, c’è la strada del fare gruppo, dello stringersi tutti a protezione di questa squadra. Oggi siamo vicini ad una sfida che potrebbe rappresentare tutto e ancora niente nell’ottica finale del campionato, e scegliere la strada della critica non serve, non aiuta, ci bastano già i problemi e le assenze che abbiamo, per poter dare spazio anche alle critiche preconcette. Anche io vorrei dare sfogo a tanti pensieri, vorrei chiedere il perché dei sistemi di gioco, delle sostituzioni, ma credetemi, non penso che sia il momento giusto. Ora è il momento di fare solo i tifosi, anzi, di più, di fare gli innamorati del Napoli. Stiamo tutti vicini ai ragazzi, al mister, alla società. Avrei voluto vedere in questa settimana i tifosi scortare la squadra con cori e bandiere. Come andrà non lo possiamo sapere, ma abbiamo una certezza: noi siamo un solo cuore e una sola anima, azzurra come il cielo e il mare di Napoli, e tu, Napoli mio, si stato ‘o primm’ ammore…e ‘o primmo e l’urdemo sarrai pe ‘mme. Forza Napoli Sempre
*Scrittore, tifoso Napoli