Una piccola sosta

Salvatore Savino *

I cantici nefasti, troppo a lungo tenuti in letargo da un Napoli vincente, dominante, a tratti straripante durante la scorsa stagione, già si diffondono nell’area della città, il clima ancora più che estivo, il sole che illumina il panorama incantevole, le spiagge che invitano al riposo e ad un buon bagno tonificante, non riescono a distrarre dal loro compito i professionisti della critica, i ricercatori delle problematiche nascoste, i fondamentalisti dell’anti società sportiva calcio Napoli. Comprendo che dopo la disfatta dovuta allo scudetto vinto, non era facile serrare i ranghi, ridare forza alle invettive, alla critica esasperata e talvolta preconcetta, ma ci stanno riuscendo, e per questo meritano un plauso. L’esperienza degli anni passati, soprattutto della scorsa stagione, avrebbe dovuto quantomeno far smorzare i toni delle polemiche, far mantenere un profilo basso nell’affrontare l’argomento, ed invece, dopo sole tre gare di campionato, senza ancora aver ricominciato il cammino in Champions (sì, perché anche se qualcuno non se ne è accorto, anche quest’anno, come sempre nella gestione De Laurentiis, il Napoli compete nelle coppe europee), a leggere alcuni commenti, sembra che siamo a zero punti, con una rosa di calciatori da torneo amatoriale, in attesa di una disfatta epocale.

Nemmeno la vittoria del campionato ha tranquillizzato gli animi dei criticatori seriali: li immagino, nascosti tra le pieghe dei quotidiani e i monitor accesi sui vari siti calcistici, attendere famelici, avidi, il momento di poter di nuovo tirare fuori gli artigli e colpire. Basta dare una fugace occhiata ai social per rendersi conto di come costoro non vedevano l’ora di rifarsi sentire, di gettare un po’ di ombre, se non di veleni, sul Napoli, ma soprattutto, come sempre, sulla gestione della società  Eppure, da definizione, il tifoso dovrebbe essere colui il quale vive una passione accesa ed entusiastica per una squadra, in modo viscerale, ovviamente di parte, difendendola dagli attacchi esterni, persino quando si è manifestamente nel torto sportivo  Proviamo a dirimere la matassa, e cerchiamo di capire se questo disfattismo, questi peana di disperazione, hanno una base di fondatezza. Analizziamo la situazione, almeno per sommi capi: dopo la trionfale conquista, dopo 33 anni, del Tricolore, il Napoli si trova a dover affrontare la nuova stagione da campione d’Italia. La scorsa settimana abbiamo già analizzato il mercato e le linee guida della società, ora dedichiamo la nostra attenzione al campo verde.

Dopo le prime due vittorie con Frosinone (da non sminuire visto che poi ha battuto l’Atalanta e colto un buon pari a Udine) e Sassuolo, arrivava al Maradona la Lazio di Sarri, reduce invece da due sconfitte e già quasi sulla graticola. Garcia schiera una formazione che mi sento di condividere, e la partita, nel primo tempo, sembra dar ragione al tecnico azzurro. Non possiamo certo Infatti addebitare a lui la scarsa precisione dei suoi calciatori, se Lobotka arriva quasi in porta e non tira, se Oliveira calcia in curva un pallone invitante, se Kvara eccede forse nel dribbling anziché calciare in porta in qualche occasione, se Provedel tira fuori il guanto magico tra i pali, ma il Napoli è dominante, in ogni zona del campo. Sarri, esattamente come lo scorso anno, (e Kim c’era), piazza il bunker davanti alla sua area,  lanciando in contropiede Felipe Anderson e Zaccagni sulle linee laterali, oltre al piede fatato di Luis Alberto per innescarli. In uno di questi contropiede, la Lazio trova il suo immeritatissimo vantaggio. Non mi soffermo sulle amenità scritte e dette su questo gol subito dalla difesa azzurra: è colpa di questo, no, di quell’altro, su, giù, cose da Sant’Uffizio, in alcuni casi scritte o dette, devo pensare, da chi probabilmente aveva appena visto la sua prima partita di calcio. In pochi minuti però, la squadra azzurra la riprende, con un gol di un motivato e valido Zielinski, a suo agio nel congeniale ruolo di mezzala. L’inizio del secondo tempo è la chiave di tutto, è la linea di demarcazione che fa dimenticare una buona partita e dà vita ad una delusione cocente. A mio modesto avviso, questo è anche il momento nel quale si concretizzano, forse, gli errori del tecnico. Fermo restando che, non essendo io dentro lo spogliatoio azzurro, non posso conoscere eventuali discorsi fisici, di tenuta, di gestione degli equilibri. Secondo il mio modo di vedere, i cambi dovevano essere diversi, e cioè: per uno spento, evanescente, Anguissa, che in pratica non ha mai visto Luis Alberto, avrei inserito Cajuste, almeno fisicamente in grado di tamponare e fare filtro, e per Kvara (difficilissimo doverlo sostituire mi rendo conto) avrei scelto Elmas, più centrocampista del pur volenteroso Raspadori. A tal proposito, ma è scritto da qualche parte che questo ragazzo deve entrare per forza, anche fuori ruolo, pur di farlo giocare? Trovasse il tecnico il modo e il ruolo più adatti, ma ricordandosi che la squadra viene prima dei singoli. Incassato lo svantaggio ed evitata la disfatta per pochi centimetri di fuorigioco nei gol annullati, il Napoli si è spostato scriteriatamente molto più in avanti, lasciando alle spalle della difesa, già orfana di filtro a centrocampo, spazi immensi e praterie da solcare. Come sia, la partita è stata persa. E adesso? Cosa vogliamo fare? Gettare tutto alle ortiche? Dare la colpa ad un mercato fiacco? Dire che il nuovo tecnico non ci ha capito nulla? Magari qualcuno sarebbe capace persino di parlare di esonero… È vero che il tifoso napoletano, purtroppo per noi, non è abituato a vincere, ma ancor di più non è abituato a gestire le vittorie, a contenere gli entusiasmi così  come a ridimensionare le scivolate. Ed ecco che puntualmente si dà fiato ai distruttori, ai teorici del va tutto male, ai profeti dell’io lo aveva detto. Qualche piccolo appunto per una riflessione serena:

