Massimo Ciccognani
Lo hanno definito il predestinato, termine coniato da molte testate, in merito all’arrivo di Daniele De Rossi sulla panchina della Roma. Ma Daniele, vola basso, sa da dove è partito, sa delle difficoltà incontrate e smonta qualsiasi enfasi attorno al suo nome. “Ho letto questi articoli anche due anni fa – ha detto De Rossi in un passaggio della conferenza stampa della vigilia-. Poi dopo la Spal in pochi continuavano a dirlo e ho trovato molte porte chiuse, giustamente. Un po’ per caso, mi sono trovato nel posto dove vorrei fare l’allenatore per tutta la vita. Il fatto che io sia qui può essere una casualità ma anche un segnale importante. Sicuramente conosco meglio questo ambiente piuttosto di dove sono stato lo scorso anno. Non so quanto durerà questa avventura, ma mi sta piacendo molto”.
Semplice e pragmatico, vola basso sapendo che nel calcio si fa tanta fatica a salire, ma basta un attimo per cadere. Lui va avanti con la forza delle sue idee, del suo modo di fare calcio. Daniele De Rossi non è arrivato casualmente sulla panchina della sua Roma: è uno che ama studiare il calcio in tutte le sue sfaccettature, se vogliamo, e lo si è visto dal momento in cui ha preso in mano la Roma, èun perfezionista che non lascia nulla al caso, che studia i dettagli per far pendere l’ago della bilancia dalla sua parte. Esattamente come faceva in campo. E in tutto questo aggiungiamo che sa rimanere umile in ogni circostanza. E’ partito dal basso, ha preso qualche calcio in faccia soprattutto per non essere stato protetto, parliamo della Spal, quando ne aveva bisogno. E’partito da zero, dal basso e adesso si ritrova a guidare la squadra dei sogni, a guidare quella maglia che ha indossato con onore per tutta la sua vita calcistica. Maniacale, ma anche pratico. Di sicuro crede nel suo calcio e credo sarà impossibile vederlo cedere alla tentazione di un atteggiamento tattico nel quale non si riconosce. Vuole sempre avere in mano il boccino del gioco, esattamente come faceva da calciatore e non lo snatuterà per nessuna ragione al mondo, perché giocare a calcio è la sua fonte di ispirazione. Lo ha dimostrato anche contro il Cagliari, che ha un passo diverso dall’Inter di domani, sia chiaro, ma ha sempre cercato le giocate, lo studio approfondito sulle palle inattive, il dare maggiore importanza alle giocate dei singoli. Come Dybala, al quale ha chiesto di fare, perché ne ha le caratteristiche, quello che faceva Francesco Totti ai suoi tempi. Ovvero giocare e spaziare nel suo spazio, senza chiedergli atteggiamenti che magari ne possono interpidire la giocata e la possibilità di espressione. Per De Rossi quello di domani contro l’Inter, è il primo vero test, l’esame di maturità, che magari arriva troppo presto perché di tempo per plasmare la sua creatura, ne ha avuto poco. Ma di sicuro, quel poco già si è visto. Predestinato? Chissà, di certo Daniele De Rossi studiava da allenatore da molto tempo prima. Magari sperando di fargli un altro gol, come nel 2010 (foto Gino Mancini). Stavolta da allenatore.