Malinconia d’autunno

Salvatore Savino *

L’autunno è da sempre la stagione struggente, quella delle malinconie, degli addii, quella che ci fa abbandonare i bei ricordi dell’estate, il sole, le notti di luna, e ci riporta verso il freddo dell’inverno. É  stagione di pioggia, di triste foschia che copre, come un grigio pieno di malinconia, il sorriso della natura. Il Napoli di Garcia si sta mirabilmente adattando a questo tempo: una squadra triste, disorientata, che si perde lungo il sentiero, travolta dalle nebbie, affondando i passi lenti nel tappeto umido delle foglie morte gonfie di pioggia, sparse a terra. La partita con l’union Berlino è la più nitida immagine del tramonto di un sogno: una squadra abituata a dominare, a dare pressione all’avversario fino ad annichilirlo, annaspava contro una squadra tedesca reduce da una serie innumerevole di sconfitte, venuta a Napoli con la segreta speranza di non essere travolta e che invece, resasi conto delle condizioni pietose degli azzurri, ha meritatamente pareggiato.  Un Napoli slegato, sfilacciato, senza idee e senza costrutto, questo è il Napoli di Garcia oggi. Una squadra che fino a pochi mesi fa sapeva di avere un gioco, una idea, che era poi anche il rifugio nei momenti difficili: i calciatori, tutti, sapevano esattamente cosa fare, quali movimenti e quali incroci, sovrapposizioni o coperture, inserimenti o marcature preventive. Ieri il simbolo del non gioco azzurro si è avuto quando Rrahmani, sulla linea di centrocampo, pallone tra i piedi, non sapendo cosa fare, si è girato su se’ stesso, in attesa che, raggiunto da un avversario, si fosse finalmente potuto togliere dall’imbarazzo, passando lateralmente ad un compagno. Le avvisaglie di una stagione difficile però, c’erano già state sin dall’inizio, sin dai giorni del ritiro, quando non si vedeva la stessa ferocia agonistica, la stessa carica emotiva che aveva riempito occhi e cuore dei tifosi. Per dirla con il poeta Vincenzo Cardarelli: “Autunno. Già la sentìmmo venire nel vento d’agosto, nelle piogge di settembre torrenziali e piangenti, e un brivido percorse la terra che ora, nuda e triste, accoglie un sole smarrito…”. Che sia con il casting o con altri metodi, ADL aveva scelto Garcia per guidare il Napoli campione d’Italia e finora, duole dirlo, la scelta si è rivelata sbagliata. Il dato del gioco e dei risultati è visibile a tutti: in casa, il Napoli, dopo la vittoria sull’Udinese del 27 settembre, riporta sconfitte con Fiorentina e Real Madrid e pareggi con Milan e Union Berlino, senza considerare la precedente sconfitta interna con la Lazio. Guardare questa squadra giocare in questo modo, riporta alla mente lo struggente testo di Verlaine: “… quando l’ora batte io mi rammento remoto i giorni e piango…”, o all’autunno di Francesco Guccini “…rinchiudersi in casa a guardare un libro, una foto, un giornale, e ignorando quel rodere sordo che cambia io faccio e lo fa diventare Io ricordo…”. La settimana scorsa chiedevo lumi al tecnico francese su alcune scelte che mi apparivano poco chiare, a metà tra le indecisione e insicurezza, e quest’ultima gara di Champions non ha fatto altro che acuire i miei dubbi: ma se il suo modo di giocare il 4-3-3 senza Osimhen non ha lo stesso impatto sulle partite, è obbligatorio giocare così? Prendiamo un gol in contropiede da un calcio d’angolo a nostro favore (a tal proposito, studiare qualche schema sui corner visto che ieri ne abbiamo battuti inutilmente 18 !!! potrebbe essere utile?) con un solo uomo, peraltro non particolarmente veloce come Lobotka, mi è sembrato azzardato, fino a sfiorare la follia calcistica. Non mi soffermo sulla discussione sulle parate o le respinte del portiere, ormai questione annosa e ripetitiva. Buone o meno che siano oggi sono tra i problemi minori, mi piacerebbe di più che alcuni misteri mi venissero svelati: è vero che le cinque sostituzioni sono un’opportunità e non un obbligo, ma come mai una squadra che in casa sta arrancando con un avversario non particolarmente ostico e che ha pareggiato dopo pochi minuti dall’inizio della ripresa, effettua solo quattro cambi?  