• anche l’anno scorso, con Spalletti in panchina e Kim in campo, si perse in casa con la Lazio, anzi, ad essere più precisi, si tirò pochissimo in porta, a differenza di quanto accaduto in questa stagione.

• al primo anno di Spalletti, rammento a tutti le critiche, i vaticini (non ha mai vinto, è l’eterno secondo, sino al celeberrimo striscione che lo invitava ad andarsene)

• l’anno del Napoli Campione d’Italia, cominciò con delle critiche inenarrabili al mercato della società azzurra, rea di aver ceduto o essersi liberata dei grandi nomi, per dar posto a perfetti sconosciuti (vi evito il ricordo di striscioni, commenti e post social su Kim, ora rimpianto come un’icona senza tempo, e su Kvara, sconosciuto alla quasi totalità dei tifosi.

• le linee guida della società sono ben note, ed era logico e naturale attendersi che si sarebbe ancora puntato su giovani di valore e prospetticamente campioni, dagli ingaggi in linea con i parametri imposti: ecco così i Cajuste, i Natan… Non rifate gli stessi errori del passato, fate tesoro dell’esperienza pregressa. Sento e leggo critiche enormi su questi ragazzi, di cui si sono visti pochi minuti di partita e di uno addirittura nulla!

Pensate davvero che lo scouting del Napoli, additato ad esempio di qualità fino a poche settimane fa, d’improvviso non sappia valutare i calciatori da prendere? Lasciamo lavorare il tecnico, che è uomo di campo, di esperienza, che ha vinto e ha dimostrato. Se ci sarà da criticare, facciamolo pure, ma con spirito costruttivo, e ricordando che siamo tifosi del Napoli e vogliamo il suo bene. A volte la rabbia, la delusione per una sconfitta, non lascia lucida la mente del tifoso nel ragionamento, ma dopo, a freddo, è facile capire che si vuol far passare il Napoli come una barca allo sbando, senza comandante in balia della burrasca, fa comodo soprattutto a chi, lo scorso anno, non sapeva a cosa appigliarsi, per spiegare ai propri tifosi come mai si trovassero a 15 20 30 punti dietro di noi.. Non cadete nella trappola, aiutatevi con i numeri: lo scorso anno, dopo quattro partite, il Napoli di Spalletti, che avrebbe poi stravinto il campionato, aveva otto punti: Vittoria con Verona e Monza, pari con Fiorentina e Lecce (abbastanza fortunoso tra l’altro). Oggi, se dopo la sosta per le nazionali il Napoli dovesse riuscire a battere il Genoa, di punti dopo quattro partite ne avrebbe nove, uno in più. Sappiate attendere, facciamo lavorare tecnico, giocatori, società, e critichiamo su cose concrete, senza lasciarsi manovrare o sobillare. Ora é  il tempo di dimostrare che siamo capaci,  oltre che di vincere, anche di saper restare in alto, e, chissà, di confermarci. Non è mai accaduto a Napoli e nel Sud. Il riscatto di una città può partire anche dal calcio, ed è proprio sul riscatto di una città che vorrei salutarvi. Non deve più accadere che un ragazzo debba essere ucciso, da nessuno e per nessun motivo. Che la lezione di vita e di amore di una madre in lacrime servano alla rinascita di un intero popolo. Giogiò, il tuo sacrificio non resterà vano, e dal cielo, come una stella, illumina quella Napoli che hai amato e che non ti ha saputo proteggere. Forza Napoli sempre.

*Scrittore, tifoso Napoli

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