Riscriviamo il futuro

Stefano Sale *

Daniele De Rossi sarà l’allenatore della Roma dei prossimi anni. La società ha fatto bene a fargli un triennale, un chiaro segnale a tutti per quello che sarà il prossimo futuro. A scanso di equivoci, Daniele se lo è meritato, a prescindere dai risultati. Ma quando le cose non vanno più bene ecco che ricomincia un certo tam-tam, retropensieri del tifoso ma anche di certi addetti ai lavori. Dopo l’uscita in coppa, la batosta di Bergamo, la farsa del quinto posto e la figuraccia di Empoli, adesso leggo di un allenatore stagista, col foglio rosa mandato allo sbaraglio, che ha praticamente vinto solo con le piccole, che ha perso tutti gli scontri diretti con chi sta davanti. Un allenatore non all’altezza della Roma. Ecco, questi sono gli stessi che tempo fa – al contrario – davano del bollito a Mourinho. Il pregiudizio è una brutta bestia. Non è bello andare per partito preso o andare dietro alle opere di manipolazione, quella che arriva dai mezzi di comunicazione e viene inghiottita e poi puntualmente risputata da noi tifosi così, senza pensarci troppo. Per la cronaca, De Rossi ha avuto il merito di aver preso una squadra in corsa, rispolverato un gioco più propositivo e di aver portato subito risultati. Allo stesso tempo è una squadra che si espone, rischia e concede di più. Al contrario di Mourinho che ha vinto ovunque alla sua maniera, che frustava i giocatori e pretendeva di meglio. Arriva De Rossi e sceglie la strada opposta, li chiama tutti forti e campioni. Avevo dei dubbi a riguardo, ed infatti l’entusiasmo iniziale motivazionale è adesso finito. La realtà era evidentemente un’ altra. 

Con la squadra meno forte nel girone di andata avevamo fatto praticamente gli stessi punti dell’Atalanta. De Rossi ha fatto ancora meglio come media-punti ma le altre Atalanta e Bologna sono andate piu forti. Il millantato “nono posto” a gennaio scritto a caratteri cubitali dai titoloni dei nemici erano solo 4 punti dal quarto posto prima dello scempio del derby di coppa la Roma aveva fatto un partitone contro i “campioni” dell’Atalanta, perso ingiustamente con un gol farlocco della Juve, e battuto alla grande il Napoli prima di Natale. La Roma era quarta, ma nei titoloni non compariva, conta solo la narrazione quando serve, squadra allo sbando e “nona”. A Mourinho non hanno fatto sconti. Anzi. Attaccato e punito da tutte le parti anche quando aveva ragione. Onesto sempre. Intoccabili per lo stesso Gasperini, Inzaghi, Sarri e co. Hanno accollato a Mourinho di tutto, adesso pure Svilar e Calafiori, dimenticando peroʻ che uno lo ha portato lui e lo faceva giocare sempre in coppa, prima o poi sarebbe diventato titolare comunque. Mentre l’altro era infortunato e a Genoa e Basilea non era di certo il fenomeno di oggi al Bologna. Senza dimenticare Dybala e Lukaku, Bove e tanti giovani. Ma soprattutto due finali in due anni. Josè Mourinho è stato cacciato ingiustamente, inspiegabilmente e soprattutto in maniera vergognosa da questa proprietà. Questa stessa proprietà che io sostengo ancora alla grande, in primis perchè non parlano, altro che sordo-muti, fanno benissimo. Poi per i miliardi che hanno messo finora, per gli sforzi notevoli nonostante il fair play finanziario, senza i soldi della Champions, e per come hanno innalzato tutte le altre componenti e le strutture della Società.  Insomma, nulla da eccepire, a parte diversi sbagli da qualche dirigents per il mercato in entrata. Detto questo, la comunicazione. I Friedkin non devono parlare, ma chi ha la delega di gestire la Società, loro si che devono difendere la Roma dai soprusi e dalle ingiustizie, dagli squali di arbitri, Lega, Figc e Uefa. Il problema è che non c’è ancora nessuno. Mourinho lo chiedeva a gran voce, faceva tutto lui, anche il dirigente, in campo ed in Tv. Paradossalmente è proprio l’uscita funesta di Josè nel parcheggio di Budapest che sancisce la fine. Con noi tifosi all’aeroporto. La Società muta davanti allo scempio di Taylor. Il rapporto finisce quella sera. Mourinho va avanti a battagliare ma rimane solo. Lui si adegua, porta avanti la cantera, si mette a disposizione per un progetto giovani visto che non ci sono soldi, e per l’assenza dei lungodegenti, ma poi con Pinto non c’è feeling, e per i Friedkin è scomodo, ed ecco il piano per mandarlo via con il voltafaccia dei senatori di non giocare di proposito il derby di coppa per affossarlo.  

Chiusa la pratica Mourinho. Arriva Daniele, inizialmente come parafulmine. Ed ecco che tornano i lungodegenti come per miracolo e pure i soldi per prendere Baldanzi & co. Arriva anche il primo comunicato contro le ingiustizie. Meglio tardi che mai. La squadra riparte forte, sembra trasformata, anche con la buona sorte e con un gran Svilar, arrivano i risultati in campionato e siamo li di nuovo in coppa, ad un passo dalla terza finale consecutiva. Qui a Dublino. Ma il sogno svanisce, poi il tracollo. Ma a Daniele dico grazie comunque. E da qui tocca ripartire. Per il bene primario. Evitare inutili contrapposizioni, le differenze su come eravamo prima e come siamo adesso, i punti in campionato, le ultime scoppole prese, l’ennesima stagione senza la Champions, l’anno dei cinque slot, le finali, le ingiustizie, la proprietà, i dirigenti, i giocatori, quello che poteva essere ed invece non è stato. La Roma è andata benissimo in Europa ma fallisce l’obiettivo quarto posto da troppi anni. Cambiano allenatori e dirigenti ma non cambia il risultato. Per seguire il decantato modello Atalanta o Leverkusen servono tanti anni di programmazione e di compra-vendita di giocatori, ma serve azzeccare quelli giusti. È qui l’inghippo. A Daniele bisogna comprare i giocatori. Mercato alla francese o senza Champions. È un discorso lungo ma che giustamente va analizzato, ma che allo stesso tempo non deve essere divisivo. Analizziamo gli errori in maniera oggettiva, ma allo stesso tempo teniamo alto il nostro Romanismo, specialmente oggi, nel nome di Agostino Di Bartolomei. Ad Maiora!