Salvatore Savino *
Come era purtroppo ormai facilmente ipotizzabile, è arrivato l’esonero di Rudi Garcia da parte della società sportiva calcio Napoli. Non ci voleva la zingara, diremmo con una frase iconica dell’eloquio partenopeo. Troppi i “misfatti” tecnici compiuti dal francese durante la sua breve esperienza in terra di Partenope: formazioni messe in campo senza una base di ragionevolezza, sostituzioni pavide, spesso incomprensibili anche alla più benevola analisi tecnico tattica, ma, prima di tutto, il peccato originale di esser riuscito, in pochissimo tempo, a frantumare un sogno, quello dei tifosi azzurri che, ancora ebrei di gioia ed orgogliosi del Tricolore, si sono visti sbattere in faccia una realtà di sconfitte, di non gioco, di anonimato calcistico. Napoli è troppo diversa dal resto del mondo, è unica in ogni suo aspetto, la devi amare senza limiti, ma soprattutto senza riserve, devi entrare nei suoi vicoli, devi abituarti ai suoi profumi, impregnarti delle sue tradizioni, abbracciare la sua gente, esserne figlio. Non puoi sederti su un trono di presunzione e di arroganza. Conclusa la breve e tormentata parentesi francese, durata comunque troppo a mio modo di vedere, ADL aveva davanti a sé un baratro nel quale sarebbe potuto facilmente precipitare: prima di tutto, doveva ammettere, soprattutto con se stesso, che spesso risulta l’esercizio più difficile, di aver sbagliato la scelta del tecnico che avrebbe dovuto sostituire Spalletti nella stagione del dopo scudetto. Il passaggio successivo era dover rimediare a questo errore. Scegliere il nuovo allenatore non era assolutamente un compito leggero: la piazza in fermento per il repentino salto dall’olimpo alla polvere, i calciatori in difficoltà, perché al di là dei demeriti della gestione tecnica, sono loro che vanno in campo e a nessuno fa piacere collezionare magre figure, una parte dei mezzi di comunicazione che non attendeva altro, da mesi ormai, che avere la possibilità di gettare un po’ di fango e seminare zizzania nel Napoli e nella città. Con questo quadro, erano sicuramente poche le opportunità che si presentavano: pochi i tecnici di valore liberi sul mercato, e con questi gli ulteriori problemi di chi non accettava un incarico a tempo limitato, di chi voleva un ingaggio faraonico, di chi aveva idee tattiche diverse dal modulo classico spallettiano ormai irrinunciabile. I petali della margherita sfogliati dal presidente si sono ad un certo punto ridotti a due. Il candidato più autorevole, quello che ad un certo punto sembrava già sulla panchina azzurra, era il croato Tudor. Il ritratto di un sergente di ferro, di un tecnico esigente ed intransigente, con alle spalle dei buoni risultati nelle piazze di Udine prima e soprattutto Verona poi. Ma era proprio il momento giusto della durezza e dell’intransigenza? Si sarà chiesto il presidente mentre colloquiava con Il possente ex difensore. E poi, scherzosamente: ma, da tifoso azzurro, in un momento di difficoltà e preoccupazione, posso affidare il Napoli nelle mani di un ex juventino, per quanto fior di professionista? Certo, lo sarebbe stato anche per Conte, ma il fascino dell’eventuale arrivo del salentino avrebbe forse oscurato i ricordi sabaudi. E se invece, a proposito di ricordi, il cuore non sia andato indietro nel tempo ai lampi del Pocho, alle genialate di capitan Marek, al boato di Fuorigrotta ai gol del Matador Cavani? Come scriveva Pino: “il ricordo di un amore viaggia nella testa… ci cambia e non ci lascia…” Ed ecco che spunta, quasi di soppiatto inizialmente poi irrompendo in scena come un mattatore, Walter Mazzarri.
Adl ha bisogno di lui per risollevare la squadra, lui ha bisogno di Adl per risollevare la sua storia di allenatore, e quando due hanno uno scopo comune e hanno, oltre agli interessi economici, un cuore che batte azzurro, l’accordo si trova facilmente. Il coro dei portatori sani di autodistruzione ha subito dato fondo a tutti i luoghi comuni di circostanza: e non ha mai allenato con la difesa a quattro, come se a Coverciano prima e per decenni di carriera da allenatore poi, Mazzarri non avesse imparato nulla, come se un uomo di siffatta esperienza non fosse in grado di evolversi nella propria professione. E poi: ma forse è solo un grande motivatore. Se anche fosse così, non mi apparirebbe come un dato negativo, visto che l’abbattimento morale della rosa Azzurra forse proprio di questo avverte il bisogno, oltre che sicuramente di una buona dose di allenamenti sul campo. Il tentativo però a mio modo di vedere più… triste di voler criticare la scelta, è definire Mazzarri ed il suo ritorno come una minestra riscaldata. Torniamo a Napoli e alla napoletanità. Vedete, da noi, la pasta e fagioli del pranzo o del giorno prima non è stantia, è ” riposata”. Cogliete la poesia, la delicatezza con cui si definisce da noi una pietanza avanzata? E ancora: quando la pasta è al sugo, le nostre mamme, le nostre nonne, con qualche uovo e un po’ di formaggio, le ridonano una vita nuova, preparando una sontusa frittata di maccheroni. No, signori miei, noi qua a Napoli non usiamo le ministre riscaldate, noi ridiamo vita e dignità anche ad un piatto avanzato del giorno prima. Qualcuno obietterà che, dopo l’ultima avventura napoletana, I rapporti tra Presidente ed allenatore non erano proprio idilliaci, e forse per un periodo sarà anche stato così, ma noi siamo il popolo che perdona, che riapre le braccia, che ama. Per dirla col Premio Nobel per la letteratura Gabriel Garcia Marquez: “La memoria del cuore elimina i cattivi ricordi e magnifica quelli buoni, e, grazie a questo artificio, siamo in grado di superare il passato.” Saremo vicini a lei, Mister, saremo con lei nelle sue sedute di allenamento, saremo con lei quando parlerà, occhi negli occhi, con i suoi, i nostri campioni, saremo con lei quando, nei nervosi minuti finali delle partite, guarderà l’orologio come tanti anni fa. Saremo con lei nei suoi fischi per richiamare la linea, nel suo metterci il cuore, come ha sempre dimostrato, e con questo cuore, siamo certi di non rimanere delusi. Lei sa di avere una rosa di livello qualitativo altissimo, in grado di competere per la vittoria, in Italia come in Europa. Ci creda mister, e con lei ci crederemo anche noi. Non abbia timori di sorta, Napoli sa vincere, lo ha dimostrato. Non ponga limiti ai traguardi da raggiungere. Un altro Nobel per la letteratura, José Saramago, un giorno disse: ” Arriva sempre un momento in cui non c’è altro da fare che rischiare”. Forza Napoli sempre
*Scrittore, tifoso Napoli