Il senso di inserire Lindstrom al minuto 87 per un ottimo Politano che credo si fosse stancato ma credo un po’ prima, e ancora di più Cajuste al novantunesimo? Dicevo, il senso qual è? Non conosco la realtà dello spogliatoio, le condizioni fisiche della rosa, questo può saperlo solo lo staff tecnico, ma se un calciatore viene convocato e va in panchina dovrebbe poter essere utilizzato in partita e di conseguenza, se non entra o entra così tardi è solo per scelta tecnica o per decisione dell’allenatore. Il problema non è quello contingente del girone di Champions, quello, a meno che non si facciano errori oltre l’immaginabile, dovrebbe chiudersi con il passaggio agli ottavi. La preoccupazione del tifoso è più profonda, e riguarda la struttura della squadra ed il futuro. Dopo l’ennesima sospensione per le nazionali, il Napoli andrà incontro ad una serie di partite dall’elevato coefficiente di difficoltà:  l’Atalanta, l’Inter, il Real, la Juve, la Roma, il Braga, in ordine sparso, e la sensazione che oggi il Napoli offre ai  suoi tifosi è tutt’altro che tranquillizzante. Vero, potrebbe rientrare Osimhen, fondamentale per le potenzialità offensive, ma dovrà prima ritrovare una condizione ottimale per poter dare il meglio di sé, dovremo poi vedere le condizioni dei calciatori che andranno per il mondo con le loro nazionali, sempre sperando che almeno per eventuali infortuni, la dea bendata si ricordi della squadra partenopea. Quello che deve però accadere, e non dipende da fattori esterni, è che la squadra ritrovi un gioco, una espressione tecnica e tattica, ma anche emotiva e comportamentale, tali da consentirle di esprimere i grandi valori individuali che la compongono. Non si può sempre e solo sperare nelle iniziative dei singoli di qualità, in un dribbling  di Kvara o Politano, più che in un funambolismo di Zielo. Vorremmo vedere idee, ammirare una squadra che sappia imporsi, che sappia essere padrone del campo. Questo, attenzione, non significa in alcun modo essere nostalgico della squadra di Spalletti, cosa che chi scrive di certo non è, ma solo, da tifoso del Napoli ed appassionato di calcio, ambire a vedere una squadra che ci renda orgogliosi. Concludo con la solita speranza: mi auguro che d’improvviso, come nei colpi di scena in una trama apparentemente monotona, la guida tecnica della squadra azzurra possa ritrovare quelle capacità, quel coinvolgimento emotivo, quella voglia di vincere, che consenta alla squadra stessa di tornare a volare, che ci metta in condizioni di recuperare i punti dall’Inter capolista, che quest’anno sembra non voler mollare. Se questo non dovesse accadere, nel prossimo difficilissimo ciclo di partite che dicevo prima, potrebbe essere tardi per trovare rimedi, per cambiare il corso di una stagione, ed è questo il vero timore del tifoso del Napoli. Noi saremo vicini alla squadra, cercheremo di farle sentire il nostro amore, il nostro supporto, ma abbiamo il diritto di pretendere le giuste risposte ai dubbi che ci assalgono. Vogliamo rivedere un grande Napoli. Non vogliamo solo e per forza vincere, siamo maturi e coscienti, ma di certo vogliamo tornare ad essere felici ed orgogliosi della nostra maglia. Se ciò non dovesse avvenire, se ancora fossimo costretti a vedere esibizioni indegne di una squadra campione, bando ai dubbi, ai calcoli contabili, ai bilanci. Si prendano immediatamente provvedimenti atti a cambiare il corso di una stagione. Auguriamoci che non ce ne sarà bisogno…Forza Napoli sempre.

*Scrittore, tifoso Napoli

error: Il contenuto è protetto !!
P