Dalla polvere alla gloria

Salvatore Savino *

Come tutti speravamo, la notte di Fuorigrotta non si è palesata in bianco e nero, ma si è dolcemente colorata d’azzurro.  Non è stata una serata semplice, ma questo già l’avevamo messo in conto: i Sabaudi, nonostante le assenze annunciate e i rientri dell’ultimo minuto, sono giunti a Napoli fermamente convinti di fare il risultato, e, se non proprio di maramaldeggiare, quantomeno di riuscire a sottomettere I Partenopei. Il proposito non colorato non ha trovato il risultato sperato. Nonostante le difficoltà, nonostante il periodo nero, i cambi tecnici e le delusioni patite in questo campionato post scudetto, le zebre hanno trovato un ciuccio che nascondeva un leone, anzi, 11 leoni, come recita un famoso coro da stadio. Già, lo stadio. L’ arena di Fuorigrotta ha accolto la Juventus come sempre, come si può ricevere il peggior nemico (sportivo) giurato, quell’ avversario che ci ha stroncato sempre i sogni più belli, spesso lasciandoci mangiare bocconi amari, nonostante avessimo preparato cene da chef stellati. Un club con un pubblico a tratti persino commovente, tanto è stato l’amore che ha profuso: l’incitamento con cui ha sostenuto incessantemente i propri ragazzi, anche quando le sfuriate bianconere hanno fatto vacillare le certezze azzurre, è stato commovente. Il Maradona era troppo pieno d’amore per non vincere la partita. Per dirla con la grande Matilde Serao: “Questo ricco sangue napoletano si arroventa nell’odio, brucia nell’amore, e si consuma nel sogno”. Il Napoli ci ha creduto, ha sentito la spinta fortissima del suo popolo, che per l’occasione aveva preparato persino un nuovo coro, scritto da un grande tifoso azzurro prematuramente volato in cielo. Ma la vittoria degli azzurri non è stata solo sospinta dal cuore: i miglioramenti tattici e tecnici, dovuti al grande lavoro di mister Calzona, da Sinatti per la parte atletica, e da tutto lo staff, sono stati evidenti: uno per tutti, lo schema su calcio di rigore, che ha permesso di sfruttare al meglio il penalty inizialmente fallito da Osimhen. Viene premiato il cambio della gestione tecnica, il terzo di stagione, dopo i passaggi di Garcia prima e Mazzarri poi, rivelatisi inadatti al compito. Non sono stati certo mesi facili per la società e per il presidente, costretto, forse per la prima volta, a dover mettere in discussione le proprie scelte, ammettere qualche errore, dubitare di se’ stesso, ma le parole del Manzoni ci risollevano: “E’ men male l’agitarsi bel dubbio, che riposar nell’errore”.

Infatti, dopo tanto penare, la scelta di Calzona sembra essere stata giusta: un professionista serio, dal grande bagaglio tecnico e tattico, con tanta esperienza maturata sul campo, il mister è proprio quel che si dice un uomo di campo, uno che conosce a menadito la gestione di una squadra, come si prepara un gruppo a dare il meglio di sé, come ci si deve allenare per ottenere risultati prestigiosi. Lo ricordo perfettamente, anni fa, quando era il “secondo” di Sarri, addestrare la linea difensiva in maniera meticolosa, attento al particolare, fin quasi alla noia. C’è un dato che mi ha colpito subito dall’avvento di Calzona, ed è il ritrovato sorriso di tutti i calciatori, dai titolarissimi a quelli meno impiegati, dai sostituiti a quelli più in secondo piano. È  stato molto bravo il mister,  c’è poco da dire. Tanti calciatori già lo conoscevano, altrettanti hanno imparato a conoscerlo adesso, ma tutti ne stanno traendo beneficio. Io credo che Mister Calzona abbia Infatti compreso che il problema non era, o perlomeno non del tutto, di natura tattica, ma soprattutto mentale, di motivazioni forse diminuite, di mancata gestione della vittoria, di paure subentrate non appena, alle prime avversità, sono crollate le certezze che Spalletti aveva forgiato in tutti loro. Occorreva, almeno inizialmente, più che affrontare temi tattici, agire sulla psiche, sulle convinzioni, sullo spirito di gruppo. Voglio immaginare Calzona che si ispira al pensiero di San Tommaso d’Aquino: “Per convertire qualcuno, vai e prendi loro per mano e guidali. L’ amore ci raccoglie dove la conoscenza ci lascia”. 

Ora si preannuncia un nuovo incontro con la città savoiarda, questa volta sponda granata, quei ragazzi di Juric sempre ostici e difficili da affrontare, ma anche stavolta non ci sono risultati diversi dalla vittoria. L’ eliminazione della Lazio, a vantaggio del Bayern, ha leggermente diminuito il coefficiente per ottenere il quinto posto Champions per la prossima stagione, ma il Napoli, non dimentichiamolo, ha ancora due chance importanti da sfruttare:  il campionato, dove deve provare a raggiungere i posti utili, e il ritorno degli ottavi con il Barcellona, che aprirebbe nuovi scenari, sia per il presente, che per il futuro mondiale per Club del 2025 negli USA. Contro il Toro, Calzona potrà  contare su quasi tutta la rosa,  tranne Amir Rrahmani, che smaltirà il leggero problemino fisico, ma che sarà pronto per il Barça, cosi’ come ci auguriamo possa fare anche Cajuste, fondamentale innesto del centrocampo da qui a fine stagione. Battiamo il Torino, proseguiamo nel filotto vincente, diamo convinzione noi stessi e mettiamo ansia nelle squadre che lottano per gli stessi obiettivi, e poi, come per tutte le grandi battaglie, ci si preparerà al viaggio in Catalogna. Dal granata al blaugrana, questi i colori che ci porteranno alla gloria e poi… sarà tutto azzurro.  Forza Napoli Sempre

*Scrittore, tifoso Napoli