Salvatore Savino *
Ormai parlare del Napoli per un tifoso è diventato un esercizio da masochisti: puntualmente, mentre per giorni si coltiva il sogno del riscatto, della rinascita, di botto ci si deve svegliare dal sonno e rendersi conto che la nottata è ancora buia. La partita con il Torino poteva essere un’occasione di rilancio, un modo per recuperare il disastro che questa squadra è riuscita a concretizzare in pochissimo tempo. Sembrano trascorsi anni dal trionfo tricolore, e invece si tratta di pochi mesi. La compagine azzurra esce dallo scontro con i granata di Juric ancora peggio di come a questa gara si era presentata: altri tre gol sul groppone, ancora una volta zero reti all’ attivo, gioco lento e prevedibile, errori marchiani da parte dei singoli e, dulcis in fundo, l’esordio dell’unico per ora acquisto di gennaio, Mazzocchi, durato cinque minuti per un cartellino rosso dopo un’entrata bruttissima in scivolata. Ci sarebbe da piangere, se questa sconfitta fosse il momento più negativo, l’aspetto più triste della vicenda Napoli di questa stagione, ma purtroppo non è così. Troppe le cose che non vanno, troppi problemi intorno e dentro la squadra, e, soprattutto, troppi i dubbi sui rimedi che si sta (ma si sta davvero cercando?) di trovare. Questa situazione sportivamente drammatica che sta vivendo la squadra campione d’Italia in carica, ha origini remote, ha radici che si sono sviluppate già nella seconda parte della stagione scorsa, quando l’euforia della Vittoria le teneva probabilmente celate. L’ addio di Spalletti ha dato la prima botta all’impalcatura che sorreggeva il Napoli, ma la botta finale l’assestò il presidente, dichiarando che chiunque avrebbe potuto allenare questa squadra: i fatti hanno purtroppo dimostrato il contrario. Non voglio ritornare al successivo errore, quello di scegliere Garcia, un tecnico lontano da anni dal calcio che conta, con una serie di scelte ancora oggi incomprensibili, e nemmeno sul suo esonero e la conseguente decisione di sostituirlo con Mazzarri, anche egli fermo ai box da tempo.
Voglio parlare dell’oggi, dell’attualità, di quello che andrebbe fatto per uscire da questa palude, da queste sabbie mobili che sembra sempre più vogliano inghiottire gli azzurri. La presenza del tecnico nello spogliatoio appare impalpabile, non si avverte né dal punto di vista tattico né da quello agonistico. Tranne l’intervento di Mazzocchi, mi sembra che il vigore e l’impeto i nostri lo abbiano lasciato negli armadietti dello spogliatoio dell’anno scorso. Anche nella gestione del tecnico di San Vincenzo si rivedono scelte che quantomeno lasciano perplessi: dopo i pochi minuti col Monza, anche a Torino Simeone va in panchina, e lo si fa entrare quando la situazione è già precipitata. Inoltre, se si voleva dare un cambio ma senza snaturare nessuno, che significato ha avuto l’ingresso di Mazzocchi senza passare alla linea di 5 sulla mediana? E ancora, uno Zielinski palesemente fuori condizione, probabilmente col pensiero già distante da Partenope, perché deve essere schierato in campo? A mio modo di vedere, manca una guida, manca una linea di condotta univoca: non è chiaro nemmeno ai calciatori il Napoli cosa vuol fare, come vuole ritrovare il bandolo della matassa. La società cede Elmas prima ancora che inizi il calcio mercato di gennaio e, pur sapendo che non avrà nemmeno Anguissa per un paio di mesi, che Zielinski forse si è già promesso ad altri, e che Demme non sembra più considerato, cosa fa? Mentre vi scrivo, è l’11 di gennaio, tranne il succitato Mazzocchi, non ha fatto nulla. La solita solfa delle trattative fiume, dei nomi che rimbalzano, ma di concreto, come sempre, nulla. Ora comprendo che è difficile fare mercato quando ci sono tutte le circostanze contrarie: si sa che necessiti di calciatori ma si sa anche che hai ottima disponibilità di cassa, non sappiamo chi sarà il tecnico della prossima stagione e conseguentemente difficile fare investimenti importanti che potrebbero non essere adatti al nuovo allenatore eccetera, tutto vero e tutto giusto, ma ormai siamo proprio alla carenza numerica. Tra poco, come nelle assemblee di condominio, non si raggiungeranno i millesimi per giocare dignitosamente. Vorrei rammentare a tutti, dal Presidente all’allenatore, ai calciatori, che siamo il Napoli: non siamo un frutto da spremere fino all’ultimo, non siamo un popolo di tifosi che merita di essere deriso da mezza Italia, e non siamo nemmeno una rampa di lancio per contratti milionari in giro per il mondo. Noi, dico noi, siamo il Napoli, siamo amore, passione, sofferenza, vicinanza. Siamo quelli del panino di mamma’ per stare ore ed ore sugli spalti anche al gelo, siamo quelli che rinunciamo a volte agli affetti familiari per essere con la nostra squadra, noi siamo orgoglio ed appartenenza, e non vogliamo essere trattati così, perché non lo meritiamo. Che si faccia chiarezza in società sul come muoversi, e nello spogliatoio sul come affrontare le partite; basta con gli alibi e le scuse talvolta risibili: gli obiettivi sono e devono restare chiari a tutti:
La qualificazione in Champions League dista solo cinque punti, non 20, come forse si vuol far pensare, ed il Napoli ha, persino in queste condizioni precarie, tutte le carte in regola per raggiungerla. L’ ottavo di finale con il glorioso ma non più così solido Barcellona, è un impegno da affrontare con forza, fiducia ed entusiasmo, e il passaggio di turno, per quanto difficilissimo, non è così impossibile. La Supercoppa, tra pochi giorni, può servire a ridare onore e dignità allo scudetto che portiamo ancora addosso, cucito sul petto, e a ridare gioia ad un pubblico che lo meriterebbe. Il resto sono chiacchiere, e ai tifosi non interessano più. Presidente, Mister, calciatori tutti, ognuno per il suo ruolo, risolvete i problemi, e ridateci il nostro Napoli, per favore. Forza Napoli Sempre
*Scrittore, tifoso Napoli