Massimo Ciccognani
Le finali non si giocano, si vincono, e basta. Ed è quello che è successo allo Stadio Olimpico nella finalissima di Coppa Italia. L’ha vinta la Juventus contro l’Atalanta, ma l’ha vinta soprattutto lui, Massimiliano Allegri da Livorno. In un mondo di maghi e stregoni, di chi ancora oggi pretendere di inventare il calcio, la vince la semplicità dell’uomo qualunque, che non lascia nulla al caso perché lui, il calcio, lo conosce, e bene. La sua storia è fatta di soli trionfi. Dal meraviglioso Cagliari al Milan che dopo lo scudetto, continuò per altri anni a portare in Champions nonostante in ogni sessione di mercato gli sfilavano da sotto il naso i calciatori migliori. Aziendalista come pochi altri, si adatta con il materiale che ha a disposizione. E arriva sempre. La sua storia bianconera è fatta di cinque scudetti, cinque Coppa Italia e due Supercoppe, oltre a due finali di Champions League. Il tutto nel primo periodo alla Juve. Tornato nel 2021, si imbatte in una crisi generazionale. La Juve cambia volto, si piazza quarto il primo anno, lo scorso anno finisce fuori dall’Europa travolto dal caos plusvalenze, ma sul campo la Champions l’aveva conquistata, eccome. E in questa stagione, la dirigenza gli chiede il ritorno in Champions e almeno la finale di Coppa Italia. Detto, fatto, con la Coppa Italia dove raggiunge la finale e la vince. Ma non sempre il tempo dell’estate dura abbastanza per fare ciò che si vuole. Max ha ancora un anno di contratto con la Vecchia Signora, ma non arriverà a scadenza. Per lui hanno deciso ai piani alti, indipendentemente dall’esito della finale. Con Giuntoli, non si è mai preso, e si è visto.
Allegri è livornese, carattere sanguigno e fumantino, e tante cose alla Continassa non gli sono andate giù. Ha vinto la Coppa Italia dominando l’Atalanta partendo da sfavorito, ma lui la Dea non l’ha fatta giocare, con quel pressing alto che ha tolto fiato e respiro agli uomini di Gasperini. L’ha vinta in maniera talmente netta nonostante gli sia mancato un chiaro rigore su Vlahovic e almeno un rosso ai giocatori atalantini.
Ma alla fine l’ha vinta, dopo una stagione sempre sulla graticola, osteggiato proprio da chi avrebbe dovuto difenderlo. Lo hanno invece accompagnato alla porta come un ospite indesiderato. Decisione presa da tempo. A Torino arriverà con ogni probabilità Thiago Motta, ma dimenticare quello che ha fatto Allegri è semplicemente da sciocchi. E’ sembrato rivivere l’aria di Calciopoli quando a Torino non vedevano l’ora di togliersi dalle scatole gli ingombranti Moggi, Giuraudo e Bettega. Ma la storia non si cancella, e nessuno può permettersi di dimenticare quello che è stato Allegri per la Juventus.
A livello caratteriale Allegri è quello che è, ma non mi sento di biasimarlo perché io al suo posto avrei fatto pure peggio. Succede nelle migliori famiglie, ed è successo ancora alla Juventus. Un cordone ombellicale da recidere, quando c’erano modi e modi per chiudere una storia. La Juve ha scelto la strada peggiore, non riconoscendo i meriti di un allenatore che ti ha tenuto in piedi nella tempesta. Tanti possono parlare di pallone, di calcio lo possono fare in pochi, e gli ultimi “mohicani” del calcio (Josè Mourinho e Massimiliano Allegri), sono stati spazzati via da uno tsunami che era nell’aria e si sapeva sarebbe stato devastante.
E’ vero, gli uomini passano, le società restano, ma Allegri meritava un’altra uscita, con gli onori di chi in questi anni ha sempre fatto il bene bianconero e che in ultimo ha portato in dote l’ennesimo trofeo. Quell’addio senza dirsi una parola, uno schiaffo in faccia alla fedeltà. Che forse conta nulla, soprattutto per alcune persone, non certo per Max. La storia parla per lui e nessuno potrà mai cancellarla. Puoi mettere alla porta un allenatore, ma con rispetto. Per quello che è stato, per quello che ha vinto. E almeno qualcuno poteva anche dirgli grazie.