Massimo Ciccognani
LONDRA Como no te voj a querer? Già, perché è impossibile non amarti. Il Real Madrid è la storia del calcio. Quindici Champions League, nessuno come la casa Blanca, una storua scritta a pelo d’erba, da Di Stefano a Francisco Gento, da Amancio a Pirri, da Emilio Butraguegno a Raul per finire ai tempi nostri, Cristiano Ronaldo e Sergio Ramos, Modric e Kross.
E’ il fascino della Casa Blanca, di un club unico, il migliore al mondo. Non si vince mai nulla per caso, tanto meno a Madrid dove nulla è lasciato al caso, dove la programmazione è il dogma di chi vive di pane a pallone, di chi conosce una sola parola, vincere. E lo fa sistematicamente: quindici Champions, oltre il doppio del Milan secondo.
E quella Casa Blanca le cui pareti trasudano storia, che è sempre avanti a tutti. Chiedere a Florentino Perez e al suo gruppo dirigente. Hanno speso un miliardo e ottocento milini per il nuovo Santiago Bernabeu, un gioiello sotto tutti i punti di vista. Hanno inventato il terreno di gioco a scompafsa, uno scherzo da 350 milioni, per far si che lo stadio potesse essere utilizzato 365 giorni all’anno. Il costo sarà ammortizzato in un battito di ciglia. Uno stadio all’avanguardia, ma non solo, perché a Madrid si vive di emozioni primarie.
Si vive per vincere, per scroivere ogni anno un altro pezzo di storia in un libro che è frutto di passione, amore. Emozioni da sempre, una storia che si rinnova, che guarda al futuro con la velocità della superfibra, ma senza perdere mai di vista il presente.
Non doveva essere il suo anno, per una serie di situazioni contingenti che hanno rischiato di far finire la stagione senza titoli. Troppi infortuni, Alaba, Militao, Courtois, quelli più gravi, senza dimenticare gli stop forzati di Camavinga, Vinicius, Bellingham, per ultimo Tchouameni. Ma il Real ha sette vite, forse qualcuno di più. Nonostante tutto, ha tenuto botta nel periodo peggiore, ha ripreso a correre al momento opportuno, staccato tutti allungando sui pedali delgran premio della montagna. Ha vinto anzi, stravinto, laLiga, ed ora la Champions. Che è sempre più casa Madrid.
Orgoglio del popolo madridista, di chi ama il calcio e ne fa una ragione di vita. Vincere e giocare bene, anche quando, come contro il Dortmund, sembrava la classica serata storta, dove tutto stava andando per il verso sbagliato. Non è stato il vero Madrid: la squadra di Ancelotti ha barcollato, ma non si è mai piegata. E come un felino affamato, ha attaccato, aggredito e divorato la preda tedesca.
Le tante rimonte al tramonto dei match, cose che se si ripetono nel tempo, hannop un significato profondo, di una squadra che non finisce mai, che non conosce la parola arrendersi, che continua ad avere fame. Come quella di Carvajal che in assenza dei tiratori scelti, ha indirizzato la gara, come quella di Toni Kroos che ha salutato Madrid con un’altra gemma di partita, come quella di Luka Modric, perché alla sua età non si sa bene se apprezzare di più il campione e l’uomo.
Come quella di Carletto Ancelotti che sornione continua a scrivere pagine indelebili di storia. La sua è un meraviglioso spot per il calcio. Cinque Champions, tre col Madrid, dalla storia della Decima a oggi. La vince sempre lui, sia che ti chiami Atletico, Liverpool o Dortmund. Per questo i tifosi della pena madridista, continuano con quell’inno che è un messaggio d’amore pure. Como no te voj a querer? Già, impossibile non amarti, Real.