Con Gigi Riva gli arabi hanno calpestato la nostra storia

Massimo Ciccognani

L’intero mondo del calcio piange la morte, a settantanove anni, di Gigi Riva, un campione senza tempo, una leggenda del nostro calcio, campione d’Europa nel 1968 e vice campione del mondo nel 70, anno in cui portò il Cagliari alla conquista di uno storico scudetto. Lo piange il mondo, ma non tutto, perché in Arabia, i tifosi di casa, hanno fischiato sonoramente il minuto di silenzio all’inizio del secondo tempo, quando lo schermo dello stadio di Riyadh ha passato le immagini del campione scomparso, con lo speaker che aveva spiegato ai tanti tifosi arabi la figura di Gigi Riva. In campo i calciatori e i tifosi italiani, si sono raccolti in un simbolo abbraccio e tanti applausi, che però non sono riusciti a coprire i fischi della maggioranza dei tifosi arabi. Una storia che si ripete. Da fonte arabe si apprende che nella loro cultura non è contemplato il ricordo dei morti. Era già accaduto qualche settimana fa nel ricordo di un’altra leggenda del calcio mondiale, come Gigi Riva, ovvero il tedesco Franz  Beckenbauer. Anche durante la Supercoppa spagnola, solo fischi. Ecco perché parliamo di mancanza di rispetto. Andare a giocare in Arabia, portare il nostro calcio, quello europeo, in un Paese dove il calcio sta nascendo, e vorrebbe rappresentare il calcio del prossimo futuro, questo episodio rappresenta una pagina bruttissima. Hai  voglia a portare in Arabia grandi campioni, se poi noi europei non veniamo rispettati, ma calpestati nei nostri sentimenti. Riyadh ha ospitato sia la Supercoppa Spagnola che quella Italiana, ma il calcio che hanno ricevuto è stato impietoso. I fischi sono stati irrispettosi della nostra storia e della nostra cultura calcistica. Un altro mondo, lontanissimo dal nostro. Quei fischi fanno male alla famiglia, fanno male a chi è cresciuto nelle gesta di una leggenda italiana, come Beckembauer lo era per il calcio tedesco. Entrambi hanno segnato un’epoca, fatto innamorare milioni e milioni di tifosi. Meno gli Arabi, che avranno pure le loro tradizioni, ma che non si sarebbero dovuti permettere un atteggiamento del genere. Non è populismo, ma non possono pensare che con i soldi possono comprare tutto. Possono portare in Arabia i migliori calciatori, ma non possono compare la nostra coscienza, il nostro senso di attaccamento alla nostra storia. Che hanno calpestato, sapendo di offendere la memoria di due grandi campioni, ma anche la storia di due Paesi che stanno piangendo, la morte di due leggende. Questo, non possiamo tollerarlo. E forse, sarebbe il caso di rinunciare a qualche milione in più e non perdere la faccia davanti a chi ha dimostrato di non saperci rispettare. Il calcio, poi, è aggragazione, e la motivazione che in Arabia non vengono ricordati i morti, ci lascia indifferenti. Ognuno ha le sue tradizione, ma a Riyadh c’era in campo il calcio italiano. Che non meritava un simile affronto. All’Olimpico di Roma Gigi sarebbe stato ricordato come si doveva ad una leggenda come lo è stato Rombo di Tuono. Per questo, pensiero personalissimo, meglio non tornare più da queste parti. La nostra storia non è in vendita.

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